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Reato di evasione: dolo e ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per il reato di evasione. La Corte ha stabilito che la contestazione generica della motivazione e del dolo non è sufficiente per l’accoglimento del ricorso, soprattutto quando la violazione volontaria della misura cautelare dimostra la consapevolezza dell’illecito. L’imputata è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato di Evasione: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile

Il reato di evasione rappresenta una delle violazioni più comuni nell’ambito delle misure cautelari personali. Recentemente, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 23496/2024, si è pronunciata su un caso emblematico, dichiarando inammissibile il ricorso di un’imputata e chiarendo i confini della valutazione del dolo e dei motivi di impugnazione. Questa decisione offre spunti importanti sulla rigidità con cui la giurisprudenza valuta i tentativi di contestare una condanna basati su argomentazioni generiche o meramente ripetitive.

I Fatti del Processo

La vicenda processuale ha origine da una sentenza della Corte d’Appello di Bologna, che aveva confermato la responsabilità penale di un’imputata per il reato di evasione. L’imputata, sottoposta a una misura cautelare, aveva violato le prescrizioni imposte. Contro tale decisione, la difesa ha proposto ricorso per cassazione, articolando la propria linea su due punti principali: la presunta genericità della motivazione della sentenza d’appello e l’assenza di dolo, ovvero l’intenzione consapevole di commettere il reato.

La Decisione della Corte di Cassazione sul reato di evasione

La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni della ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto che i motivi presentati fossero caratterizzati da “assoluta genericità e manifesta infondatezza”. In particolare, la Corte ha sottolineato come la contestazione relativa alla motivazione della sentenza impugnata fosse del tutto vaga e non idonea a scalfire la logicità del provvedimento di secondo grado. Questo approccio conferma un orientamento consolidato: non basta una critica generica per ottenere l’annullamento di una sentenza, ma è necessario individuare vizi specifici e argomentati.

Analisi del dolo nel reato di evasione

Il punto centrale della decisione riguarda la valutazione del dolo. La difesa sosteneva la mancanza di consapevolezza del disvalore della condotta da parte dell’imputata. La Cassazione ha definito tale motivo “reiterativo e meramente enunciativo”, poiché si limitava a riproporre una tesi già esaminata e respinta dalla Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno evidenziato come la sentenza di merito avesse già adeguatamente motivato sulla sussistenza dell’elemento psicologico. Era stato infatti valorizzato il fatto che la stessa giustificazione fornita dall’imputata, sebbene non provata, dimostrava la sua capacità (pur se scemata) di comprendere la realtà e il significato delle proprie azioni. La violazione della misura era stata, pertanto, “volontaria e intenzionale”.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato la declaratoria di inammissibilità sulla base di principi procedurali e sostanziali chiari. Dal punto di vista procedurale, un ricorso non può essere una semplice riproposizione delle medesime doglianze già vagliate nei gradi di merito, ma deve confrontarsi criticamente con la motivazione della sentenza impugnata. Dal punto di vista sostanziale, la volontarietà della violazione della misura cautelare è sufficiente a integrare il dolo nel reato di evasione. La Corte ha implicitamente ribadito che, salvo prove concrete di una totale incapacità di intendere e di volere, la scelta deliberata di allontanarsi dal luogo di detenzione domiciliare o di violare le prescrizioni costituisce prova dell’intento criminoso. L’inammissibilità del ricorso ha comportato la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla cassa delle ammende.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame consolida l’idea che l’accesso alla Corte di Cassazione richiede motivi di ricorso specifici e non meramente ripetitivi. Per chi è accusato del reato di evasione, questa decisione sottolinea l’importanza di fornire prove concrete e circostanziate per contestare l’elemento soggettivo del dolo. La semplice affermazione di non aver compreso la gravità della propria condotta non è sufficiente, specialmente se le circostanze del fatto dimostrano una scelta consapevole e volontaria di violare la legge.

Quando un ricorso per il reato di evasione può essere dichiarato inammissibile?
Secondo l’ordinanza, un ricorso è inammissibile se i motivi sono generici, manifestamente infondati o semplicemente ripetitivi di argomenti già valutati, come la contestazione della sussistenza del dolo quando la violazione della misura cautelare è stata volontaria e intenzionale.

Come viene valutato il dolo (l’intenzione) nel reato di evasione?
Il dolo viene considerato sussistente quando l’imputato viola volontariamente e intenzionalmente la misura cautelare. Anche una capacità di comprensione diminuita non esclude il dolo se l’imputato è comunque in grado di comprendere il significato delle proprie azioni, come dimostrato nel caso di specie dalla giustificazione fornita.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma pecuniaria in favore della cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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