Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30466 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30466 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/11/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Torino ha confermato la sentenza del Tribunale di Novara del 29 marzo 2021, con cui NOME era stato condannato alla pena di mesi due, giorni venti di reclusione in relazione al reato di cui all’art. 189, commi 1 e 6, C.d.S.
Il NOME ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello lamentando violazione di legge in ordine all’affermazione della responsabilità dell’imputato e alla mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen.
3. Il ricorso è inammissibile.
Con riferimento all’unico motivo di ricorso, la Corte territoriale ha fatto corretto uso dei principi espressi dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, il reato di fuga previsto dall’art. 189, comma 6, C.d.S. è reato omissivo di pericolo che impone all’agente di fermarsi in presenza di un incidente, da lui percepito, che sia riconducibile al suo comportamento e che sia concretamente idoneo a produrre eventi lesivi, non essendo necessario che si debba riscontrare l’esistenza di un effettivo danno alle persone, peraltro non accertabile immediatamente nella sua sussistenza e consistenza (Sez. 4, n. 3982 del 12/11/2002, dep. 2003, COGNOME, Rv. 223499; Sez. 4, n. 34335 del 03/06/2009, COGNOME, Rv. 245354; Sez. 6, n. 21414 del 16/02/2010, COGNOME, Rv. 247369). L’accertamento sull’esistenza del dolo, pertanto, va compiuto in relazione al momento in cui l’agente pone in essere la condotta e, quindi, alle circostanze dal medesimo concretamente rappresentate e percepite in quel momento, le quali devono essere univocamente indicative della sua consapevolezza di aver causato un incidente idoneo ad arrecare danno alle persone, rilevando solo in un successivo momento il definitivo accertamento delle effettive conseguenze del sinistro (Sez. 2, n. 42744 del 22/09/2021, COGNOME, Rv. 282294; Sez. 4, n. 5510 del 12/12/2012, dep. 2013, Meta, Rv. 254667; Sez. 4, n. 3982 del 12/11/2002, dep. 2003, COGNOME, Rv. 223500).Nella sentenza impugnata si è dato conto della circostanza che, dopo l’incidente, Riasat Rizwan, conducente dell’autovettura danneggiata, e NOME COGNOME, passeggero della stessa, avevano dichiarato che l’imputato si era immediatamente allontanato dal luogo del fatto, nonostante avesse fatto cenno di fermarsi più avanti, impedendo di identificare il modello e la targa del suo veicolo o i tratti di chi era a bordo. Alla luce dei danni riportati dal veicolo non è plausibile che l’imputato non si sia rappresentato la possibilità che si fossero verificate lesioni personali a danno dei soggetti coinvolti nel sinistro.
La difesa dell’imputato offre una diversa ricostruzione fattuale della vicenda, senza confrontarsi con l’articolata descrizione degli eventi riportata nella sentenza impugnata e senza fornire supporti documentali alla propria tesi alternativa, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso.
Infine, va osservato che, per la configurabilità della causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131 bis, cod. pen., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, comma primo, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590).
A tal fine, non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, ma è sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274647), dovendo comunque il giudice motivare sulle forme di estrinsecazione del comportamento incriminato, per valutarne la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e, conseguentemente, il bisogno di pena, non potendo far ricorso a mere clausole di stile (Sez. 6, n. 18180 del 20/12/2018, COGNOME, Rv. 275940).Poiché tale valutazione va compiuta sulla base dei criteri di cui all’art. 133, cod. pen., essa rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito e, di conseguenza, non può essere sindacata dalla Corte di legittimità, se non nei limiti della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione postavi a sostegno.
La decisione impugnata ha fatto corretta applicazione di quei princìpi e la relativa motivazione non presenta evidenti discrasie di ordine logico.La Corte distrettuale, infatti, ha reputato decisivi, ai fini della valutazione del grado di offensività della condotta, la pericolosità del comportamento tenuto alla guida dall’imputato, i danni provocati e il relativo elemento soggettivo. Si tratta di circostanze indiscutibilmente significative, rientranti tra i parametri espressamente considerati dall’art. 133 cod. pen. Peraltro, la motivazione sopra sinteticamente riportata risulta del tutto congrua ed adeguata anche a seguito delle modifiche all’istituto dell’art. 131 bis cod. pen. apportate dall’art. 1, comma 1, lett. c), n. 1 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150.
Per le ragioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non sussistendo ragioni di esonero – al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 10 luglio 2024.