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Reato di calunnia: prescrizione e risarcimento civile

Un imprenditore, condannato per il reato di calunnia per aver falsamente denunciato lo smarrimento di assegni, vede il reato estinto per prescrizione dalla Cassazione. Tuttavia, viene confermato il suo obbligo di risarcimento danni alla parte civile.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato di calunnia: prescrizione e risarcimento civile

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12142 del 2025, affronta un caso complesso di reato di calunnia, offrendo importanti chiarimenti sul calcolo della prescrizione e sulla sorte del risarcimento del danno quando il reato si estingue. La vicenda, che vede un imprenditore accusare falsamente un creditore, si conclude con l’annullamento della condanna penale ma con la conferma delle statuizioni civili a favore della vittima.

I fatti del processo

La controversia ha origine nel gennaio 2015, quando un imprenditore denuncia lo smarrimento di alcuni assegni bancari che aveva in realtà consegnato a un suo creditore come pagamento. Con questa falsa denuncia, accusava implicitamente il creditore di ricettazione, pur essendo consapevole che quest’ultimo era il legittimo possessore dei titoli.

Il Tribunale di primo grado, nel marzo 2023, riconosceva l’imprenditore colpevole del reato di calunnia, condannandolo a un anno e quattro mesi di reclusione (pena sospesa) e al pagamento delle spese processuali. La sentenza veniva integralmente confermata dalla Corte di Appello nel febbraio 2024.

Il ricorso in Cassazione per il reato di calunnia

L’imputato, tramite il suo difensore, presentava ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:

1. L’estinzione del reato per prescrizione: La difesa sosteneva che il tempo massimo per perseguire il reato fosse già trascorso prima della sentenza d’appello. Il reato, commesso il 27 gennaio 2015, avrebbe avuto un termine di prescrizione massimo di sette anni e sei mesi, a cui aggiungere alcuni periodi di sospensione. Secondo i calcoli della difesa, il reato si sarebbe estinto a maggio 2023.
2. Vizio di motivazione della sentenza: Il secondo motivo criticava la sentenza d’appello per la sua presunta contraddittorietà e illogicità, sostenendo che i giudici avessero dato credito in modo ingiustificato alla versione della persona offesa, senza considerare adeguatamente le testimonianze a favore dell’imputato.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha analizzato separatamente i due motivi di ricorso, giungendo a conclusioni opposte.

L’accoglimento del motivo sulla prescrizione

I giudici di legittimità hanno ritenuto fondato il primo motivo. Hanno ricalcolato i termini, confermando che il tempo massimo di prescrizione (sette anni e sei mesi dal fatto), aumentato di duecento ottanta giorni per le sospensioni processuali, era effettivamente scaduto il 3 maggio 2023. Questa data è successiva alla sentenza di primo grado ma antecedente a quella della Corte d’Appello. Di conseguenza, il reato di calunnia doveva considerarsi estinto.

L’inammissibilità del secondo motivo

La Corte ha invece dichiarato inammissibile il secondo motivo. È stato ribadito un principio fondamentale: la Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti o valutare nuovamente le prove, compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Il suo ruolo è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. In questo caso, la Corte ha stabilito che la valutazione delle testimonianze fatta dai giudici d’appello non era né illogica né manifestamente contraddittoria. Essi avevano ritenuto credibili le dichiarazioni della persona offesa, supportate da prove documentali, e avevano motivato adeguatamente perché le testimonianze dei familiari dell’imputato fossero considerate poco rilevanti.

Le conclusioni: Annullamento penale ma conferma del risarcimento

Alla luce di queste considerazioni, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata senza rinvio, poiché il reato era estinto per prescrizione. Questo significa che la condanna penale viene cancellata. Tuttavia, la Corte ha contemporaneamente confermato le statuizioni civili. Tale decisione implica che, nonostante l’estinzione del reato, l’imputato rimane obbligato a risarcire i danni subiti dalla persona offesa, come già stabilito nei precedenti gradi di giudizio. La sentenza sottolinea un principio cruciale: l’estinzione del reato per il decorso del tempo non cancella necessariamente le conseguenze civili dell’illecito commesso.

Quando si estingue per prescrizione il reato di calunnia?
Il reato di calunnia, secondo la sentenza, si estingue in un termine massimo di sette anni e sei mesi dalla data di commissione del fatto. A questo periodo base devono essere aggiunti eventuali periodi di sospensione del processo, come quelli causati da richieste di rinvio della difesa.

Se un reato viene dichiarato estinto per prescrizione, la vittima perde il diritto al risarcimento?
No, non necessariamente. Come dimostra questa sentenza, la Corte di Cassazione può annullare la condanna penale per prescrizione ma confermare le statuizioni civili. Ciò significa che l’autore del reato non subirà la pena, ma sarà comunque tenuto a risarcire i danni cagionati alla vittima.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove e la credibilità dei testimoni?
No. La sentenza ribadisce che la Corte di Cassazione ha il compito di giudicare la legittimità, cioè la corretta applicazione delle norme di legge e la logicità della motivazione, non di riesaminare nel merito i fatti del processo. La valutazione delle prove e dei testimoni è di competenza esclusiva dei giudici di primo e secondo grado.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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