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Reato di evasione: aree condominiali e dolo escluso?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un soggetto agli arresti domiciliari, accusato del reato di evasione per essere stato trovato nelle aree comuni del suo condominio. La Corte ha stabilito che la sola presenza fuori dall’appartamento è sufficiente per configurare il reato e ha respinto la tesi difensiva basata su un presunto malfunzionamento del portone, in quanto circostanza già smentita nei gradi di merito.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato di Evasione: Uscire dall’Appartamento e Trovarsi nelle Aree Condominiali è Reato?

L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un importante chiarimento sui confini del reato di evasione per chi si trova agli arresti domiciliari. La questione centrale è se la semplice presenza nelle aree comuni di un condominio, al di fuori della propria abitazione, sia sufficiente a integrare il delitto. La Suprema Corte, con una decisione netta, conferma un orientamento rigoroso, sottolineando come il luogo di detenzione domiciliare sia circoscritto all’abitazione privata e non si estenda alle pertinenze condominiali.

I Fatti del Caso: La Difesa dell’Imputato

Il caso riguarda un individuo sottoposto alla misura degli arresti domiciliari che ha presentato ricorso in Cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello che lo condannava per il reato di evasione. La sua difesa si basava su due argomenti principali:

1. Travisamento della prova: Il ricorrente sosteneva che i giudici di merito avessero male interpretato le prove, basando la condanna su una porzione limitata di esse.
2. Assenza di dolo: L’imputato contestava l’elemento soggettivo del reato, cioè la volontà di evadere, adducendo come giustificazione un presunto malfunzionamento del sistema di apertura del portone condominiale che gli avrebbe impedito di rientrare immediatamente in casa.

In sostanza, la difesa mirava a dimostrare che la sua presenza fuori dall’appartamento non era intenzionale, ma frutto di circostanze accidentali e che, in ogni caso, le prove a suo carico erano state valutate erroneamente.

La Decisione della Corte sul Reato di Evasione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione, sebbene di natura procedurale, si fonda su precise valutazioni di merito riguardo agli argomenti difensivi. La conseguenza diretta dell’inammissibilità, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: Perché il Ricorso è Inammissibile

La Suprema Corte ha smontato le argomentazioni difensive con motivazioni chiare e precise. In primo luogo, ha ritenuto che la censura relativa al travisamento probatorio fosse mal posta e, soprattutto, non decisiva. Secondo i giudici, anche se si fosse verificato un errore di valutazione, il fatto centrale rimaneva incontestato: la presenza del ricorrente nelle aree condominiali, al di fuori del suo appartamento. Questo elemento, da solo, è stato considerato sufficiente per integrare il reato di evasione, rendendo irrilevanti altre sottigliezze probatorie.

In secondo luogo, la Corte ha respinto l’argomento relativo alla mancanza di dolo. La giustificazione del portone condominiale malfunzionante era stata già esaminata e smentita dai giudici di merito. La Cassazione ha ribadito il suo ruolo di giudice di legittimità, che non può riesaminare le circostanze di fatto già accertate nei precedenti gradi di giudizio, ma solo verificare la corretta applicazione della legge. Poiché la scusante era stata giudicata infondata, veniva a mancare ogni base per contestare l’intenzionalità della condotta.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale in materia di arresti domiciliari: il concetto di ‘domicilio’ è interpretato in modo restrittivo e coincide con lo spazio privato dell’abitazione. Le aree comuni di un condominio (come androni, scale, cortili) sono considerate ‘luogo esterno’ rispetto al perimetro di detenzione. Pertanto, qualsiasi allontanamento non autorizzato dall’appartamento, anche se per rimanere all’interno del palazzo, configura il reato di evasione. La decisione evidenzia inoltre l’onere probatorio che grava su chi adduce giustificazioni per la propria condotta: le scusanti devono essere credibili e supportate da prove concrete, poiché non basta una semplice affermazione per escludere il dolo.

Trovarsi nelle aree comuni del condominio, come le scale o l’androne, integra il reato di evasione dagli arresti domiciliari?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, anche la mera presenza nelle aree condominiali al di fuori del proprio appartamento è sufficiente a configurare il reato di evasione, in quanto ci si allontana dal luogo di restrizione.

È possibile giustificare l’evasione sostenendo un malfunzionamento, come quello del portone, che ha impedito il rientro?
No, se tale circostanza di fatto è stata già smentita e valutata come non veritiera dai giudici di merito. La Cassazione non riesamina i fatti, ma valuta solo la corretta applicazione della legge, e una giustificazione già ritenuta infondata non può essere usata per escludere il dolo.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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