Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8527 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8527 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a FOGGIA il 11/12/1982
avverso la sentenza del 09/01/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
visti gli atti e la sentenza impugnata; dato avviso alle parti; esaminati i motivi del ricorso di COGNOME Nicola; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
OSSERVA
Rilevato che i motivi dedotti nel ricorso – relativo alla conferma in appello della condanna Per il delitto di cui all’art. 385 cod. pen. e nel quale si eccepisce violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla mancata assoluzione dell’imputato ai sensi dell’art. 49 cod. pen. ovvero per la particolare tenuità del fatto – risultano inammissibili perché aspecifici e comunque manifestamente infondati;
Rilevato che è principio pacifico che esula dai poteri di questa Corte di legittimità operare, come vorrebbe il ricorrente, una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Sez. U, n. 6402 del 2/07/1997, COGNOME, Rv. 207944), essendo precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020 – dep. 2021, F., Rv. 280601);
Ritenuto che la sentenza impugnata (pag. 3 s.) ha congruamente respinto la richiesta dell’appellante di assoluzione per inoffensività del fatto evidenziando che a tal fine non rileva la circostanza che COGNOME, evaso dagli arresti domiciliari in Foggia, si sia costituito presso la stazione dei Carabinieri di Larino, località distante ben cento chilometri dalla propria abitazione, e non essendo comunque noto cosa l’imputato abbia fatto durante tale tragitto; in tal modo, è stato fatto buon governo del principio secondo cui integra il reato di evasione la condotta di volontario allontanamento dal luogo di restrizione domiciliare e di presentazione presso la stazione dei Carabinieri ancorché per
chiedere di essere ricondotto in carcere, in quanto il dolo generico del reato richiede la mera consapevolezza e volontà di allontanarsi dal domicilio, risultando irrilevanti i motivi di tale condotta (Sez. 6, n. 36518 del 27/10/2020, COGNOME, Rv. 280118 – 01);
Ritenuto che la Corte di appello, con motivazione adeguata e non illogica e quindi insindacabile in sede di giudizio di legittimità (Sez. 6, n. 18180 del 20/12/2018, Venezia, Rv. 275940 – 01), ha rigettato la doglianza formulata dall’imputato evidenziando che in senso ostativo al riconoscimento della particolare tenuità del fatto debbono considerarsi, oltre alle modalità della condotta (consistita nell’evadere dal domicilio e spostarsi di ben cento chilometri, sia pur per recarsi presso una stazione dei Carabinieri) e all’assenza di convincenti giustificazioni (atteso che la convivenza con la moglie, indicata come ragione per l’allontanamento a causa della “intollerante coabitazione”, era iniziata da pochi giorni e che inconferente risulta la dedotta “incompatibilità” del Marasco con il carcere di Foggia per l’esistenza dei divieti di incontro con alcuni detenuti ivi ristretti), anche l’inquietante personalità e la pericolosità dell’imputato, quale emergente dai precedenti penali a carico, non potendo quindi in alcun modo sostenersi che “la fattispecie concreta, all’esito di una valutazione congiunta degli indicatori afferenti alla condotta, al danno e alla colpevolezza, risulti caratterizzata da un’offensività minima” (presupposto per l’applicazione dell’art. 131 bis cod. pen. al delitto di evasione: Sez. 6, n. 35195 del 03/05/2022, COGNOME, Rv. 283731 – 01);
Ritenuto che il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 07/02/2025