Reato di Evasione: Quando Uscire di Casa Costa Caro
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul reato di evasione, fornendo chiarimenti cruciali sui confini della detenzione domiciliare. La decisione sottolinea un principio fondamentale: la pubblica via, anche se immediatamente adiacente all’abitazione, non ne costituisce pertinenza. Uscire dalla porta di casa, per chi è sottoposto a tale misura, significa varcare una soglia non solo fisica, ma anche giuridica, con conseguenze penali significative.
Il Fatto: Sorpreso sulla Pubblica Via
Il caso analizzato riguarda un soggetto, sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, che proponeva ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato per evasione. Il ricorrente era stato sorpreso dalle forze dell’ordine al di fuori della sua abitazione, precisamente sulla pubblica via antistante. La sua difesa si basava su due argomentazioni principali: la prima, che lo spazio esterno fosse da considerarsi una sorta di pertinenza del luogo di restrizione; la seconda, che il fatto fosse comunque di particolare tenuità e quindi non punibile.
La Decisione della Corte sul Reato di Evasione
La Suprema Corte ha respinto entrambe le argomentazioni, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e quindi inammissibile. La decisione si fonda su una valutazione rigorosa sia dei presupposti oggettivi che soggettivi del reato di evasione. Gli Ermellini hanno confermato la condanna, aggiungendo il pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni
La Corte ha basato la sua decisione su due pilastri argomentativi molto chiari. In primo luogo, ha affrontato la questione dei limiti spaziali della detenzione domiciliare. È stato ribadito che la pubblica via non può in alcun modo essere considerata un’estensione o una pertinenza dell’abitazione. Il solo fatto di trovarsi fuori dalla soglia integra la violazione della prescrizione, dimostrando al contempo il ‘coefficiente psicologico’ del delitto, ovvero la volontà di sottrarsi alla misura restrittiva. Non esiste margine per interpretazioni estensive: il luogo di restrizione è l’abitazione, e nient’altro.
In secondo luogo, i Giudici hanno escluso l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. L’elemento decisivo è stato l’ostativo dell’abitualità. Il ricorrente, infatti, aveva già riportato plurime condanne, anche per violazioni degli obblighi legati alla sorveglianza speciale, reati considerati della stessa indole dell’evasione. Questa ‘storia criminale’ ha dimostrato una tendenza a delinquere che è incompatibile con il beneficio della non punibilità, riservato a offese realmente occasionali e di minima gravità.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso in materia di reato di evasione. La lezione è inequivocabile: la detenzione domiciliare impone il rispetto assoluto dei confini fisici dell’abitazione. Qualsiasi allontanamento, anche se di pochi metri e per breve tempo, costituisce una violazione penalmente rilevante. Inoltre, la valutazione della ‘particolare tenuità del fatto’ non può prescindere dalla storia personale del reo. L’abitualità nel commettere illeciti della stessa natura preclude l’accesso a benefici di legge, confermando che la condotta passata ha un peso determinante nel giudizio presente.
Trovarsi sulla strada pubblica immediatamente fuori dalla propria abitazione durante gli arresti domiciliari costituisce reato di evasione?
Sì, secondo la Corte la pubblica via non può essere considerata parte dell’abitazione o una sua pertinenza. Il semplice fatto di trovarsi fuori dall’abitazione configura la violazione della prescrizione e integra il reato di evasione.
Perché al ricorrente non è stata riconosciuta la ‘particolare tenuità del fatto’?
La particolare tenuità del fatto è stata esclusa a causa dell’elemento ostativo dell’abitualità. Il ricorrente aveva già riportato plurime condanne, anche per reati della stessa indole (violazioni della sorveglianza speciale), dimostrando una tendenza a delinquere che rende inapplicabile tale beneficio.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente dopo la decisione della Cassazione?
La Corte ha dichiarato il suo ricorso inammissibile. Di conseguenza, è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14822 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14822 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/04/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi di ricorso,
OSSERVA
Ritenuto che il primo motivo è manifestamente infondato, in quanto la Corte ha dato conto del fatto che il ricorrente era stato sorpreso fuori della sua abitazione, in particolare sulla pubblica via, circostanza che di per sé comprova la violazione della prescrizione inerente alla permanenza nell’abitazione e disvela il coefficiente psicologico del delitto di evasione, non essendovi margine per la configurazione della pubblica via come appartenenza del luogo di restrizione, seppur di piccole dimensioni;
Ritenuto che il secondo motivo è manifestamente infondato, in quanto nell’esclusione della particolare tenuità del fatto ha assunto rilievo decisivo l’elemento ostativo dell’abitualità, desumibile dalle plurime condanne riportate dal ricorrente, anche per più violazioni degli obblighi connessi alla sorveglianza speciale, da qualificarsi della stessa indole del reato di evasione;
Ritenuto dunque che il ricorso è inammissibile, conseguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei sottesi profili di colpa, a quello della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende,
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16 febbraio 2024
Il Consigliere estensore