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Reato di disobbedienza: quando il ritardo è reato

Un caporal-maggiore, assolto in appello per la particolare tenuità del fatto, ha ricorso in Cassazione sostenendo l’insussistenza del reato di disobbedienza. La Corte Suprema ha rigettato il ricorso, chiarendo che per integrare il reato di disobbedienza non è necessario un esplicito rifiuto, ma è sufficiente anche un semplice ritardo nell’eseguire l’ordine. La sentenza sottolinea che qualsiasi manifestazione di volontà del superiore che non lascia margini di discrezionalità al subordinato costituisce un ordine valido, e la consapevole decisione di non ottemperarvi prontamente configura il dolo richiesto dalla norma.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato di Disobbedienza Militare: Anche un Semplice Ritardo può Essere Reato

Nel contesto militare, la disciplina e il rispetto della catena di comando sono pilastri fondamentali. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 7312/2024, è intervenuta per delineare con precisione i confini del reato di disobbedienza, stabilendo che anche un semplice ritardo nell’esecuzione di un ordine, accompagnato da un atteggiamento di insofferenza, può integrare la fattispecie penale.

I Fatti del Caso: Un Ordine e una Reazione Indolente

Il caso ha origine da una vicenda apparentemente banale. Un caporal-maggiore dell’Esercito riceve dal suo superiore, un maresciallo capo, l’ordine di spostarsi in un’altra camerata dell’alloggio di servizio. Invece di eseguire prontamente la disposizione, il militare manifesta disappunto e insofferenza, ritardando l’esecuzione. Pur iniziando a preparare la valigia, il suo comportamento è descritto come un’esecuzione “indolente e non pronta”.

La Corte militare di appello aveva assolto il militare, non perché il fatto non costituisse reato, ma per la sua “particolare tenuità”, data l’episodicità della trasgressione e il suo scarso disvalore sociale.

La Tesi Difensiva: Un Ordine Provvisorio?

Nonostante l’assoluzione, il militare ha proposto ricorso in Cassazione tramite il suo difensore. La tesi difensiva sosteneva che l’ordine non fosse definitivo ma “interlocutorio”, in quanto il superiore si era riservato di tornare sull’argomento più tardi. Di conseguenza, il militare riteneva di avere più tempo per ottemperare e che il suo comportamento non fosse una vera e propria disobbedienza, ma un semplice atteggiamento di disappunto, sanzionabile al massimo in via disciplinare.

La Decisione sul Reato di Disobbedienza della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, definendolo infondato e confermando i principi di diritto applicati dalla corte di merito. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per ribadire alcuni concetti chiave in materia di reato di disobbedienza.

Cos’è un “Ordine” per la Legge Militare?

La Corte ha chiarito che un ordine, per essere tale, non necessita di forme solenni o di un tono perentorio. È sufficiente “qualunque manifestazione di volontà” da parte del superiore che, nell’ambito della disciplina o del servizio, non lasci alcun margine di libertà o discrezionalità al comportamento del subordinato. Il militare è vincolato al dovere di obbedienza e non può eluderlo.

Il Ritardo Equivale al Rifiuto

Il punto centrale della sentenza riguarda la condotta tipica del reato. L’art. 173 del codice penale militare di pace punisce non solo il “rifiuto” esplicito o l'”omissione”, ma anche il semplice “ritardo” nell’obbedienza. Il comportamento del caporal-maggiore, caratterizzato da un’esecuzione lenta e riluttante, è stato correttamente inquadrato come un ritardo rilevante penalmente.

Le Motivazioni della Corte

La Cassazione ha spiegato che il dolo richiesto per questo reato è quello “generico”. Consiste nella volontà di rifiutare di obbedire, con la piena consapevolezza del carattere ribelle della propria condotta e dell’attinenza dell’ordine al servizio o alla disciplina. Nel caso di specie, la Corte militare di appello aveva correttamente accertato che l’ordine era stato perfezionato, compreso dall’imputato e che quest’ultimo aveva consapevolmente deciso di non ottemperarvi con la dovuta prontezza. Questo atteggiamento, secondo la Suprema Corte, ha un rilievo penale e non meramente disciplinare.

Conclusioni

La sentenza n. 7312/2024 rafforza un principio cardine del diritto penale militare: la prontezza nell’esecuzione degli ordini è un dovere non derogabile. Qualsiasi ritardo consapevole e volontario, anche se non accompagnato da un rifiuto verbale, è sufficiente a configurare il grave reato di disobbedienza. Questa decisione serve da monito sul fatto che atteggiamenti di insofferenza e disappunto, se si traducono in una mancata o ritardata esecuzione degli ordini, superano la soglia della sanzione disciplinare per entrare a pieno titolo nell’ambito della responsabilità penale.

Un ordine militare deve avere una forma specifica o un tono perentorio per essere considerato valido?
No. Secondo la Corte di Cassazione, è sufficiente qualsiasi manifestazione di volontà del superiore che non lasci margini di libertà al subordinato nell’ambito del servizio o della disciplina.

Ritardare l’esecuzione di un ordine è sufficiente per commettere il reato di disobbedienza?
Sì. La sentenza chiarisce che l’azione tipica del reato di disobbedienza, previsto dall’art. 173 c.p.m.p., consiste nel rifiuto, nell’omissione o nel ritardo di obbedienza. Pertanto, anche il semplice ritardo consapevole integra la fattispecie penale.

Cosa si intende per dolo nel reato di disobbedienza?
Il dolo richiesto è quello generico. Consiste nella volontà di non obbedire, unita alla piena consapevolezza della natura dell’ordine (attinente alla disciplina o al servizio) e del carattere di ribellione funzionale della propria condotta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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