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Reato di evasione: assoluzione per mancanza di dolo

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero contro una sentenza di assoluzione per il reato di evasione. L’imputato, ai domiciliari, si era allontanato per ricevere una notifica da un’autorità, agendo in errore e senza l’intento di sottrarsi al controllo. La Corte sottolinea che l’assenza dell’elemento psicologico (dolo) è decisiva per escludere il reato di evasione, e il ricorso del PM, non contestando questo punto, risulta generico.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato di Evasione: Quando l’Errore Esclude la Colpevolezza

Il reato di evasione, previsto dall’art. 385 del Codice Penale, punisce chi si sottrae a una misura restrittiva della libertà personale. Tuttavia, la semplice violazione fisica della misura non è sufficiente per una condanna. È necessario che l’azione sia supportata da un preciso elemento psicologico: il dolo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito questo principio fondamentale, confermando l’assoluzione di un soggetto che si era allontanato dai domiciliari indotto in errore da una richiesta ufficiale.

Il Caso in Analisi: Uscire di Casa per una Notifica

I fatti riguardano un individuo sottoposto alla misura della detenzione domiciliare, assolto in primo grado dal Tribunale di Pescara dall’accusa di evasione. La motivazione dell’assoluzione, con la formula “perché il fatto non sussiste”, risiedeva in una circostanza peculiare: l’imputato si era allontanato dalla propria abitazione per recarsi presso un ufficio pubblico a seguito di una richiesta di notifica di un atto che lo riguardava (un avviso di conclusione delle indagini per un altro procedimento).

Il Pubblico Ministero, non condividendo la decisione, ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che l’allontanamento era illegittimo in quanto privo di una specifica autorizzazione del magistrato di sorveglianza, unico organo competente a concederla.

Il Dolo come Elemento Essenziale del Reato di Evasione

La difesa dell’imputato e la decisione del giudice di primo grado si sono concentrate sull’assenza dell’elemento soggettivo del reato. Il reato di evasione richiede il “dolo generico”, ossia la coscienza e la volontà di sottrarsi deliberatamente al controllo delle forze dell’ordine e alla misura imposta.

Nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto che l’imputato fosse stato indotto in errore. La richiesta di recarsi presso un ufficio per ricevere un atto ufficiale lo aveva portato a credere, in buona fede, di dover adempiere a un obbligo, non di violare la detenzione domiciliare. Mancava, quindi, la volontà di trasgredire e di eludere la vigilanza.

Le motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso del Pubblico Ministero inammissibile per genericità. Secondo gli Ermellini, il PM ha commesso un errore cruciale: ha basato la sua impugnazione esclusivamente sulla violazione formale della norma (l’assenza di autorizzazione), senza confrontarsi con la ratio decidendi della sentenza di primo grado.

Il cuore della decisione del Tribunale era, infatti, la valutazione dell’elemento psicologico. Il giudice di merito aveva accertato, sulla base degli atti, che l’imputato non aveva agito con l’intenzione di evadere, ma in risposta a una convocazione che lo aveva tratto in inganno. Il ricorso del PM, ignorando completamente questa motivazione centrale e non offrendo argomenti per smentirla, non ha assolto al suo onere di critica puntuale e specifica del provvedimento impugnato, risultando così privo dei requisiti per essere esaminato.

Le conclusioni e le implicazioni pratiche

Questa sentenza ribadisce un principio cardine del diritto penale: nullum crimen sine culpa (nessun reato senza colpevolezza). Per configurare il reato di evasione, non è sufficiente la prova del mero allontanamento fisico dal luogo di detenzione. L’accusa deve dimostrare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che il soggetto ha agito con la precisa volontà di sottrarsi alla misura restrittiva.

Di conseguenza, situazioni in cui l’allontanamento è causato da errore, da una situazione di necessità o, come in questo caso, dalla legittima convinzione di obbedire a un ordine dell’autorità, possono portare a escludere il dolo e, quindi, a un’assoluzione. La decisione sottolinea l’importanza per l’accusa di non limitarsi a contestare gli aspetti formali, ma di affrontare e smontare ogni elemento della motivazione di una sentenza assolutoria, specialmente quando questa si fonda sull’analisi della sfera psicologica dell’imputato.

Cosa è necessario per essere condannati per il reato di evasione?
Secondo la sentenza, non basta il semplice allontanamento dal luogo di detenzione. È indispensabile che l’accusa provi la presenza del ‘dolo generico’, ovvero la coscienza e la volontà dell’individuo di sottrarsi al controllo delle forze dell’ordine.

Perché l’imputato in questo caso è stato assolto?
L’imputato è stato assolto perché il giudice ha ritenuto assente l’elemento psicologico del reato. Egli si era allontanato perché indotto in errore da una richiesta di recarsi presso un ufficio pubblico per una notifica, mancando quindi l’intenzione di eludere la misura restrittiva.

Per quale motivo la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché generico. Il Pubblico Ministero ha contestato solo l’aspetto formale della mancanza di autorizzazione all’allontanamento, senza affrontare la vera ragione della decisione (ratio decidendi) del primo giudice, che si basava sull’assenza di dolo da parte dell’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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