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Reato di evasione: irrilevante la durata dell’assenza

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per il reato di evasione. La Corte ribadisce che qualsiasi allontanamento non autorizzato dagli arresti domiciliari integra il reato, a prescindere da durata o distanza. Esclusa anche la particolare tenuità del fatto per l’intensità del dolo e i precedenti specifici dell’imputato.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato di Evasione: Quando Anche una Breve Uscita è Reato

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema del reato di evasione, chiarendo i contorni di questa fattispecie delittuosa. Il caso riguardava un soggetto, sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, che aveva impugnato la sua condanna sostenendo la liceità del suo breve allontanamento. La Suprema Corte, tuttavia, ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando un principio consolidato: per integrare il reato è sufficiente qualsiasi allontanamento non autorizzato, indipendentemente dalla sua durata o dalla distanza percorsa.

I Fatti del Caso: L’Allontanamento dagli Arresti Domiciliari

La vicenda trae origine dalla condanna inflitta dalla Corte d’Appello a un individuo per essersi allontanato senza autorizzazione dal luogo in cui era ristretto agli arresti domiciliari. L’imputato ha proposto ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali. In primo luogo, ha contestato la sussistenza stessa del reato, sostenendo la genericità delle motivazioni della corte territoriale. In secondo luogo, ha lamentato la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131-bis del codice penale.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Reato di Evasione

La Corte di Cassazione ha respinto entrambe le doglianze, dichiarando il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno fornito una chiara analisi sia sulla configurabilità del reato sia sui limiti di applicabilità dell’istituto della particolare tenuità del fatto.

Il Primo Motivo: La Configurazione del Reato

La Corte ha ritenuto il primo motivo di ricorso affetto da genericità. Ha sottolineato come la Corte d’Appello avesse motivato in modo congruo e puntuale, allineandosi all’orientamento giurisprudenziale dominante. Secondo tale orientamento, per configurare il reato di evasione è sufficiente qualsiasi allontanamento dal luogo degli arresti domiciliari avvenuto senza una legittima autorizzazione. Non assumono alcun rilievo né la durata dell’assenza, né la distanza percorsa, né tantomeno i motivi personali che hanno spinto il soggetto a violare la misura cautelare. L’unico elemento che conta è la volontaria sottrazione al controllo dell’autorità.

Il Secondo Motivo: L’Esclusione della Particolare Tenuità del Fatto

Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile. La Cassazione ha validato la decisione della Corte di merito di escludere l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. La Corte d’Appello aveva correttamente valutato la non tenuità del fatto basandosi su elementi specifici: le modalità concrete dell’azione, la particolare intensità del dolo (ossia la piena consapevolezza e volontà di trasgredire), desunta dall’arbitrarietà dell’allontanamento, e i precedenti penali specifici dell’imputato. La Suprema Corte ha ricordato che tali valutazioni di merito, se non affette da vizi logici evidenti, non possono essere rimesse in discussione in sede di legittimità.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su un’interpretazione rigorosa dell’articolo 385 del codice penale. Il bene giuridico tutelato dalla norma non è solo l’impedimento alla fuga del soggetto, ma l’autorità stessa delle decisioni giudiziarie che impongono una restrizione della libertà personale. Di conseguenza, qualsiasi atto volontario che eluda la vigilanza e violi la prescrizione di rimanere in un determinato luogo costituisce un’offesa a tale bene giuridico. La decisione di non concedere il beneficio della particolare tenuità del fatto si giustifica con la necessità di considerare non solo il danno oggettivo, ma anche la riprovevolezza della condotta e la personalità dell’autore, come dimostrato dai suoi precedenti.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale in materia di reato di evasione: la violazione delle prescrizioni degli arresti domiciliari è punita severamente e non ammette giustificazioni basate sulla brevità dell’assenza o sulla futilità dei motivi. La decisione serve da monito sul fatto che il rispetto delle misure cautelari è un obbligo inderogabile, la cui violazione comporta conseguenze penali significative, inclusa la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto nel caso di specie con la condanna al versamento di 3.000 euro alla cassa delle ammende.

Quanto tempo bisogna stare fuori dagli arresti domiciliari per commettere il reato di evasione?
Secondo la Corte, qualsiasi allontanamento non autorizzato dal luogo degli arresti domiciliari integra il reato di evasione, indipendentemente dalla sua durata, dalla distanza percorsa o dai motivi personali dell’agente.

È possibile ottenere il beneficio della ‘particolare tenuità del fatto’ per il reato di evasione?
Nel caso di specie, la Corte ha confermato la decisione di escludere tale beneficio. La valutazione si è basata sulla particolare intensità della volontà di trasgredire (dolo), desunta dall’arbitrarietà dell’allontanamento, e sulla presenza di precedenti penali specifici a carico dell’imputato.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata a 3.000,00 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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