Reato di Calunnia: Non Serve una Denuncia Formale per la Condanna
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso di reato di calunnia, fornendo importanti chiarimenti sui requisiti necessari per la sua configurabilità. La decisione sottolinea che, per accusare ingiustamente qualcuno, non è indispensabile presentare una denuncia formale, e ribadisce i limiti del giudizio di legittimità, che non può sostituirsi alla valutazione dei fatti compiuta dai giudici di merito. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia.
Il Caso: Dalla Condanna in Appello al Ricorso in Cassazione
Una donna veniva condannata dalla Corte d’Appello per il reato di calunnia, previsto dall’art. 368 del codice penale. L’accusa si riferiva a due episodi, avvenuti nel giugno e nell’agosto del 2017, in cui l’imputata aveva falsamente incolpato un’altra persona di aver commesso un reato, pur sapendola innocente.
Contro la sentenza di condanna, l’imputata proponeva ricorso per Cassazione, affidandosi a diversi motivi. Sostanzialmente, la difesa lamentava una valutazione errata delle prove da parte dei giudici di merito e contestava la sussistenza stessa del reato, in particolare per l’assenza di una ‘denuncia’ formalmente presentata dall’imputata.
I Motivi del Ricorso e la Valutazione del reato di calunnia
I motivi del ricorso erano principalmente generici e riproponevano censure già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. La ricorrente, in sostanza, chiedeva alla Suprema Corte una nuova e diversa lettura delle prove, come le testimonianze e l’esame della persona offesa.
Uno dei punti centrali sollevati dalla difesa riguardava la presunta violazione di legge per l’assenza di una ‘denuncia’ formale. Secondo la ricorrente, senza questo atto specifico, il reato di calunnia non poteva considerarsi integrato.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna dell’imputata. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi di grande importanza.
Limiti al Giudizio di Legittimità
In primo luogo, i giudici hanno ribadito un principio consolidato: il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Questo significa che la Corte non ha il potere di riesaminare i fatti del processo o di sostituire la propria valutazione delle prove a quella dei giudici dei gradi precedenti. Il suo compito è verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza impugnata sia logica e priva di contraddizioni. Poiché la Corte d’Appello aveva motivato in modo ‘logico, coerente e puntuale’, la Cassazione non poteva intervenire.
La Configurazione del Reato di Calunnia
In secondo luogo, e qui sta il cuore della pronuncia, la Corte ha smontato l’argomento relativo alla necessità di una denuncia formale. Citando un precedente orientamento giurisprudenziale, ha chiarito che ‘in tema di calunnia, non è necessaria per la configurabilità del reato una denuncia in senso formale’.
Le Motivazioni della Sentenza
Le motivazioni della Corte Suprema sono chiare e dirette. I motivi del ricorso sono stati ritenuti ‘generici e riproduttivi’ di argomenti già vagliati e disattesi dalla Corte d’Appello con motivazione logica e corretta. La Corte territoriale, secondo la Cassazione, aveva correttamente valutato tutte le risultanze processuali, incluse le testimonianze e l’esame della persona offesa, per fondare il proprio convincimento sulla responsabilità dell’imputata.
Per quanto riguarda l’assenza di una denuncia formale, la Corte ha qualificato il motivo come ‘manifestamente infondato’. Ha specificato che è sufficiente che un soggetto, ‘rivolgendosi in qualsiasi forma a soggetto obbligato a riferire all’autorità giudiziaria, esponga fatti concretanti gli estremi di un reato e li addebiti a persona di cui conosce l’innocenza’. Questa precisazione amplia la portata della norma, includendo qualsiasi tipo di comunicazione idonea a innescare un procedimento penale a carico di un innocente.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni pratiche. La prima è un monito per chi intende ricorrere in Cassazione: non è possibile utilizzare questo grado di giudizio come un ‘terzo appello’ per ridiscutere i fatti. Il ricorso deve basarsi su vizi di legge o di motivazione concreti e specifici. La seconda, di portata più generale, è un chiarimento fondamentale sul reato di calunnia: l’accusa falsa non deve necessariamente essere veicolata tramite un atto formale di denuncia o querela. Qualsiasi segnalazione a un’autorità (come le forze dell’ordine) che ha l’obbligo di trasmetterla alla Procura della Repubblica è sufficiente a far scattare il reato, se fatta con la consapevolezza dell’innocenza dell’accusato.
Per commettere il reato di calunnia è necessario presentare una denuncia scritta e formale?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che per la configurabilità del reato non è necessaria una denuncia in senso formale. È sufficiente esporre in qualsiasi forma, a un’autorità che ha l’obbligo di riferire alla giustizia, fatti che costituiscono un reato, addebitandoli a una persona che si sa essere innocente.
La Corte di Cassazione può riesaminare i fatti di un processo e le testimonianze?
No, esula dai poteri della Corte di Cassazione operare una diversa lettura degli elementi di fatto. La valutazione delle prove e delle risultanze processuali è riservata in via esclusiva al giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Cassazione valuta solo la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. La persona che ha presentato il ricorso (il ricorrente) viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26477 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26477 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TERAMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/11/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; dato avviso alle parti; esaminati i motivi del ricorso di COGNOME NOME e la memoria depositata dal difensore dell’imputata; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
OSSERVA
Ritenuto che i motivi dedotti avverso la sentenza di condanna per i reati di cui all’art. 368 cod. pen. non risultano ammissibili in sede di legittimità, perché generici e riproduttivi di censure adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici nella sentenza impugnata che, con motivazione non illogica, ha ritenuto sussistenti gli elementi, oggettivi e soggettivi, dei reati contestati. Come è noto, in tema di giudizio di cassazione, esula dai poteri della Corte quello di operare una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Sez. U, n. 6402 del 2/07/1997, COGNOME, Rv. 207944; conforme, ex pluribus, Sez. 1, n. 45331 del 17/02/2023; Rezzuto, Rv. 285504 – 01);
Considerato, invero, che la Corte territoriale ha motivato in maniera logica, coerente e puntuale sia con riferimento alla responsabilità per il reato in esame, in riferimento ad entrambi gli episodi contestati alla ricorrente nel giugno e agosto del 2017 – valorizzando le complessive risultanze processuali, ovvero l’escussione dei vari testimoni nonché l’esame della persona offesa (pagg. 4-5-6 della sentenza impugnata) – sia in merito all’elemento soggettivo che ha, con argomentazione adeguata, ritenuto pienamente integrato (pag. 6 della sentenza impugnata);
Rilevato che la denunciata violazione di legge in ordine all’assenza di una “denuncia” formulata personalmente dall’imputata, oggetto del primo motivo, è manifestamente infondata in quanto «in tema di calunnia, non è necessaria per la configurabilità del reato una denuncia in senso formale, essendo sufficiente che taluno, rivolgendosi in qualsiasi forma a soggetto obbligato a riferire all’autorità giudiziaria, esponga fatti concretanti gli estremi di un reato e li addebiti a persona di cui conosce l’innocenza» (Sez. 6, n. 12076 del 19/02/2020, COGNOME, Rv. 278724 – 01).
Considerato che all’inammissibilità dell’impugnazione segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che si ritiene conforme a giustizia liquidare come in dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento dell spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore del cassa delle ammende.
Il C9nsigliere rel. tor
Così deciso il 28 giugno 2024
Il Presldente