Reato di Evasione: La Cassazione Conferma la Linea Dura
Il reato di evasione è una fattispecie che la giurisprudenza interpreta con estremo rigore. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione lo conferma, chiarendo che qualsiasi allontanamento non autorizzato dagli arresti domiciliari costituisce reato, indipendentemente dalla durata, dalla distanza o dalle motivazioni personali. Analizziamo insieme questa importante decisione.
Il Caso in Esame
Un soggetto, sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, decideva di allontanarsi dalla propria abitazione per recarsi presso la caserma più vicina. La sua intenzione era quella di manifestare l’impossibilità di proseguire la convivenza con i familiari, chiedendo di fatto di interrompere il regime cautelare domiciliare. A seguito di ciò, veniva condannato per il reato di evasione sia in primo grado che in appello.
Contro la sentenza della Corte d’Appello, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, basandolo su due motivi principali: l’assenza di rilevanza penale della sua condotta e la mancata applicazione di una specifica circostanza attenuante.
L’analisi della Corte sul reato di evasione
La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi di ricorso, dichiarandoli entrambi inammissibili e fornendo importanti chiarimenti sulla disciplina del reato di evasione e sulle regole processuali dell’impugnazione.
Le Motivazioni della Corte
La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile per le seguenti ragioni:
1. Genericità del primo motivo: Il primo motivo, con cui si contestava la rilevanza penale del fatto, è stato giudicato assolutamente generico. La Corte ha ribadito il suo orientamento consolidato: integra il reato di evasione qualsiasi allontanamento dal luogo degli arresti domiciliari avvenuto senza autorizzazione. Non assumono alcun rilievo né la durata dell’allontanamento, né la distanza percorsa. Anche le motivazioni che spingono il soggetto a violare la misura cautelare, come in questo caso la volontà di segnalare problemi di coabitazione, sono irrilevanti ai fini della configurabilità del reato.
2. Inammissibilità del secondo motivo per il principio devolutivo: Il secondo motivo, relativo alla mancata applicazione della circostanza attenuante prevista dall’art. 385, comma quarto, del codice penale, è stato dichiarato inammissibile per una ragione puramente processuale. La questione, infatti, non era mai stata sollevata nei motivi di appello. La Cassazione ha ricordato che, in virtù del principio devolutivo, il giudice dell’impugnazione può esaminare solo i punti della decisione che sono stati specificamente contestati. Introdurre una nuova questione, che peraltro richiede un accertamento dei fatti, direttamente in sede di legittimità non è consentito.
Le Conclusioni
Sulla base di queste motivazioni, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso. Come conseguenza diretta, prevista dall’articolo 616 del codice di procedura penale, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della cassa delle ammende. Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale: la misura degli arresti domiciliari impone un obbligo di permanenza assoluto, la cui violazione, anche se minima o sorretta da motivazioni soggettivamente comprensibili, costituisce il grave reato di evasione. Inoltre, sottolinea l’importanza cruciale di strutturare correttamente i motivi di impugnazione fin dal primo grado di appello, poiché le omissioni non possono essere sanate davanti alla Suprema Corte.
Allontanarsi per pochi minuti dagli arresti domiciliari è considerato reato di evasione?
Sì, secondo la Corte, qualsiasi allontanamento non autorizzato dal luogo degli arresti domiciliari integra il reato di evasione, a prescindere dalla sua durata o dalla distanza percorsa.
Se i motivi per cui ci si allontana sono validi, come problemi di convivenza, si può evitare la condanna per evasione?
No. La Corte ha stabilito che i motivi che inducono il soggetto ad allontanarsi, come in questo caso l’intenzione di interrompere il regime cautelare per problemi di coabitazione, non hanno rilievo per escludere il reato di evasione.
È possibile chiedere l’applicazione di una circostanza attenuante per la prima volta davanti alla Corte di Cassazione?
No, la Corte ha dichiarato inammissibile tale richiesta perché la questione non era stata sollevata nei motivi di appello al precedente grado di giudizio, in virtù del principio devolutivo che limita l’esame della Corte alle questioni già dibattute.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33472 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33472 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 26/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME NOME COGNOME nato il 16/10/1997
avverso la sentenza del 02/12/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che il primo motivo dedotto dal ricorrente è affetto da genericità assolut rispetto alla motivazione della Corte di appello di Roma, che, contrariamente a quanto dedotto nel ricorso, ha congruamente .motivato in merito alla rilevanza penale del fatto non facendo altro che uniformarsi al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità second cui integra il reato di evasione qualsiasi allontanamento dal luogo degli arresti domicil senza autorizzazione, non assumendo alcun rilievo la sua durata, la distanza dello spostamento, ovvero i motivi che inducono il soggetto ad eludere la vigilanza sullo stato custodiale, anche in considerazione dell’assenza di riferimenti certi sui tempi di percorrenza pe raggiungere la caserma più vicina, ove l’imputato si è recato con l’intenzione di interrompere regime cautelare degli arresti . domiciliari per problemi di coabitazione con i familiari;
ritenuto che il secondo Motivo in tema di mancata applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 385, comma quarto, cod. pen.. appare ugualmente inammissibile non essendo la questione stata dedotta nei motivi di appello, trattandosi di un profilo che investe anc l’accertamento del fatto non suscettibile di autonoma applicazione nel corso del giudizio d appello per il limite derivante dal principio devolutivo;
ritenuto che dalla inammissibilità del ricorso deriva ex art. 616 c.p.p. la condanna della’ ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 26 settembre 2025
Il Co igliere estensore
Il Presidente