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Reato di calunnia: quando non c’è concorso di reati

Una donna, condannata per il reato di calunnia per aver falsamente accusato un agente di averla colpita, ha presentato ricorso in Cassazione. La Corte ha confermato la condanna per calunnia ma ha annullato parzialmente la sentenza, escludendo il concorso di reati. I giudici hanno chiarito che se l’accusa è diretta a un solo individuo, il reato non si estende agli altri agenti presenti, anche se partecipavano alla stessa operazione.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato di Calunnia: La Cassazione Chiarisce i Limiti del Concorso di Reati

Il reato di calunnia, disciplinato dall’articolo 368 del Codice Penale, rappresenta una grave lesione all’amministrazione della giustizia e all’onore della persona ingiustamente accusata. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto un importante chiarimento sui limiti di applicazione del concorso di reati in questo contesto, specificando che l’accusa univocamente rivolta a un singolo soggetto non può automaticamente estendersi a tutti i presenti durante l’operazione. Analizziamo insieme la vicenda e le conclusioni dei giudici.

I Fatti del Caso: Un’Accusa Durante una Perquisizione

Il caso trae origine dalla condanna di una donna per il reato di calunnia. La vicenda giudiziaria inizia quando l’imputata, durante una perquisizione personale, accusa falsamente uno degli agenti operanti di averla colpita con un pugno. Sulla base di questa denuncia, viene condannata sia in primo grado dal Tribunale di Alessandria, sia in secondo grado dalla Corte di appello di Torino. La condanna riguardava non solo la calunnia, ma anche l’applicazione dell’articolo 81 del Codice Penale, relativo al concorso formale di reati, come se l’accusa si estendesse a tutti gli agenti coinvolti nell’operazione.

I Motivi del Ricorso e la Difesa dell’Imputata

L’imputata, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:
1. Condizioni Psicofisiche: La difesa sosteneva che i giudici di merito non avessero adeguatamente considerato le precarie condizioni psicofisiche della donna al momento dei fatti, che avrebbero potuto alterare la sua percezione della realtà.
2. Errata Applicazione del Concorso di Reati: Il secondo motivo, di natura più tecnica, contestava l’applicazione del concorso formale. La donna aveva accusato esplicitamente un solo agente e non vi era prova di un coinvolgimento, neppure indiretto, degli altri. Pertanto, estendere la calunnia a tutto il gruppo era, secondo la difesa, una mera congettura.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Reato di Calunnia

La Corte Suprema ha esaminato i motivi del ricorso, giungendo a una decisione che distingue nettamente i due profili.

L’inammissibilità del Motivo sulle Condizioni Psicofisiche

Il primo motivo è stato dichiarato inammissibile. La Cassazione ha ribadito il suo ruolo di giudice di legittimità, che non può riesaminare le valutazioni di fatto già operate dai giudici di merito. Questi ultimi avevano già escluso, con motivazione logica e coerente, che lo stato psicologico della donna potesse aver influito sulla sua condotta, ritenuta invece lucida e strutturata: prima minacciosa e poi concretizzatasi nella falsa denuncia.

L’accoglimento del Motivo sul Concorso di Reati

Il secondo motivo è stato invece ritenuto fondato. I giudici supremi hanno sottolineato come il reato di calunnia richieda un elemento soggettivo specifico: la volontà cosciente di accusare qualcuno che si sa essere innocente. Nel caso di specie, l’accusa mossa dalla donna era stata ‘univoca’ e diretta ‘nei confronti di un unico operante’. Di conseguenza, l’estensione della responsabilità a tutti gli agenti presenti è stata giudicata errata, in quanto basata su valutazioni postume (come l’iscrizione della notizia di reato) e sulla generica ‘condivisione dell’operazione’, elementi non sufficienti a provare la volontà di calunniare anche gli altri.

Le Motivazioni: L’Elemento Soggettivo nella Calunnia

La motivazione della Corte si concentra sulla centralità dell’elemento soggettivo nel reato di calunnia. Per configurare questo delitto, non basta una falsa accusa, ma è necessario che l’accusatore agisca con la piena consapevolezza dell’innocenza dell’accusato. Estendere l’accusa ad altre persone non nominate esplicitamente richiede la prova che l’accusatore avesse l’intenzione di coinvolgere anche loro. La semplice presenza di altri agenti durante un’operazione non è sufficiente a dimostrare tale volontà. La Corte ha quindi annullato la sentenza limitatamente all’applicazione dell’art. 81 c.p., rinviando il caso a un’altra sezione della Corte d’Appello di Torino per una nuova valutazione su questo specifico punto.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza riafferma un principio fondamentale del diritto penale: la responsabilità è personale e deve essere provata in ogni suo elemento, sia oggettivo che soggettivo. Per il reato di calunnia, non si può presumere la volontà di accusare una pluralità di persone se l’accusa è formulata in modo specifico e singolare. La decisione ha importanti implicazioni pratiche, poiché impone ai giudici di merito di valutare con rigore l’esatta portata delle false accuse, evitando estensioni automatiche basate sul contesto operativo in cui i fatti si sono svolti. La condanna per calunnia verso il singolo agente accusato resta ferma, ma la pena dovrà essere ricalcolata dalla Corte d’Appello senza l’aumento previsto per il concorso di reati.

Se accuso falsamente un solo agente di polizia durante un’operazione di gruppo, commetto il reato di calunnia verso tutti gli agenti presenti?
No, la Cassazione ha stabilito che se l’accusa è univocamente rivolta a un singolo operante, il reato di calunnia si configura solo nei confronti di quella persona, non potendosi estendere agli altri solo perché partecipavano all’operazione.

Lo stato psicofisico alterato di una persona può sempre giustificare una falsa denuncia?
No. In questo caso, i giudici hanno ritenuto che la condotta dell’imputata fosse strutturata e deliberata, escludendo che le sue condizioni psicologiche potessero incidere sulla sua responsabilità penale. Tale valutazione, essendo una questione di fatto, non è stata riesaminata dalla Corte di Cassazione.

Cosa significa ‘annullamento con rinvio’ limitatamente a un punto specifico?
Significa che la Corte di Cassazione ha cancellato solo una parte della sentenza precedente (in questo caso, l’applicazione del concorso di reati) e ha ordinato a un’altra sezione della Corte d’Appello di riesaminare e decidere nuovamente solo su quel punto, mentre il resto della condanna per calunnia rimane valido.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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