Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 42901 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 42901 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a BAGNO A RIPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/01/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Firenze del 23 gennaio 2023, con cui COGNOME NOME era stato condanNOME alla pena di mesi otto di reclusione in relazione al reato di cui all’ 189, commi 6 e 7, C.d.S.
Il COGNOME ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello lamentando, con un primo motivo, violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’affermazione della responsabilità dell’imputato e alla mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen.; con un secondo motivo deduc vizio motivazionale in relazione alla mancata pronuncia di non doversi procedere per intervenuta prescrizione.
3. Il ricorso è inammissibile.
Con riferimento al primo motivo di ricorso, la Corte territoriale ha fatto corretto uso dei principi espressi dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, il reato fuga previsto dall’art. 189, comma 6, C.d.S. è reato omissivo di pericolo che impone all’agente di fermarsi in presenza di un incidente, da lui percepito, che riconducibile al suo comportamento e che sia concretamente idoneo a produrre eventi lesivi, non essendo necessario che si debba riscontrare l’esistenza di un effett danno alle persone, peraltro non accertabile immediatamente nella sua sussistenza e consistenza (Sez. 4, n. 3982 del 12/11/2002, dep. 2003, COGNOME, Rv. 223499; Sez 4, n. 34335 del 03/06/2009, COGNOME, Rv. 245354; Sez. 6, n. 21414 del 16/02/2010 COGNOME, Rv. 247369).
L’accertamento sull’esistenza del dolo, pertanto, va compiuto in relazione al momento in cui l’agente pone in essere la condotta e, quindi, alle circostanze da medesimo concretamente rappresentate e percepite in quel momento, le quali devono essere univocamente indicative della sua consapevolezza di aver causato un incidente idoneo ad arrecare danno alle persone, rilevando solo in un successivo momento il definitivo accertamento delle effettive conseguenze del sinistro (Sez. 2 n. 42744 del 22/09/2021, COGNOME, Rv. 282294; Sez. 4, n. 5510 del 12/12/2012, dep. 2013, Meta, Rv. 254667; Sez. 4, n. 3982 del 12/11/2002, dep. 2003, COGNOME, Rv. 223500).
Nella sentenza impugnata si è dato conto che dalle dichiarazioni della p.o. e de testimoni presenti al momento del sinistro emerge che l’imputato si era immediatamente allontaNOME dal luogo del fatto per poi ritornare indietro, constatare l’accaduto e allontanarsi di nuovo definitivamente.
Inoltre, va osservato che, per la configurabilità della causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131 bis, cod. pen., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, comma primo, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590).
A tal fine, non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, ma è sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274647), dovendo comunque il giudice motivare sulle forme di estrinsecazione del comportamento incrimiNOME, per valutarne la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e, conseguentemente, il bisogno di pena, non potendo far ricorso a mere clausole di stile (Sez. 6, n. 18180 del 20/12/2018, COGNOME, Rv. 275940).
Poiché tale valutazione va compiuta sulla base dei criteri di cui all’art. 133, cod. pen., essa rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito e, di conseguenza, non può essere sindacata dalla Corte di. legittimità, se non nei limiti della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione postavi a sostegno.
La decisione impugnata ha fatto corretta applicazione di quei princìpi e la relativa motivazione non presenta evidenti discrasie di ordine logico.
La Corte distrettuale, infatti, ha reputato decisivi, ai fini della valutazione del grado di offensività della condotta, le modalità della stessa, i danni provocati e il relativo elemento soggettivo, evidenziando come l’imputato si fosse allontaNOME dopo aver visto la vittima riversa per terra. Si tratta di circostanze indiscutibilmente significative, rientranti tra i parametri espressamente considerati dall’art. 133 cod. pen. Peraltro, la motivazione sopra sinteticamente riportata risulta del tutto congrua ed adeguata anche a seguito delle modifiche all’istituto dell’art. 131 bis cod. pen. apportate dall’art. 1, comma 1, lett. c), n. 1 d.igs. 10 ottobre 2022, n. 150.
4. Il secondo motivo è manifestamente infondato. Secondo ripetute pronunce di questa Corte, il rinvio del processo disposto sull’accordo delle parti comporta infatti la sospensione del termine di prescrizione per l’intera durata del rinvio, ai sensi dell’art. 159, comma 1, n. 3), cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 25444 del 23/05/2014, COGNOME, Rv. 260414 – 01; Sez. 4, n. 51448 del 17/10/2017, COGNOME, Rv. 271328 – 01; Sez. 4 -, n. 20395 del 27/04/2021, COGNOME, Rv. 281243 – 01).
Ciò comporta che il reato non era prescritto prima della sentenza d’appello (p. 3 sentenza impugnata).
Per le ragioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non
sussistendo ragioni di esonero – al versamento della somma di euro tremila in fav della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sp processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 17 ottobre 2024.