Reato di Evasione: Quando un Semplice Allontanamento Diventa Reato?
Il reato di evasione rappresenta una delle violazioni più comuni per chi è sottoposto a misure cautelari come gli arresti domiciliari. Ma quali sono i confini esatti di questo delitto? Un breve allontanamento per pochi minuti è sufficiente a far scattare la condanna? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti importanti, confermando un orientamento ormai consolidato che non lascia spazio a dubbi: qualsiasi uscita non autorizzata è penalmente rilevante. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni.
Il Contesto del Ricorso: La Vicenda Processuale
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo condannato dalla Corte d’Appello di Bari per essere evaso dagli arresti domiciliari. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la decisione dei giudici di merito. I motivi del ricorso si basavano su una presunta carenza di motivazione riguardo agli elementi costitutivi del reato e sul trattamento sanzionatorio, in particolare sul diniego delle circostanze attenuanti generiche.
La Configurazione del Reato di Evasione
Il ricorrente sosteneva, in sostanza, che la sua condotta non integrasse pienamente la fattispecie delittuosa prevista dall’art. 385 del codice penale. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha respinto tale tesi, definendo i motivi del ricorso come affetti da “genericità” rispetto alla puntuale motivazione della Corte territoriale.
L’Orientamento Consolidato della Giurisprudenza
La decisione si allinea perfettamente con un principio stabile e consolidato della giurisprudenza di legittimità. Secondo questo orientamento, il reato di evasione si configura con qualsiasi allontanamento, anche minimo, dal luogo di detenzione domiciliare, avvenuto senza una legittima autorizzazione. Non assumono alcuna rilevanza, ai fini della configurabilità del reato, elementi quali:
* La durata dell’allontanamento.
* La distanza percorsa.
* I motivi che hanno spinto il soggetto a violare la misura.
L’elemento cruciale è l’elusione della vigilanza sullo stato custodiale, che si realizza con il semplice atto di abbandonare il luogo di detenzione.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La motivazione principale risiede nella genericità dei motivi presentati dal ricorrente, i quali non sono stati in grado di scalfire la logica e coerente argomentazione della Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno sottolineato come la Corte territoriale avesse correttamente applicato i principi giuridici vigenti, motivando in modo congruo sulla sussistenza di tutti gli elementi del reato di evasione. Anche le doglianze relative alla sanzione e al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche sono state ritenute generiche, poiché non si confrontavano specificamente con le valutazioni espresse nel giudizio di merito, che tenevano conto anche della recidiva qualificata dell’imputato.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza ribadisce un messaggio chiaro: la misura degli arresti domiciliari impone un obbligo di permanenza assoluto, derogabile solo da un’autorizzazione dell’autorità giudiziaria. Qualsiasi violazione di tale obbligo, a prescindere dalle sue modalità e dalla sua durata, integra il delitto di evasione. La conseguenza processuale dell’inammissibilità del ricorso, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito sulla serietà della misura cautelare e sull’impossibilità di invocare giustificazioni soggettive o circostanze di fatto per legittimare un allontanamento non autorizzato.
Qualsiasi allontanamento dagli arresti domiciliari costituisce reato di evasione?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, qualsiasi allontanamento dal luogo degli arresti domiciliari senza autorizzazione integra il reato di evasione, in quanto elude la vigilanza sullo stato custodiale.
La durata o la distanza dello spostamento sono rilevanti per il reato di evasione?
No, la Corte ha confermato che la durata dell’allontanamento e la distanza dello spostamento non assumono alcun rilievo per la configurazione del reato di evasione.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene giudicato inammissibile?
Come stabilito dall’art. 616 c.p.p., la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma pecuniaria in favore della cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata a 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11336 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11336 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TRINITAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 29/05/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che i motivi dedotti dal ricorrente sono tutti affetti da genericità rispetto alla p motivazione della Corte di appello di Bari, che, contrariamente a quanto dedotto nel ricorso, h congruamente motivato sulla sussistenza di tutti gli elementi richiesti per l’integrazione d fattispecie delittuosa prevista dall’art. 385 cod. pen., non facendo altro che uniformars consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui integra il rea di evasione qualsiasi allontanamento dal luogo degli arresti domiciliari senza autorizzazione non assumendo alcun rilievo la sua durata, la distanza dello spostamento, ovvero i motivi che inducono il soggetto ad eludere la vigilanza sullo stato custodiale;
ritenuto che la medesima genericità connota anche il motivo sul trattamento sanzionatorio per il diniego delle circostanze attenuanti generiche in rapporto alla ricostruzione del fatto ed valutazioni espresse nel giudizio di merito in ragione della ritenuta recidiva qualificata, t conto della parimenti generica articolazione dei motivi di appello su tali punti;
rilevato che dall’inammissibilità del ricorso deriva ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 16 febbraio 2024
Il Consigliere estensore
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