Reato di Evasione: Quando il Rientro a Casa non Basta per l’Attenuante
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sul reato di evasione e sui limiti del ricorso in sede di legittimità. Con una decisione netta, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, confermando la condanna e precisando i contorni applicativi di una specifica circostanza attenuante. Analizziamo i dettagli di questa pronuncia per comprendere le sue implicazioni.
I fatti del processo
Il caso riguarda una persona, sottoposta alla misura degli arresti domiciliari, che si era allontanata dalla propria abitazione, venendo così meno agli obblighi imposti dalla misura cautelare. Successivamente, la stessa persona era rientrata nel luogo di detenzione. Per questa condotta, era stata condannata nei primi due gradi di giudizio per il reato di evasione. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione della Corte d’Appello, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando, tra le altre cose, la mancata applicazione di una circostanza attenuante che avrebbe potuto ridurre la pena.
La decisione della Corte di Cassazione sul reato di evasione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Questa decisione ha due conseguenze immediate: la condanna diventa definitiva e il ricorrente è obbligato a pagare le spese processuali e una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La Corte non è entrata nel merito della vicenda, poiché ha riscontrato vizi procedurali che impedivano un esame approfondito dei motivi di ricorso.
Le motivazioni della decisione
Le motivazioni alla base della decisione sono tanto concise quanto chiare. In primo luogo, la Corte ha qualificato i motivi del ricorso come ‘mere doglianze in punto di fatto’. Ciò significa che l’imputato non ha sollevato questioni di legittimità (cioè di violazione della legge), ma ha tentato di ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività che è preclusa alla Corte di Cassazione, la quale è giudice del diritto e non del merito. I giudici hanno inoltre sottolineato che le censure erano ‘riproduttivi di profili di censura disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito’.
Il punto centrale, tuttavia, riguarda l’interpretazione dell’articolo 385, comma 4, del codice penale. Questa norma prevede un’attenuante per l’evaso che, entro tre mesi dal fatto, si costituisce. La difesa sosteneva che il rientro spontaneo nell’abitazione dovesse essere equiparato a una costituzione, con conseguente sconto di pena. La Cassazione ha respinto categoricamente questa tesi, affermando che la circostanza attenuante ‘non è configurabile rispetto alla condotta di mero rientro nell’abitazione’. La ratio della norma, infatti, è premiare una collaborazione attiva con l’autorità, non il semplice porre fine a una condotta illecita.
Le conclusioni: implicazioni pratiche
L’ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale preciso in materia di reato di evasione. Le conclusioni che possiamo trarre sono:
1. Limiti del Ricorso in Cassazione: Un ricorso non può limitarsi a criticare la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, ma deve individuare specifiche violazioni di legge. Riproporre le stesse argomentazioni già respinte, senza nuovi profili giuridici, porta all’inammissibilità.
2. Nessuna Attenuante per il Semplice Rientro: Chi evade dagli arresti domiciliari non può beneficiare dell’attenuante prevista dall’art. 385 c.p. semplicemente facendo ritorno a casa. Il rientro è visto come la cessazione dell’illecito, ma non come un comportamento meritevole di un trattamento sanzionatorio più favorevole.
3. Conseguenze Economiche: La dichiarazione di inammissibilità comporta non solo la definitività della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese e una sanzione pecuniaria, rendendo la scelta di impugnare una decisione un passo da ponderare con attenzione.
È possibile ottenere uno sconto di pena per il reato di evasione se si rientra spontaneamente a casa?
No. Secondo questa ordinanza, il ‘mero rientro nell’abitazione’ non è sufficiente per l’applicazione della circostanza attenuante prevista dall’art. 385, comma 4, del codice penale, la quale richiede un atto di costituzione volontaria.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché i motivi presentati erano considerati ‘mere doglianze in punto di fatto’ e riproducevano argomenti già correttamente respinti nei gradi di giudizio precedenti, senza sollevare valide questioni di diritto.
Quali sono le conseguenze di una dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
L’imputato viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende. Inoltre, la sentenza di condanna impugnata diventa definitiva.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 29881 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 29881 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 02/11/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso di COGNOME; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che i motivi di ricorso dedotti avverso la sentenza di condanna per il reato di evasione non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, perché costituiti da mere doglianze in punto di fatto e riproduttivi di profili di censur disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito sul diniego di applicazione della circostanza di cui all’art. 385, comma 4, cod. pen., che non è configurabile rispetto alla condotta di mero rientro nell’abitazione (cfr. Sez. 6, n. 4957 del 21/10/2014, dep. 2015, v. 262154);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del l’Il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 4 luglio 2024