Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 38768 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 38768 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a San Benedetto del Tronto il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/01/2024 della Corte di appello di Ancona visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni scritte dell’AVV_NOTAIO, che ha insistito nei motivi di ricorso;
lette la memoria della parte civile, COGNOME NOME, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso con allegata nota spese.
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RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte d’Appello di Ancona ha confermato la sentenza del 13 dicembre 2021 del Tribunale di Ascoli Piceno, che aveva condannato COGNOME NOME per il reato di cui all’art. 368 cod. pen.
Si contesta all’imputato di avere incolpato – con querela presentata presso la Procura della Repubblica di Ascoli Piceno – COGNOME NOME e COGNOME NOME del reato di truffa, in ipotesi consistente nell’avere proposto in vendita alla società gestita da COGNOME un immobile soggetto a vincolo di inalienabilità per trattenere indebitamente quanto versato da COGNOME a titolo di caparra, a fronte della formulata proposta irrevocabile di acquisto da parte del medesimo, sapendo i COGNOME innocenti per essere già stata deferita detta questione in arbitrato, con esito favorevole per COGNOME, e decisa con conferma irrevocabile della Corte di appello. Era, cioè, esplicitamente escluso che sull’immobile gravasse alcun vincolo di inalienabilità, non essendo tale l’esistenza di un fondo patrimoniale.
Il fatto che la querela sia intervenuta il 30 maggio 2017, quando oramai la questione civilistica, relativa a vicenda del 2009, risultava decisa con sentenza irrevocabile, è stato ritenuto indicativo del dolo di falsa incolpazione in capo all’imputato.
Avverso la sentenza ricorre per cassazione COGNOME, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo i motivi di annullamento di seguito sintetizzati ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione, anche nella forma del travisamento della prova, con riferimento alla testimonianza di COGNOME NOME e all’esame dell’imputato, in relazione alla valutazione delle emergenze istruttorie.
Dalla lettura della documentazione allegata, emergerebbe pacificamente il vincolo di inalienabilità del bene, il quale faceva parte di un fondo patrimoniale e non poteva essere promesso in vendita (si veda l’accettazione della proposta irrevocabile in data 28 maggio 2009) dalle parti civili senza l’assenso della moglie di COGNOME NOME, Bulgari NOME. I fatti narrati nell’esposto del 30 maggio 2017 sono veri, come è vera tutta la documentazione. Errerebbe, quindi, la Corte di appello nel sostenere che NOME sapeva che il bene era alienabile perché la alienabilità «va assunta come postulato», stante l’irrevocabilità del giudizio arbitrale che dava ragione ai COGNOME.
Il giudizio civile non preclude l’accertamento e il conseguente giudizio penale.
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L’imputato ha chiarito in dibattimento che, insospettito dal fatto che, secondo controparte, l’atto di vendita doveva essere eseguito in via perentoria domenica 31 maggio, quando la conservatoria era chiusa, decise di non stipulare l’atto definitivo. Interveniva, quindi, atto di inadempimento contrattuale con il quale i COGNOME revocavano ogni accettazione in precedenza formulata e provvedevano all’incasso della caparra di euro 150.000,00, invece che restituire gli assegni. Sull’effetto della revoca dell’accettazione e delle sue conseguenze non si era formato il giudicato civile, in quanto non era stata formulata domanda sul punto e, pertanto, il lodo non poteva averlo valutato. In particolare, il lodo arbitrale, essendo un giudizio di natura civilistica, è un giudizio di fatto vincolato alla domanda attorea che non comprendeva anche la stipula o meno del contratto. Inoltre, il giudizio di appello civile avverso il lodo arbitrale non dà luogo a un tipico giudizio di appello che abilita il giudice a sindacare, nel merito, la decisione degli arbitri, ma si limita ad accertare se sussista taluna delle nullità tassativamente previste nell’art. 829 cod. proc. civ.
La Corte di appello, non avendo ravvisato vizi di nullità del lodo, non è entrata nel merito della causa. L’imputato, in dibattimento, ha dichiarato che l’AVV_NOTAIO difensore aveva fatto una richiesta diversa rispetto a quella concordata – di chiedere la restituzione dei 150.000,00 euro – e aveva chiesto la risoluzione della proposta dell’8 aprile 2009 per tardiva accettazione da parte dei COGNOME. La domanda posta agli arbitri e sulla quale gli stessi si pronunciavano non affrontava l’argomento mai trattato in sede civile relativo alla revoca della accettazione e ai comportamenti successivi.
I giudici di merito sarebbero incorsi, quindi, nel travisamento di non riconoscere che il bene era inalienabile per i motivi sopra espressi e che, pertanto, quanto riferito da COGNOME nel proprio esposto non era altro che il racconto di un fatto vero esattamente come accaduto.
L’imputato non formulava un’ipotesi accusatoria, si limitava a prospettare i fatti e a chiedere al Procuratore della Repubblica di valutare se emergessero profili di responsabilità. Quest’ultimo iscriveva il procedimento a modello 21 per truffa a carico dei COGNOME e successivamente chiedeva l’archiviazione per tardività della querela e prescrizione.
2.2. Violazione di legge, anche processuale, e vizio di motivazione, essendosi la Corte d’appello limitata a confermare la sentenza di primo grado con pochissimi e apodittici assunti.
2.3. Violazione di legge, anche processuale, e vizio di motivazione in relazione alla inconfigurabilità del reato di calunnia per mancanza della condizione di procedibilità, stante la tardività della querela. I fatti risalgono al 2009 e la querela è stata presentata otto anni dopo.
2.4. Violazione di legge, anche processuale, e vizio di motivazione in relazione alla inconfigurabilità del reato di calunnia, avendo COGNOME depositato un semplice esposto, nella convinzione che, qualora l’autorità giudiziaria avesse ritenuto configurabili fattispecie di reato, certamente avrebbe instaurato un procedimento penale.
2.5. Omessa motivazione in merito alle doglianze esposte al punto 3) del gravame, in relazione alla assenza di dolo o dolo eventuale. La difesa evidenziava che l’imputato poteva, al limite, avere avuto una rappresentazione falsata, ma non dei fatti, quanto piuttosto degli intenti e, conseguentemente, a leggere senza malafede alcuni passaggi della condotta degli accusati.
2.6. Violazione di legge in relazione all’art. 179 cod. proc. pen. per omessa notifica all’imputato, assente nel corso dell’udienza preliminare, del decreto che dispone il giudizio. La PEC al difensore domiciliatario non è sufficiente a sanare la nullità.
2.7. Vizio di motivazione in relazione alle statuizioni civili e alla relativa provvisionale.
In primo grado era stabilita una provvisionale di 5.000,00 euro, per ciascuna parte civile, e i giudici di appello confermavano la statuizione. In entrambi i casi l’entità della provvisionale appare assolutamente arbitraria e priva di qualsivoglia apparato motivazionale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
2.Nei primi cinque motivi – che possono essere trattati congiuntamente, avendo tutti riguardo alla configurabilità del reato di calunnia – il, ricorrente prospetta una diversa valutazione dei fatti, riproponendo le medesime questioni di merito già affrontate in entrambi gradi di giudizio, con motivazione congrua e priva di illogicità manifeste.
Come è noto, in caso di doppia conforme le motivazioni dei giudici di primo e secondo grado devono essere lette congiuntamente, senza che sia necessario ripetere i medesimi concetti che, già espressi dal giudice di primo grado, il giudice di appello condivide (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218 01).
2.1. Nel caso di specie, il reato contestato è stato ritenuto sussistente e, in particolare, il dolo del reato di calunnia è stato ritenuto provato dal fatto che il ricorrente aveva presentato la denuncia dopo che l’arbitrato – che gli aveva già
dato torto – era stato definito e, quindi, ben consapevole di accusare del reato di truffa, in realtà insussistente, le parti civili, sapendole innocenti.
I giudici di merito hanno evidenziato puntualmente, che il lodo arbitrale, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, trattava esplicitamente anche la questione della causa di inalienabilità, sostenendo che la sussistenza del fondo patrimoniale stipulato dai coniugi COGNOME NOME e COGNOME NOME, gravante su una quota dell’immobile oggetto di compravendita, non prevedeva alcun vincolo di inalienabilità come risultava dell’atto di scioglimento del fondo; era quindi sufficiente, al fine di perfezionare il negozio di cessione, che, alla stipula del rogito, partecipasse anche la COGNOME. Attesa la irrevocabilità della sentenza della Corte d’appello di Ancona del 2016, confermativa del lodo arbitrale, con motivazione ineccepibile i giudici hanno ritenuto che COGNOME fosse consapevole della legittimità della condotta contrattuale serbata da COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Ciò è sufficiente per integrare gli estremi del reato contestato e a nulla rileva che la qualificazione del fatto spetti al Pubblico ministero perché già il contenuto della denuncia era volto ad accusare scientemente di un reato degli innocenti, nonostante quel reato fosse già stato accertato come insussistente.
2.2. GLYPH Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, nell’esposto si manifesta, peraltro, espressamente la volontà di sporgere querela.
2.3. GLYPH Quanto alla asserita tardiva presentazione della querela, occorre osservare che configura il delitto di calunnia la falsa incolpazione di reati procedibili a querela e questa sia stata presentata tardivamente, qualora per l’accertamento dell’insussistenza della causa di procedibilità si renda, comunque, necessario l’avvio del procedimento penale e lo svolgimento di accertamenti che richiedano apposite indagini (Sez. 6, n. 22309 del 04/05/2018, Arnaboldi, Rv. 273100).
2.4. GLYPH In relazione alla dedotta prescrizione del reato ascritto, mette conto rilevare che il delitto di calunnia è realizzato anche quando il reato attribuito all’innocente è estinto per prescrizione al momento della denuncia, in quanto l’accertamento dell’estinzione del reato presuppone in ogni caso la verifica della configurabilità dell’ipotesi criminosa e l’analisi dell’individuazione della decorrenza del termine prescrizionale, elementi che richiedono un accertamento già idoneo a realizzare lo sviamento dell’amministrazione della giustizia poiché si sviluppa su circostanze non veritiere (Sez. 2, n. 14761 del 19/12/2017 -dep. 30/03/2018-, Lusi, Rv. 272753 – 01).
2.5. GLYPH Infine, per quanto concerne la dedotta necessità di una formale denuncia, deve osservarsi che in tema di calunnia, non è necessaria per la configurabilità del reato una denuncia in senso formale, essendo sufficiente che
taluno, rivolgendosi in qualsiasi forma a soggetto obbligato a riferire all’autorità giudiziaria, esponga fatti concretanti gli estremi di un reato e li addebiti a persona di cui conosce l’innocenza (Sez. 6, n. 12076 del 19/02/2020, COGNOME Miceli, Rv. 278724 – 01).
Né compete al querelante dare la qualificazione giuridica del fatto, dovendo egli limitarsi ad esporlo nella sua materialità, atteso che il diritto di querela concerne unicamente il fatto delittuoso, quale enunciato nella sua essenzialità (Sez. 5, n. 27964 del 01/07/2020, L., Rv. 279531 – 01).
Il sesto motivo è manifestamente infondato poiché, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, il rinvio a giudizio non è stato notificato oralmente in udienza preliminare all’imputato assente a mezzo del difensore di fiducia presente, bensì si è provveduto, a mezzo EMAIL, alla notifica al difensore quale domiciliatario dell’imputato.
Il settimo motivo, avente ad oggetto la provvisionale, è manifestamente infondato.
La determinazione della somma assegnata a titolo di provvisionale è, infatti, riservata insindacabilmente al giudice di merito, che non ha l’obbligo di espressa motivazione nel caso in cui l’importo rientri nell’ambito del danno prevedibile (Sez. 2, n. 904 del 05/12/2023 -dep. 10/01/2024-, Puzzo, Rv. 285723 – 01).
4.Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali. In ragione delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che si ravvisano ragioni di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Il ricorrente deve, inoltre essere condannato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile COGNOME NOME, che liquida in complessivi euro 3686,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile COGNOME NOME, che liquida in complessivi euro 3686,00, oltre accessori di legge.
Il Consigli e estensore Il Così deciso il 16 settembre 2024