Reato di Evasione: la Cassazione Definisce i Confini dell’Abitazione
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di reato di evasione, fornendo chiarimenti cruciali sulla nozione di abitazione ai fini degli arresti domiciliari e sull’irrilevanza della durata dell’allontanamento. Questa decisione ribadisce il rigore con cui la legge interpreta le misure restrittive della libertà personale, offrendo spunti importanti per la difesa tecnica e per la comprensione dei limiti imposti al detenuto.
I Fatti del Caso: un Ricorso contro la Condanna per Evasione
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato contro la sentenza della Corte d’Appello di Lecce, che lo aveva condannato per il reato di evasione. Il ricorrente contestava la decisione, sostenendo che il suo allontanamento fosse stato di breve durata e che si trattasse di una mera violazione delle prescrizioni, non di una vera e propria evasione. Il ricorso, tuttavia, è stato giudicato generico e meramente reiterativo delle censure già formulate e respinte nel precedente grado di giudizio.
La Decisione della Suprema Corte: Inammissibilità del Ricorso
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Secondo i giudici, le argomentazioni presentate non erano idonee a confrontarsi con la motivazione, congrua ed esaustiva, della sentenza d’appello. La Corte ha colto l’occasione per ribadire alcuni principi fondamentali in materia di evasione, consolidando l’orientamento giurisprudenziale esistente.
Le Motivazioni: Irrilevanza della Durata e Nozione di Abitazione nel Reato di Evasione
La Corte ha smontato le tesi difensive punto per punto. In primo luogo, ha affermato che, ai fini della configurabilità del reato di evasione, sono del tutto irrilevanti sia i motivi che la durata dell’allontanamento. Qualsiasi violazione del vincolo di permanenza nel luogo di detenzione integra il reato, a prescindere dal tempo trascorso fuori.
In secondo luogo, e questo è il punto più significativo, la Cassazione ha fornito una definizione stringente di “abitazione”. Per abitazione deve intendersi esclusivamente “lo spazio fisico delimitato dall’unità abitativa in cui la persona conduce la propria vita domestica, con esclusione di ogni altra appartenenza”. Ciò significa che aree come cortili, garage, cantine o altre pertinenze, se non espressamente incluse nel provvedimento del giudice, sono considerate al di fuori del perimetro autorizzato.
Infine, la Corte ha respinto la richiesta di applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). La Corte d’Appello aveva correttamente escluso tale possibilità basandosi non sull’abitualità della condotta, ma sulla “gravità della condotta dell’imputato”, un criterio sufficiente a giustificare la punibilità del fatto.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia sul Reato di Evasione
La decisione della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. Conferma che le norme che regolano gli arresti domiciliari devono essere interpretate con estremo rigore. Per chi si trova in tale condizione, è fondamentale comprendere che qualsiasi uscita non autorizzata dallo spazio strettamente inteso come “unità abitativa” costituisce un reato di evasione grave, che può portare a una nuova condanna e a un aggravamento della propria posizione. Per gli avvocati, la sentenza sottolinea l’importanza di formulare ricorsi specifici e non generici, che si confrontino criticamente con le motivazioni della sentenza impugnata, pena l’immediata declaratoria di inammissibilità e la condanna al pagamento di spese e sanzioni pecuniarie.
Quanto tempo bisogna allontanarsi dal luogo di detenzione per commettere il reato di evasione?
Secondo la Corte, la durata dell’allontanamento è irrilevante. Qualsiasi violazione del vincolo di permanenza nel luogo designato per gli arresti domiciliari integra il reato, indipendentemente dal tempo trascorso all’esterno.
Cosa si intende per ‘abitazione’ ai fini degli arresti domiciliari?
Per abitazione si deve intendere lo spazio fisico strettamente delimitato dall’unità abitativa in cui la persona conduce la propria vita domestica. Sono escluse pertinenze come cortili, garage o cantine, a meno che non siano specificamente incluse nel provvedimento del giudice.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché ritenuto generico, manifestamente infondato e meramente reiterativo delle censure già formulate in appello, senza confrontarsi in modo critico con le motivazioni della sentenza impugnata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35885 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35885 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 22/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a BRINDISI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/06/2023 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminati i motivi di ricorso.
Rilevato che il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza dei motivi, meramente reiterativi delle censure formulate in appello, disattese con motivazione congrua ed esaustiva con la quale il ricorso non si confronta.
I Giudici di appello hanno, infatti, correttamente ritenuto irrilevanti ai fini de configurabilità del reato di evasione i motivi e la durata dell’allontanamento (Sez. 6, n. 28118 del 09/06/2015, Rapino, Rv. 263977) e la ravvisabilità nei fatti della mera violazione delle prescrizioni imposte al detenuto. In particolare, deve intendersi per abitazione lo spazio fisico delimitato dall’unità abitativa in cui persona conduce la propria vita domestica, con esclusione di ogni altra appartenenza (Sez. 2, n. 13825 del 17/02/2017, COGNOME, Rv. 269744 – 01).
Inoltre, a prescindere dalla abitualità della condotta, la Corte di appello, ai fin dell’esclusione del riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131bis cod. pen., ha fatto riferimento alla gravità della condotta dell’imputato.
Osservato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 22 aprile 2024
Il Consigi’ e tensore
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