Reato di Evasione: Per la Cassazione sono Irrilevanti Durata e Motivi
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema del reato di evasione, fornendo chiarimenti cruciali sui suoi elementi costitutivi. La pronuncia conferma un principio consolidato: qualsiasi allontanamento non autorizzato dal luogo di detenzione domiciliare integra il reato, indipendentemente dalla durata dell’assenza o dalle ragioni che hanno spinto il soggetto ad allontanarsi. Questa decisione sottolinea il rigore con cui la legge tutela l’esecuzione delle misure restrittive della libertà personale.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo condannato dalla Corte di Appello di Milano per il reato di evasione. L’imputato, sottoposto alla misura della detenzione domiciliare, si era allontanato dalla propria abitazione senza aver ricevuto alcuna autorizzazione da parte dell’autorità giudiziaria. Contro la sentenza di condanna, l’interessato ha proposto ricorso per cassazione, cercando di contestare la valutazione delle prove e la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, ovvero il dolo.
La Decisione della Corte di Cassazione sul Reato di Evasione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno stabilito che le censure mosse dal ricorrente non potevano trovare accoglimento, in quanto miravano a una rivalutazione del materiale probatorio, un’attività che rientra nella competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e che è preclusa in sede di Cassazione.
La Corte ha inoltre condannato il ricorrente, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della cassa delle ammende, una conseguenza diretta della dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
Le Motivazioni
Nella sua motivazione, la Suprema Corte ha evidenziato come la decisione della Corte di Appello di Milano fosse congrua, adeguata e in linea con l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità. I giudici hanno ribadito un principio fondamentale in materia di reato di evasione: per la sua configurazione è sufficiente qualsiasi allontanamento dal luogo degli arresti domiciliari avvenuto senza la prescritta autorizzazione.
La Corte ha specificato che non assumono alcun rilievo, ai fini dell’esclusione del reato, elementi quali:
* La durata, anche se breve, dell’allontanamento.
* La distanza percorsa rispetto al luogo di detenzione.
* I motivi, personali o di altra natura, che hanno indotto il soggetto a violare la misura.
Questi fattori non sono idonei a escludere l’antigiuridicità della condotta, la quale consiste nel sottrarsi volontariamente al controllo dell’autorità sullo stato custodiale.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce con fermezza la natura del reato di evasione come reato di pericolo, volto a proteggere l’autorità delle decisioni giudiziarie che impongono restrizioni alla libertà personale. La decisione ha importanti implicazioni pratiche: chi si trova in regime di detenzione domiciliare deve essere consapevole che qualsiasi uscita non autorizzata, per quanto breve o giustificata da ragioni personali, integra una violazione penalmente rilevante. La giurisprudenza non ammette eccezioni basate sulla durata o sulla motivazione dell’assenza, consolidando un approccio rigoroso a tutela dell’effettività delle misure cautelari e delle pene.
Cosa costituisce il reato di evasione dagli arresti domiciliari secondo la Cassazione?
Qualsiasi allontanamento, anche minimo, dal luogo di detenzione domiciliare senza una specifica autorizzazione dell’autorità giudiziaria integra il reato di evasione.
La durata dell’assenza o la distanza percorsa sono rilevanti per configurare il reato di evasione?
No, secondo la giurisprudenza consolidata richiamata dalla Corte, la durata dell’allontanamento, la distanza percorsa e i motivi personali sono irrilevanti ai fini della configurazione del reato.
Quali sono le conseguenze se la Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, il cui importo è determinato equitativamente dalla Corte.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19657 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19657 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 12/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/07/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
ritenuto che le deduzioni sviluppate nel ricorso concernendo l’apprezzamento del materiale probatorio, investono profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza della Corte di appello di Milano, che ha fornito una congrua e adeguata motivazione in merito all’accertamento del reato e del dolo, non facendo altro che uniformarsi al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui integra il reato di evasione qualsiasi allontanamento dal luogo della detenzione domiciliare senza autorizzazione, non assumendo alcun rilievo la sua durata, la distanza dello spostamento, ovvero i motivi che inducono il soggetto ad eludere la vigilanza sullo stato custodiale;
ritenuto che da quanto precede deriva la inammissibilità del ricorso dalla quale consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 12 aprile 2024
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Il Consigliere estensore
Il Presidente