Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 35856 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 35856 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 03/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a Guardavalle il DATA_NASCITA
avverso la sentenza dei 23/01/2024 della Corte di appello di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione; lette le conclusioni scritte depositate il 24/06/2024 dall’AVV_NOTAIO, che si è riportato ai motivi di ricorso, chiedendo, in subordine,
l’annullamento senza rinvio per prescrizione della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Catanzaro, in sede di giudizio di rinvio, in riforma iiioyentenza emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Catanzaro in data 24 marzo 2015, che condannava
COGNOME per il reato di estorsione aggravata, ribadendo tale qualificazione giuridica, ha ridetermiNOME la pena inflitta all’imputato in anni due, mesi due e giorni venti di reclusione, con revoca della pena accessoria applicata.
2.Deve premettersi che:
-con sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Catanzaro in data 24 marzo 2015, COGNOME NOME veniva condanNOME per il delitto di estorsione, limitatamente all’assunzione di due lavoratrici presso un centro turistico, destinate, per effetto delle minacce rivolte alle persone offese, allo svolgimento di mansioni diverse da quelle stabilite in sede di assunzione dal datore di lavoro. A seguito delle impugnazioni presentate, sia dalla difesa dell’imputato, che dal Pubblico ministero, la Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza del 22 settembre 2017, riqualificava il fatto contestato all’COGNOME in violenza privata, rideterminando la pena da infliggere e concedendo i benefici di legge;
-proposto ricorso per cassazione dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO e dalla difesa, questa Corte, con sentenza n. 45456 del 28 giugno 2018, ha rigettato il secondo, accogliendo, invece, il primo sotto il profilo della qualificazione giuridica del fatto contestato, ritenendo che la sentenza avesse considerato, erroneamente, solo il momento genetico di costituzione del rapporto e non anche quello esecutivo;
-la Corte d’appello di Catanzaro, decidendo in sede di rinvio, ha confermato il giudizio di responsabilità nei confronti dell’imputato per il delitto di estorsione originariamente contestato, riformando la sentenza di primo grado quanto al relativo trattamento sanzioNOMErio;
-avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME, deducendo l’omessa valutazione delle dichiarazioni rese dalle persone offese, sui fatti oggetto di contestazione, nel parallelo giudizio svoltosi nelle forme ordinarie; da quelle dichiarazioni era risultato che l’accordo inziale concluso dall’COGNOME con i vertici della struttura turistica prevedeva la destinazione delle lavoratrici da assumere come addette ai servizi di pulizia, e non per l’impiego presso le cucine, ragione che aveva determiNOME la reazione dell’COGNOME; era evidente la decisività del profilo, difettando nell’ipotesi di assunzione concordata per determinate mansioni, poi non assegnate, il profilo del profitto per la parte che rivendicava l’esecuzione del rapporto secondo le originarie mansioni;
– la Corte di cassazione ha ritenuto fondato il ricorso proposto nell’interesse dell’imputato, in relazione alla seconda parte della censura relativa all’omessa valutazione delle prove testimoniali raccolte nel processo svoltosi separatamente con rito ordinario, nel corso del quale erano state sentite le persone offese. Nella prospettiva del ricorrente, le deposizioni rese dalle persone offese (i responsabili
t
del villaggio, ove erano state assunte le donne, e che avevano avuto i rapporti con il ricorrente, nella conclusione delle assunzioni e nelle successive vicende della destinazione delle lavoratrici a talune mansioni) fornivano elementi di novità in grado di chiarire sia il contenuto dell’accordo inziale e delle mansioni per cui era avvenuta l’assunzione, sia la causale delle rimostranze del ricorrente alla diversa destinazione delle lavoratrici, oltre che la dimostrazione dell’utilità per il datore di lavoro delle prestazioni svolte ove fosse stato rispettato l’originario accordo. La Corte territoriale aveva erroneamente ritenuto che quelle prove fossero irrilevanti, in quanto assunte in un diverso giudizio e non avendo formato oggetto di una esplicita richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, mentre dalla sentenza della Corte d’appello, poi annullata, risultavano la richiesta di rinnovazione istruttoria della difesa di COGNOME e la valutazione da parte della Corte delle “dichiarazioni”: tale valutazione si spiegava, logicamente, trattandosi di giudizio abbreviato, solo con l’avvenuta acquisizione;
-con la sentenza impugnata, infine, la Corte d’appello di Catanzaro in sede di giudizio di rinvio, valutate, come richiesto, le prove testimoniali raccolte nel processo svoltosi separatamente con rito ordinario, nel corso del quale erano state sentite le persone offese, ha confermato la condanna per il reato di estorsione aggravata e ridetermiNOME la pena inflitta all’imputato in anni due, mesi due e giorni venti di reclusione, con revoca della pena accessoria applicata.
3.Avverso la sentenza ricorre per cassazione COGNOME, deducendo la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione reato di estorsione.
La Corte d’appello avrebbe ritenuto sussistente il reato di estorsione senza la preventiva verifica se le diverse mansioni assegnate alle lavoratrici fossero necessarie o meno, sicché non si sarebbe adeguata al principio di diritto devoluto, non individuando il danno ingiusto che avrebbero subito le persone offese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati.
2.La Corte di appello ha, effettivamente, omesso di valutare le dichiarazioni della parte offesa, la quale ha spiegato che:
all’epoca dei fatti, risultavano quattro posti liberi per procedere ad assunzione: serviva una coppia di lavoranti per la pulizia delle camere, una
persona per la gestione del bar della spiaggia e una lavapiatti. La mattina del colloquio erano presenti tre donne: oltre alle due raccomandate da COGNOME, vi era una straniera, alla quale aveva deciso di assegnare il posto di lavapiatti.
le altre due lavoratrici, seppure con diverse mansioni, avevano regolarmente lavorato e percepito lo stipendio dovuto;
vi era grande bisogno di personale (circa ottanta persone a stagione) e, per assumere, si rivolgeva a tutte le autorità locali;
in particolare, vi era la necessità di assumere almeno tre o quattro cameriere.
3.Rileva il Collegio che la motivazione della sentenza impugnata appare illogica nella parte in cui non spiega come sia conciliabile, da un lato, ritenere la destinazione delle neoassunte ad altro servizio, rispetto a quello che aveva costituito originaria scelta, come dettato dalla necessità di impresa, e, dall’altro, sostenere che ciò era stato determiNOME unicamente dall’intervento dell’imputato di chiaro stampo miNOMErio.
In particolare, dalle dichiarazioni della persona offesa, riportate in sentenza, si evince con chiarezza anche la necessità per il datore di lavoro di destinare delle lavoratrici alle mansioni alle quali erano, poi, state assegnate le due donne.
3.1. In sostanza, la Corte di appello non si è confrontata con le dichiarazioni della persona offesa, COGNOME, il quale, in sede dibattimentale (la difesa ha allegato i verbali delle sue dichiarazioni), ha puntualmente riferito che, comunque, vi era la necessità di assumere almeno tre o quattro cameriere.
Non si configura, quindi, alcun danno ingiusto, posto che lo spostamento delle due signore raccomandate non risulta avere determiNOME alcun pregiudizio per il villaggio turistico.
3.2. In assenza di tale elemento costitutivo del reato di estorsione, ed essendo, invece, provata la minaccia proferita da COGNOME al fine di destinare due lavoratrici assunte presso il centro turistico allo svolgimento di mansioni diverse da quelle stabilite in sede di assunzione, risulta pacificamente configurabile il reato di violenza privata.
Occorre evidenziare che la sentenza impugnata richiama puntualmente le conversazioni nel corso delle quali l’imputato:
offendeva e minacciava COGNOME NOME di conseguenze lesive a seguito della decisione di quest’ultimo di adibire le donne raccomandate da COGNOME al servizio in cucina, anziché alla pulizia delle stanze;
proferiva parole di rabbia e risentimento nei confronti di NOME NOME, intimandogli di «sistemare la situazione»;
era pregato da NOME di accettare le scuse di NOME, il quale si sarebbe altrimenti dimesso dall’incarico.
È di tutta evidenza come la minaccia dell’imputato, connessa al demansionamento delle sue “raccomandate”, integra il delitto di violenza privata, posto che, come conseguenza dell’intervento di COGNOME, le dipendenti erano state addette ad altro servizio.
Tale reato risulta, però, oramai prescritto, risalendo i fatti al giugno 2010 ed essendo abbondantemente decorsi sette anni e mezzo dalla commissione del fatto.
Il reato contestato, deve, conseguentemente, essere riqualificato in violenza privata e, essendo decorso il termine di cui all’art. 157 cod. pen., la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il reato è estinto per prescrizione.
P.Q.M.
Riqualificato il reato ai sensi dell’art. 610 cod. pen., annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso il 3 luglio 2024
liere estensore
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Il Presidente