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Reato di evasione: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 6719/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per il reato di evasione. Il ricorso è stato giudicato generico e manifestamente infondato, in quanto si limitava a riproporre censure già esaminate e respinte in appello, offrendo una lettura alternativa dei fatti non consentita in sede di legittimità. La Corte ha confermato la sussistenza del dolo, basandosi sulla chiara motivazione della sentenza impugnata.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato di Evasione: La Cassazione e i Limiti del Ricorso

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 6719 del 2024, offre importanti spunti di riflessione sul reato di evasione e sui requisiti di ammissibilità del ricorso in sede di legittimità. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile l’impugnazione di un condannato, ribadendo principi consolidati in materia di valutazione delle prove e di dolo. Questo caso dimostra come una difesa basata su una semplice rilettura dei fatti, senza sollevare vizi di legittimità, sia destinata a fallire davanti alla Cassazione.

I Fatti del Caso: L’Accusa di Evasione e la Difesa dell’Imputato

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di evasione. L’imputato aveva presentato ricorso in Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bari, che aveva confermato la sua responsabilità penale. La linea difensiva si basava essenzialmente su una presunta errata interpretazione di un’autorizzazione ricevuta e sull’assenza di dolo, ovvero dell’intenzione di violare le prescrizioni imposte.

L’imputato sosteneva che il suo comportamento fosse giustificato da circostanze specifiche, come la chiusura di un servizio (Sert) presso cui avrebbe dovuto recarsi, proponendo di fatto una versione alternativa degli eventi rispetto a quella accertata nei gradi di merito.

Il Ricorso per il Reato di Evasione e la Valutazione della Corte

La Corte di Cassazione ha respinto categoricamente le argomentazioni difensive, qualificando il ricorso come inammissibile per due ragioni principali: genericità e manifesta infondatezza. I giudici hanno sottolineato che le censure proposte non erano altro che una mera reiterazione di quelle già esaminate e motivatamente respinte dalla Corte d’Appello.

Inoltre, la difesa si risolveva nella “prospettazione di una lettura alternativa dei fatti”, un’attività che non è consentita in sede di legittimità. Il ruolo della Cassazione, infatti, non è quello di riesaminare il merito della vicenda, ma di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della decisione risiede nell’analisi della motivazione della sentenza d’appello, giudicata dalla Cassazione “lineare” e “congrua”. I giudici di merito avevano escluso con argomentazioni logiche l’assenza di dolo e l’erronea interpretazione dell’autorizzazione.

In particolare, era stato accertato che:
1. Il contenuto dell’autorizzazione era chiaro e non lasciava spazio a dubbi interpretativi.
2. Il servizio locale (Sert) era regolarmente chiuso il sabato, un fatto noto e accertato.
3. L’imputato non si era recato presso la struttura alternativa indicata (il DSM) per ovviare alla chiusura.
4. L’imputato non aveva mai fatto riferimento alla chiusura del Sert come giustificazione al momento dei controlli.

Questi elementi, complessivamente valutati, dimostravano in modo inequivocabile la volontà dell’imputato di sottrarsi agli obblighi imposti, configurando pienamente il dolo richiesto per il reato di evasione.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso per Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul fatto. Per contestare una condanna, non è sufficiente offrire una narrazione alternativa degli eventi; è necessario individuare specifici vizi di legge o difetti manifesti di logica nella motivazione della sentenza impugnata. Nel contesto del reato di evasione, la decisione ribadisce che la prova del dolo può essere desunta da elementi fattuali e comportamentali che, se valutati logicamente dal giudice di merito, diventano difficilmente contestabili in sede di legittimità. La condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende sancisce l’esito negativo di un ricorso privo dei requisiti minimi per essere accolto.

È possibile presentare in Cassazione una diversa interpretazione dei fatti per contestare una condanna per evasione?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la prospettazione di una lettura alternativa dei fatti non è consentita in sede di legittimità. Il suo ruolo è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non riesaminare nel merito la vicenda.

Cosa rende un ricorso per cassazione ‘inammissibile’ in un caso di reato di evasione?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando è generico, manifestamente infondato o si limita a reiterare censure già respinte nei precedenti gradi di giudizio con una motivazione congrua, senza evidenziare reali vizi di legittimità della sentenza impugnata.

In questo caso, perché la Corte ha ritenuto provato il dolo (l’intenzione di commettere il reato)?
La Corte ha ritenuto provato il dolo sulla base di una serie di elementi accertati: il contenuto chiaro dell’autorizzazione, la circostanza che l’imputato non si fosse recato presso la struttura alternativa disponibile (DSM) nonostante la nota chiusura del Sert, e il fatto che non avesse mai menzionato tale chiusura come giustificazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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