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Reato di evasione: inammissibile il ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per il reato di evasione dalla detenzione domiciliare. La Corte ha ribadito che qualsiasi allontanamento non autorizzato integra il reato, indipendentemente da durata, distanza o motivazioni. È stata inoltre confermata l’impossibilità di rivalutare nel merito, in sede di legittimità, le decisioni del giudice precedente, se logicamente motivate, come l’esclusione della particolare tenuità del fatto.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato di Evasione: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Il reato di evasione rappresenta una delle fattispecie più rigorose del nostro ordinamento penale a tutela delle misure restrittive della libertà personale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 19665/2024) ha riaffermato i principi consolidati in materia, chiarendo i limiti del sindacato di legittimità e confermando che qualsiasi allontanamento non autorizzato integra il delitto. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne la portata e le implicazioni.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una sentenza della Corte d’Appello di Palermo, che aveva condannato una persona per il reato di evasione dalla misura della detenzione domiciliare. L’imputata, ritenendo ingiusta la condanna, ha proposto ricorso per Cassazione, affidandolo a diversi motivi. Le sue difese si concentravano su una diversa valutazione delle prove e sulla richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131-bis del codice penale.

L’Analisi della Corte di Cassazione e il reato di evasione

La Suprema Corte ha esaminato i motivi del ricorso, dichiarandolo integralmente inammissibile. Le argomentazioni dei giudici di legittimità si sono sviluppate lungo due direttrici principali.

La valutazione del fatto è del giudice di merito

In primo luogo, la Cassazione ha ribadito un principio cardine del nostro sistema processuale: la valutazione delle prove e la ricostruzione del fatto sono di competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Alla Corte di Cassazione spetta solo il compito di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata, senza poter entrare nuovamente nel merito delle prove.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione “congrua e adeguata” sull’accertamento del reato e del dolo. La sua decisione si era uniformata all’orientamento consolidato secondo cui, per configurare il reato di evasione, è sufficiente un qualsiasi allontanamento dal luogo di detenzione domiciliare avvenuto senza autorizzazione. Sono del tutto irrilevanti, ai fini della sussistenza del reato, la durata dell’allontanamento, la distanza percorsa o i motivi che hanno spinto il soggetto a violare la misura.

L’esclusione della particolare tenuità del fatto

Anche il motivo relativo alla mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p. è stato giudicato inammissibile. La Corte di merito aveva escluso la particolare tenuità del fatto basandosi su elementi concreti: le modalità della condotta, l’intensità del dolo e la pericolosità sociale del soggetto, desunta da un precedente penale. Secondo la Cassazione, si tratta di valutazioni di merito che, essendo state motivate in modo logico e senza vizi evidenti, non possono essere messe in discussione in sede di legittimità.

Le Motivazioni

La motivazione centrale dell’ordinanza risiede nell’inammissibilità del ricorso per “mancanza di un confronto effettivo con le valutazioni del giudice di merito”. In altre parole, la difesa non ha evidenziato vizi di legge o palesi illogicità nel ragionamento della Corte d’Appello, ma ha tentato di ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti, un’operazione preclusa in sede di legittimità. La Suprema Corte agisce come un “giudice della legge”, non come un terzo grado di giudizio sui fatti. L’inammissibilità è stata quindi la conseguenza diretta della natura delle censure sollevate, che esulavano dalle competenze della Cassazione.

Le Conclusioni

La decisione in esame ha importanti implicazioni pratiche. Anzitutto, consolida l’interpretazione rigorosa del reato di evasione, confermando che non esistono “violazioni minori” della detenzione domiciliare: ogni uscita non autorizzata è penalmente rilevante. In secondo luogo, essa serve da monito sulla corretta impostazione dei ricorsi per Cassazione, che devono concentrarsi su questioni di diritto e non su tentativi di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti. A seguito della dichiarazione di inammissibilità, la ricorrente è stata condannata, come previsto dall’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della cassa delle ammende.

Per configurare il reato di evasione dalla detenzione domiciliare, contano la durata o la distanza dell’allontanamento?
No, secondo l’ordinanza, qualsiasi allontanamento dal luogo della detenzione domiciliare senza autorizzazione integra il reato di evasione, a prescindere dalla sua durata, dalla distanza dello spostamento o dai motivi che hanno indotto il soggetto ad allontanarsi.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove o la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito?
No, la Corte di Cassazione ha ribadito che l’apprezzamento del materiale probatorio e la valutazione dei fatti (come l’intensità del dolo o la pericolosità sociale) sono di esclusiva competenza del giudice di merito. Il suo ruolo è controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non diventare un giudice di “terzo grado” sul fatto.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata fissata in 3.000,00 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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