Reato di Evasione: Basta Allontanarsi per Essere Puniti
Il reato di evasione è uno dei delitti più comuni contestati a chi si trova sottoposto a misure cautelari come gli arresti domiciliari. Molti, tuttavia, nutrono dubbi su cosa configuri esattamente questo illecito. È necessario un piano di fuga elaborato? Bisogna allontanarsi per molto tempo? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa chiarezza, stabilendo principi netti e rigorosi che tutti dovrebbero conoscere.
L’ordinanza in esame analizza il ricorso di un individuo condannato dalla Corte d’Appello per essersi allontanato dal proprio domicilio, dove si trovava in regime di restrizione. La difesa sosteneva la mancanza dell’elemento psicologico del reato, ma la Suprema Corte ha respinto tale tesi, confermando una linea interpretativa molto severa.
I Fatti del Caso
Un soggetto, sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, veniva accusato e successivamente condannato per il reato di evasione per essersi allontanato dal luogo di restrizione. La difesa dell’imputato presentava ricorso in Cassazione, sostenendo che l’azione non fosse stata mossa dall’intenzione di sottrarsi definitivamente ai controlli delle autorità. Secondo la tesi difensiva, mancava quindi l’elemento psicologico, ovvero il dolo specifico di voler fuggire permanentemente, rendendo l’allontanamento un fatto di minor gravità.
La Decisione della Corte sul Reato di Evasione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicandolo manifestamente infondato. I giudici hanno ribadito un principio consolidato in giurisprudenza: per la configurazione del reato di evasione, non è affatto necessario che l’agente abbia l’intenzione di sottrarsi in modo definitivo e permanente ai controlli.
La Corte ha stabilito che il semplice fatto di allontanarsi volontariamente dal luogo di restrizione integra il delitto, a prescindere da:
* La durata dell’allontanamento (anche pochi minuti possono essere sufficienti).
* La distanza percorsa (non importa se ci si allontana di pochi metri o di chilometri).
* Le motivazioni personali (a meno che non si tratti di una ‘cogente necessità’, come un grave e imminente pericolo per la salute, che in questo caso non era stata neppure addotta).
Di conseguenza, il ricorso è stato respinto e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Corte si fonda sulla natura del bene giuridico tutelato dalla norma sull’evasione. L’obiettivo della legge non è solo impedire la fuga definitiva del detenuto, ma garantire l’effettività del controllo da parte dell’autorità giudiziaria su chi è sottoposto a una misura restrittiva della libertà personale. Ogni violazione di tale obbligo, anche se temporanea e limitata, compromette questa esigenza di controllo e ordine pubblico.
L’elemento psicologico richiesto è il cosiddetto ‘dolo generico’, ovvero la coscienza e volontà di allontanarsi dal luogo di detenzione senza autorizzazione. Non serve un ‘dolo specifico’, cioè il fine ultimo di rendersi irreperibile. La Corte ha specificato che l’allontanamento in sé, essendo una violazione del provvedimento del giudice, costituisce il nucleo del reato.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale estremamente rigoroso in materia di reato di evasione. Le conclusioni pratiche sono chiare e dirette per chiunque si trovi agli arresti domiciliari o in altre forme di detenzione:
1. Nessuna tolleranza: Qualsiasi allontanamento non autorizzato dal luogo di restrizione è considerato reato.
2. Irrilevanza delle intenzioni: Le motivazioni personali o l’intenzione di rientrare a breve non escludono la punibilità.
3. Unica eccezione: Solo una ‘cogente necessità’ (stato di necessità), come un grave e improvviso malore che richiede un soccorso immediato, può potenzialmente giustificare l’allontanamento, ma deve essere rigorosamente provata.
La decisione serve da monito: il rispetto delle prescrizioni imposte dal giudice è assoluto e non ammette deroghe basate su valutazioni personali. L’inosservanza, anche se percepita come minima, comporta conseguenze penali serie, inclusa la condanna e sanzioni pecuniarie.
Per commettere il reato di evasione è necessario avere l’intenzione di fuggire per sempre?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che l’elemento psicologico del reato non si correla all’intendimento di sottrarsi definitivamente ai controlli, ma al semplice fatto di allontanarsi dal luogo di restrizione.
Quali sono le conseguenze se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza?
Quando un ricorso è ritenuto inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
Un allontanamento breve dal luogo degli arresti domiciliari costituisce reato?
Sì, secondo la sentenza, il reato di evasione si configura a prescindere dalla durata dell’allontanamento, dalla distanza percorsa e dai motivi, a meno che non sussista una ‘cogente necessità’ che, nel caso di specie, non è stata neppure rappresentata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14827 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14827 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ALTAMURA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 02/02/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi di ricorso,
OSSERVA
Ritenuto che il motivo di ricorso è manifestamente infondato, in quanto la Corte ha dato conto del fatto che il reato di evasione e il connesso elemento psicologico non si correlano all’intendimento di sottrarsi definitivamente ai controlli, ma al fatto di allontanarsi dal luogo di restrizione, quale che sia i tempo, la distanza e quali che siano i motivi, al di là di una cogente necessità nel caso di specie neppure rappresentata;
Ritenuto dunque che il ricorso è inammissibile, conseguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei sottesi profili di colpa, a quello della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende,
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16 febbraio 2024
Il Consigliere estensore