LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Reato di evasione: il motivo non esclude il dolo

Un soggetto agli arresti domiciliari si allontana volontariamente per recarsi presso la stazione dei Carabinieri e chiedere di essere ricondotto in carcere. Il Tribunale di primo grado lo assolve, ritenendo che manchi l’intento di sottrarsi alla misura. La Corte di Cassazione, su ricorso del Pubblico Ministero, annulla la sentenza. La Suprema Corte ribadisce che per il reato di evasione è sufficiente il dolo generico, ovvero la coscienza e volontà di allontanarsi dal luogo di detenzione, essendo del tutto irrilevanti i motivi personali che hanno spinto all’azione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato di Evasione: Anche Chiedere di Tornare in Carcere è Reato

Un recente caso esaminato dalla Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale in materia di reato di evasione: la volontà di allontanarsi dagli arresti domiciliari integra il delitto, a prescindere dalla finalità dell’agente. Anche chi evade con il solo scopo di farsi arrestare e tornare in prigione commette il reato previsto dall’art. 385 del codice penale. La sentenza chiarisce la netta distinzione tra l’elemento soggettivo del reato, il dolo, e i motivi personali dell’imputato.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da una sentenza di assoluzione emessa dal Tribunale di Bari. Un individuo, sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, si allontanava dalla propria abitazione per recarsi spontaneamente presso la stazione dei Carabinieri, chiedendo di essere ricondotto in carcere. Il giudice di primo grado lo aveva assolto con la formula “perché il fatto non sussiste”, ritenendo che non fosse provato l’intento di eludere la misura detentiva e il controllo giudiziario. Secondo il Tribunale, l’unica finalità era quella di tornare in prigione, il che escludeva l’elemento soggettivo del reato.

Contro questa decisione, il Procuratore della Repubblica ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che il Tribunale avesse erroneamente interpretato la norma sul reato di evasione.

Il Dolo nel Reato di Evasione secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Pubblico Ministero, annullando la sentenza di assoluzione e rinviando il caso al Tribunale di Bari per un nuovo giudizio. Il Collegio ha ribadito un orientamento giurisprudenziale consolidato, fondamentale per comprendere la natura di questo delitto.

Le Motivazioni

La Corte ha chiarito che il reato di evasione è un reato a dolo generico. Ciò significa che per la sua configurazione è sufficiente la “consapevolezza e volontà di allontanarsi dal domicilio, risultando irrilevanti i motivi di tale condotta”. In altre parole, l’unica cosa che conta è che l’imputato abbia scelto volontariamente di violare la prescrizione di rimanere nel luogo di detenzione.

I giudici di legittimità hanno sottolineato come sia errato confondere l’elemento soggettivo del reato (il dolo) con i “motivi a delinquere”. Le ragioni personali, le finalità o le speranze che spingono una persona a commettere un reato non incidono sulla sua esistenza, ma possono al massimo essere valutate in sede di commisurazione della pena. Nel caso specifico, il desiderio di tornare in carcere è un motivo personale, che non fa venir meno la coscienza e la volontà di aver violato gli arresti domiciliari.

Inoltre, la Cassazione ha evidenziato che non si può rimettere all’arbitrio del soggetto la scelta della misura cautelare da scontare. Permettere a un detenuto agli arresti domiciliari di “scegliere” di tornare in carcere tramite un’evasione minerebbe l’autorità delle decisioni giudiziarie e il sistema sanzionatorio nel suo complesso.

Le Conclusioni

La sentenza in esame consolida un principio chiave: chiunque sia sottoposto a una misura restrittiva della libertà personale ha l’obbligo di rispettarla scrupolosamente. Qualsiasi allontanamento volontario e non autorizzato dal luogo di detenzione integra il reato di evasione. Le intenzioni ulteriori, come quella di costituirsi o di chiedere un aggravamento della misura, sono irrilevanti ai fini della sussistenza del reato. Questa decisione serve da monito sull’inderogabilità dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria e sulla netta distinzione tra il dolo richiesto dalla norma e le motivazioni soggettive dell’agente.

Commette il reato di evasione chi si allontana dagli arresti domiciliari solo per chiedere di essere ricondotto in carcere?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il reato si perfeziona con la semplice coscienza e volontà di allontanarsi dal luogo di detenzione, essendo del tutto irrilevante il motivo personale che ha spinto il soggetto a compiere tale azione.

Qual è l’elemento soggettivo necessario per configurare il reato di evasione?
È sufficiente il dolo generico. Questo consiste nella consapevolezza e volontà di violare la misura restrittiva, allontanandosi dal luogo stabilito dal giudice, senza che sia richiesta una finalità specifica come la fuga o la latitanza.

Perché il motivo dell’allontanamento è considerato irrilevante?
Perché la norma penale tutela l’autorità della decisione giudiziaria che impone la misura. Confondere il dolo con i motivi personali significherebbe permettere al detenuto di scegliere arbitrariamente la forma di restrizione della libertà a lui più gradita, cosa che è in contrasto con il sistema normativo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati