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Reato di evasione: inammissibile ricorso infondato

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per reato di evasione. I motivi, relativi all’identificazione, alla presunta alterazione psichica e alla tenuità del fatto, sono stati ritenuti infondati, generici e non provati, confermando la condanna al pagamento di spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato di Evasione: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sulla disciplina del reato di evasione e sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi presentati dinanzi alla Corte di Cassazione. Attraverso l’analisi di un caso specifico, la Suprema Corte ribadisce principi fondamentali in materia di prova, elemento soggettivo del reato e applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Vediamo nel dettaglio la vicenda processuale e le conclusioni dei giudici.

I Fatti del Caso

Un soggetto, già condannato dalla Corte d’Appello per il reato di evasione, decideva di impugnare la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione. L’accusa si basava sul fatto che l’imputato, sottoposto a una misura restrittiva della libertà personale, era stato riconosciuto dai Carabinieri mentre si trovava sulla pubblica via, in violazione delle prescrizioni imposte.

I Motivi del Ricorso per Reato di Evasione

La difesa dell’imputato articolava il proprio ricorso su tre motivi principali, cercando di smontare l’impianto accusatorio:

1. Errata valutazione dei fatti: Il ricorrente contestava l’accertamento del fatto, mettendo in dubbio il riconoscimento effettuato dai Carabinieri.
2. Mancanza dell’elemento soggettivo: Si sosteneva che l’imputato avrebbe agito in una condizione di forte alterazione psichica, circostanza che, a dire della difesa, avrebbe dovuto escludere la consapevolezza e volontà di commettere il reato.
3. Mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto: La difesa richiedeva l’applicazione della causa di non punibilità, ritenendo la condotta di minima gravità.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato ciascun motivo, dichiarando l’intero ricorso inammissibile. La decisione si fonda su argomentazioni precise che chiariscono i limiti del giudizio di legittimità.

In primo luogo, riguardo alla contestazione del riconoscimento, i giudici hanno sottolineato come la motivazione della Corte d’Appello fosse puntuale e logica. Il ricorso, invece, non si confrontava efficacemente con tali argomentazioni, limitandosi a una generica contestazione. La Cassazione non può riesaminare il merito dei fatti, ma solo verificare la correttezza logico-giuridica della motivazione.

In secondo luogo, la tesi dell’alterazione psichica è stata definita una ricostruzione alternativa e indimostrata. La difesa non ha fornito alcun elemento a sostegno di tale ipotesi, che è rimasta una mera affermazione senza riscontri probatori. In assenza di prove, il motivo è stato ritenuto manifestamente infondato.

Infine, anche la richiesta di applicazione della particolare tenuità del fatto è stata respinta. La Corte ha evidenziato che la decisione di diniego non si basava solo sulla gravità della condotta, ma anche su un elemento decisivo: la recidiva reiterata e specifica dell’imputato. Tale condizione, indicativa di una propensione a delinquere, è stata considerata idonea a escludere l’occasionalità della condotta illecita, requisito fondamentale per il riconoscimento della causa di non punibilità.

Le Conclusioni

Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione riafferma un principio cruciale: il ricorso di legittimità non è una terza istanza di giudizio sui fatti. I motivi devono essere specifici, pertinenti e non possono limitarsi a proporre una ricostruzione alternativa dei fatti già vagliata e motivata logicamente dai giudici di merito. In particolare, per il reato di evasione, l’affermazione di uno stato di alterazione psichica deve essere provata e la presenza di una recidiva specifica può precludere l’accesso a benefici come la non punibilità per tenuità del fatto. La decisione si conclude con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, a sanzione di un ricorso palesemente infondato.

È possibile contestare in Cassazione l’identificazione fatta dalle forze dell’ordine?
Sì, ma solo se si dimostra che la motivazione della corte precedente è palesemente illogica o contraddittoria. Una semplice riproposizione di una diversa lettura dei fatti, come avvenuto nel caso di specie, non è sufficiente per ottenere un annullamento della sentenza.

Affermare di aver agito in stato di alterazione psichica è sufficiente per escludere il reato di evasione?
No, non è sufficiente. Secondo la Corte, tale affermazione deve essere supportata da elementi concreti e prove. Se rimane un’ipotesi indimostrata e una mera ricostruzione alternativa, non può essere accolta per escludere l’elemento soggettivo del reato.

La recidiva impedisce di ottenere la non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Sì, la Corte ha confermato che una recidiva reiterata e specifica è un elemento idoneo a escludere l’occasionalità della condotta, che è un requisito necessario per l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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