Reato di Evasione: Anche una Breve Assenza dagli Arresti Domiciliari è Reato
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale in materia di reato di evasione: qualsiasi allontanamento non autorizzato dal luogo di detenzione domiciliare costituisce reato, a prescindere dalla durata dell’assenza, dalla distanza percorsa o dalle motivazioni personali. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso, sottolineando l’importanza del rispetto delle misure cautelari.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo condannato dalla Corte di Appello di Napoli per il reato di evasione. L’imputato, sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, si era allontanato dalla propria abitazione senza autorizzazione. Avverso la sentenza di condanna, l’interessato ha proposto ricorso per Cassazione, adducendo una serie di motivi volti a contestare la sussistenza del reato, l’applicazione dell’aggravante della recidiva e il diniego delle circostanze attenuanti generiche.
La Decisione della Corte e il Reato di Evasione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto i motivi presentati dal ricorrente del tutto generici e non idonei a scalfire la solida e puntuale motivazione della sentenza impugnata. La Corte ha colto l’occasione per ribadire la propria consolidata interpretazione dell’art. 385 del codice penale, che disciplina il reato di evasione.
La decisione si allinea perfettamente all’orientamento costante della giurisprudenza di legittimità, confermando che il delitto si consuma con il semplice atto di eludere la vigilanza dell’autorità, allontanandosi dal luogo prescritto per la misura cautelare.
Le Motivazioni della Sentenza
La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni difensive, qualificandole come generiche. In primo luogo, ha evidenziato come la Corte di Appello avesse correttamente motivato la sussistenza di tutti gli elementi del reato di evasione. Secondo gli Ermellini, è irrilevante che l’allontanamento sia stato di breve durata o che abbia coperto una distanza minima. Allo stesso modo, non assumono alcuna importanza i motivi personali che hanno spinto il soggetto a violare la misura. L’unico elemento che conta è l’allontanamento volontario e non autorizzato dal luogo degli arresti domiciliari.
Anche i motivi relativi alla recidiva e alle attenuanti generiche sono stati giudicati generici. La Corte ha confermato la corretta applicazione degli aumenti di pena per la recidiva reiterata (art. 99, comma 4, c.p.), così come contestata. Infine, ha ritenuto legittimo il diniego delle circostanze attenuanti generiche, data l’assenza di elementi concreti che potessero giustificarne la concessione.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame rappresenta un’importante conferma del rigore con cui la legge e la giurisprudenza trattano la violazione delle misure cautelari come gli arresti domiciliari. La conseguenza diretta dell’inammissibilità del ricorso è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale. Questa decisione serve da monito: il rispetto delle restrizioni imposte dall’autorità giudiziaria è un obbligo inderogabile, la cui violazione, anche se minima, comporta conseguenze penali serie e immediate.
Per commettere il reato di evasione è rilevante la durata dell’allontanamento dagli arresti domiciliari?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che qualsiasi allontanamento non autorizzato integra il reato, indipendentemente dalla sua durata o dalla distanza percorsa.
Le motivazioni personali possono giustificare un allontanamento non autorizzato?
No, la sentenza chiarisce che i motivi che inducono il soggetto ad eludere la vigilanza sono irrilevanti ai fini della configurazione del reato di evasione.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro a favore della cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5124 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5124 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 10/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il 16/03/1975
avverso la sentenza del 08/05/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che i motivi dedotti dal ricorrente COGNOME COGNOME sono tutti affetti da genericità rispe alla puntuale motivazione della Corte di appello di Napoli che, contrariamente a quanto dedotto nel ricorso, ha congruamente motivato sulla sussistenza di tutti gli elementi richiesti per l’integrazione della fattispecie delittuosa prevista dall’art. 385 cod. pen., non facendo al che uniformarsi al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui integra il reato di evasione qualsiasi allontanamento dal luogo degli arresti domiciliari senza autorizzazione, non assumendo alcun rilievo la sua durata, la distanza dello spostamento, ovvero i motivi che inducono il soggetto ad eludere la vigilanza sullo stato custodiale;
ritenuto che la medesima genericità connota sia il motivo sulla applicazione della recidiva in rapporto alla ricostruzione del fatto ed alle valutazioni espresse nel giudizio di merito, tenu conto della corretta applicazione degli aumenti di pena previsti per la recidiva reiterata di c all’art. 99, comma 4, cod. pen. come contestata, e sia quello sul diniego delle circostanze attenuanti generiche, considerata la rilevata assenza di elementi di supporto per la loro concessione;
rilevato che dall’inammissibilità del ricorso deriva ex a t. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende.
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