Reato di evasione: la Cassazione boccia il ricorso “in pigiama”
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso di reato di evasione, fornendo importanti chiarimenti sui limiti del ricorso in sede di legittimità. La vicenda riguarda un uomo agli arresti domiciliari che aveva giustificato la sua assenza da casa con la necessità di portare fuori il cane. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna e sottolineando come le scuse pretestuose non possano superare il vaglio della giustizia, specialmente in presenza di precedenti specifici.
I Fatti del Caso
Il ricorrente era stato condannato dalla Corte d’Appello di Napoli per il reato di evasione, previsto dall’art. 385 del codice penale. L’uomo, sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, era stato trovato fuori dalla sua abitazione. A sua discolpa, aveva affermato di essersi allontanato momentaneamente, e in pigiama, solo per permettere al proprio cane di espletare i bisogni fisiologici. Insoddisfatto della sentenza di condanna, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione.
I Motivi del Ricorso e l’Inammissibilità
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile per diverse ragioni procedurali e di merito. I giudici hanno evidenziato due criticità principali negli argomenti difensivi.
Genericità dei Motivi
Il primo punto contestato dalla Corte è stata la natura dei motivi di ricorso. Essi sono stati ritenuti ‘generici’ e incentrati su una ‘questione in fatto’, ovvero la valutazione della responsabilità dell’imputato. La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: il suo ruolo non è quello di un terzo grado di giudizio dove si riesaminano i fatti, ma è una ‘sede di legittimità’, dove si controlla esclusivamente la corretta applicazione delle norme di diritto. Tentare di ottenere una nuova valutazione delle prove è un’operazione non consentita in questa sede.
Motivo Nuovo e Non Proponibile
Inoltre, la difesa ha tentato di introdurre un argomento non sollevato nel precedente grado di giudizio (l’appello): la possibile applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis c.p. La Corte ha prontamente respinto tale motivo, in quanto non è possibile presentare per la prima volta in Cassazione questioni che dovevano essere discusse nei gradi di merito.
La Valutazione del reato di evasione e la Recidiva
La decisione della Corte si è basata anche su una valutazione sostanziale della condotta dell’imputato e del suo passato giudiziario.
La Condotta Pretestuosa
I giudici hanno definito la giustificazione fornita dall’imputato (‘portare il cane fuori’) come una ‘pretestuosità della condotta’. Ciò significa che la scusa è stata considerata un mero pretesto, non una reale e impellente necessità in grado di giustificare la violazione degli arresti domiciliari. Questo giudizio è stato rafforzato dalla presenza di elementi che minavano la credibilità della versione difensiva.
La Rilevanza della Recidiva
Un elemento decisivo è stata la recidiva. La Corte ha sottolineato come la sentenza impugnata avesse correttamente ritenuto sussistente la recidiva, dato che l’imputato aveva ben tre precedenti specifici per lo stesso reato di evasione. Questo ‘storico’ criminale ha pesato significativamente nella valutazione della sua condotta, dimostrando una tendenza a violare le prescrizioni imposte dall’autorità giudiziaria.
Le Motivazioni della Corte
Le motivazioni della Corte si fondano sul rigido rispetto dei principi procedurali che governano il giudizio di cassazione. L’inammissibilità è stata dichiarata poiché il ricorso mirava a una riconsiderazione del merito della vicenda, attività preclusa alla Suprema Corte. I motivi addotti erano generici e non indicavano specifiche violazioni di legge, ma si limitavano a contestare la valutazione fattuale operata dal giudice d’appello. La Corte ha inoltre evidenziato come la sussistenza della recidiva, basata su tre precedenti per lo stesso reato, fosse stata correttamente valutata, rendendo la condotta dell’imputato ancora più grave e la sua giustificazione palesemente pretestuosa. La mancata proposizione del motivo relativo alla particolare tenuità del fatto nel giudizio d’appello ha reso tale doglianza inammissibile in sede di legittimità, chiudendo ogni possibile varco per una revisione della condanna.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame riafferma con forza che il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un appello mascherato. Le giustificazioni addotte per violare gli arresti domiciliari devono essere serie, credibili e supportate da prove, altrimenti vengono considerate meri pretesti, soprattutto se l’imputato ha già dimostrato in passato di non rispettare le regole. La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, rendendo così definitiva la sua condanna per il reato di evasione.
È possibile giustificare il reato di evasione con la necessità di portare fuori il cane?
No, secondo questa ordinanza, tale giustificazione è stata ritenuta un mero pretesto e non una causa valida per violare gli arresti domiciliari, specialmente in considerazione dei precedenti penali specifici del ricorrente.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché i motivi erano generici e miravano a una nuova valutazione dei fatti (la responsabilità dell’imputato), cosa non permessa in sede di legittimità. Inoltre, è stato introdotto un motivo nuovo (la non punibilità per tenuità del fatto) che non era stato presentato in appello.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità rende definitiva la sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello. Comporta inoltre la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, in questo caso fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13428 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13428 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CAIVANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/05/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso di NOME COGNOME; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che i motivi dedotti avverso la sentenza di condanna per il reato di evasione (art. 385 cod. pen.) non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché generici ed involgenti una questione in fatto, quello sulla responsabilità. Non è deducibile, perché non proposto in appello, il motivo sulla mancata applicazione della causa di non punibilità del fatto, ai sensi dell’art. 131bis cod. pen.. E’ stata correttamente ritenuta sussistente la recidiva, a fronte di tre precedenti per evasione, valorizzando la pretestuosità della condotta (l’imputato si era allontaNOME in pigiama per portare il cane fuori).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 1’8 marzo 2024