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Reato di evasione: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21766/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per il reato di evasione. I motivi del ricorso, incentrati sul diniego della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, sono stati ritenuti mere doglianze fattuali, non ammissibili in sede di legittimità, confermando la condanna al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato di Evasione: Inammissibile il Ricorso Basato su Mere Doglianze di Fatto

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione si è pronunciata sul reato di evasione, stabilendo principi chiari sull’ammissibilità dei ricorsi presentati in sede di legittimità. La decisione sottolinea come le contestazioni basate su una diversa ricostruzione dei fatti, già valutati dal giudice di merito, non possano trovare accoglimento davanti alla Suprema Corte. Questo caso offre spunti fondamentali per comprendere i limiti del giudizio di Cassazione e le condizioni per l’applicazione di istituti come la non punibilità per particolare tenuità del fatto.

I Fatti del Caso

Il ricorrente si era rivolto alla Corte di Cassazione a seguito della condanna per reato di evasione confermata dalla Corte d’Appello di Catania. I motivi del ricorso si concentravano principalmente su due punti: il mancato riconoscimento di una specifica circostanza attenuante prevista dall’art. 385, comma 4, c.p., e il diniego dell’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinata dall’art. 131-bis c.p. Secondo la difesa, le corti di merito avevano errato nel valutare le circostanze che avevano portato all’allontanamento, ritenute dall’imputato giustificate da esigenze non altrimenti gestibili.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Reato di Evasione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle argomentazioni difensive, ma si ferma a un livello procedurale, ritenendo che le questioni sollevate non fossero idonee a essere esaminate in quella sede. Di conseguenza, la condanna è diventata definitiva e il ricorrente è stato obbligato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha basato la sua decisione su argomentazioni nette e proceduralmente rigorose. I giudici hanno qualificato i motivi del ricorso come “mere doglianze in punto di fatto” e “riproduttivi di profili di censura disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito”. Vediamo nel dettaglio cosa significa:

1. Natura del Giudizio di Legittimità: La Cassazione ha ribadito che il suo compito non è quello di riesaminare i fatti e le prove come un terzo grado di giudizio, ma di verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Il ricorrente, invece, chiedeva una nuova valutazione delle circostanze, un’attività preclusa in sede di legittimità.

2. Mancata Prova della Circostanza Attenuante: La Corte d’Appello aveva già concluso che la circostanza attenuante speciale, invocata dalla difesa, non era stata in alcun modo dimostrata. La Cassazione ha ritenuto questa valutazione incensurabile.

3. Diniego della Particolare Tenuità del Fatto: La valutazione della Corte di merito sul diniego dell’art. 131-bis c.p. è stata giudicata “ineccepibile”. La non punibilità non è stata concessa a causa della “concreta gravità del fatto”. L’elemento decisivo è stato il comportamento dell’imputato: pur avendone la possibilità, egli non aveva dato alcun preavviso alle autorità di controllo riguardo alle presunte esigenze (peraltro rimaste indimostrate) che lo avrebbero costretto ad allontanarsi. Questo comportamento è stato interpretato come un elemento che aggrava il fatto, rendendolo non meritevole del beneficio della non punibilità.

Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso in Cassazione deve basarsi su vizi di legge e non su un disaccordo riguardo alla valutazione delle prove effettuata nei gradi di merito. Per chi è accusato del reato di evasione, questa decisione insegna che l’eventuale esistenza di valide ragioni per l’allontanamento deve essere non solo provata, ma anche, ove possibile, comunicata preventivamente alle autorità. L’omissione di tale comunicazione può essere interpretata come un indice della gravità della condotta, precludendo l’accesso a benefici come la non punibilità per particolare tenuità del fatto.

È possibile contestare una condanna per reato di evasione davanti alla Corte di Cassazione chiedendo di rivalutare i fatti?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che il suo ruolo è di giudice di legittimità, non di merito. Pertanto, non riesamina i fatti, ma solo la corretta applicazione della legge. Ricorsi basati su “mere doglianze di fatto” vengono dichiarati inammissibili.

Perché non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) in questo caso di evasione?
La non punibilità è stata negata a causa della “concreta gravità del fatto”. L’imputato, pur avendone la possibilità, non ha avvisato le autorità preposte al controllo delle presunte esigenze che lo hanno spinto ad allontanarsi, un comportamento che la Corte ha ritenuto non meritevole del beneficio.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la condanna impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito nel provvedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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