Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 16651 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 16651 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 25/02/2025
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Napoli, con sentenza del 27 giugno 2024, ha confermato la condanna di NOME COGNOME alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione nonché al risarcimento del danno in favore della parte civile in relazione al reato di calunnia (art. 368 cod. pen.), commesso in Avellino il 12 marzo 2017, perché incolpava, pur sapendolo innocente, NOME COGNOME, curatore del
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fallimento RAGIONE_SOCIALE, di aver attuato nei confronti di Somma una tentata estorsione finalizzata ad ottenere l’adempimento di un’obbligazione non dovuta, ossia l’accollo del debito di parte della somma di un debito gravante su altri tre soggetti (NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME), mediante la falsa rappresentazione della realtà al giudice delegato per indurlo ad emettere un provvedimento sfavorevole nei confronti del Somma.
2.Con i motivi di ricorso, di seguito sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att cod. proc. pen. nei limiti strettamente indispensabili ai fini della decisione, i ricorrente denuncia:
2.1. violazione di legge (art. 157 cod. pen.) per intervenuta prescrizione del reato anche tenuto conto della sospensione in primo grado per mesi quattro e giorni sedici. La prescrizione è intervenuta all’indomani del deposito della sentenza di appello;
2.2. violazione di legge (art. 368 cod. pen.) e cumulativi vizi di motivazione in relazione alla sussistenza dell’elemento materiale e psicologico del reato, frutto di mere congetture e della lettura distorta del contenuto della email inviata dal Somma il 4 maggio 2016 al curatore fallimentare. I giudici del merito hanno dato una lettura contra reum di tale missiva, lettura frutto di valutazioni soggettive, avulse dal contesto della vicenda che si risolveva in una mera questione civile. Anche l’elemento psicologico del reato è stato ricostruito erroneamente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
2.E’ generico e manifestamente infondato il secondo motivo di ricorso che concerne la configurabilità del reato di calunnia.
Le sentenze di merito hanno ritenuto sussistente il reato di calunnia alla stregua del contenuto dell'”esposto” inviato dall’imputato, avvocato, che aveva accusato il curatore del fallimento RAGIONE_SOCIALE, del tentativo di estorsione in suo danno esponendo fatti parziali in merito alla sottostante vicenda debitoria. Il ricorrente, infatti, con una mail del 4 maggio 2016 aveva avanzato egli stesso una proposta transattiva per chiudere la propria situazione (che lo vedeva esposto per euro seimila, verso il fallimento) e quella dei soggetti da lui patrocinati.
La Corte di appello, in particolare, ha valorizzato il contenuto della mail nella quale l’avvocato COGNOME aveva confermato al curatore fallimentare la propria disponibilità a chiudere l’intera vicenda RAGIONE_SOCIALE unitamente alla sua
posizione “con un versamento omnia comprensivo di euro 20.000 da corrispondersi in tempi strettissimi”, una proposta che il curatore fallimentare aveva istruito rappresentandone la convenienza per il fallimento, stante la solvibilità dell’avvocato COGNOME e le difficoltà di conseguire altro dai debitori, e la parzialità del resoconto della vicenda compiuta dall’imputato nell’esposto a sua firma contro il curatore fallimentare.
I giudici di merito hanno evidenziato che la mail inviata dall’imputato, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, trattava espressamente il tema dell’esborso al quale l’avvocato COGNOME si sarebbe esposto: ciò è sufficiente per integrare gli estremi del reato contestato e a nulla rileva che la denuncia proposta dal ricorrente consistesse in un esposto, tenuto conto, altresì, che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, nell’esposto si manifestava espressamente la volontà di sporgere querela.
Il ricorrente, con il motivo di ricorso, prospetta una diversa valutazione dei fatti, riproponendo le medesime questioni di merito già affrontate in entrambi gradi di giudizio e risolte con motivazione congrua e priva di illogicità manifeste.
Come è noto, in caso di doppia conforme le motivazioni dei giudici di primo e secondo grado devono essere lette congiuntamente, senza che sia necessario ripetere i medesimi concetti che, già espressi dal giudice di primo grado, il giudice di appello condivide (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218).
Nel caso di specie, il reato contestato è stato ritenuto sussistente e, in particolare, il dolo del reato di calunnia è stato ritenuto provato dal fatto che il ricorrente aveva denunciato fatti assolutamente parziali, circostanza che ne denotava la consapevolezza di accusare del reato di tentata estorsione, in realtà insussistente, il curatore fallimentare e con la consapevolezza dell’innocenza dell’incolpato.
Le sentenze di merito, nella ricostruzione dell’elemento psicologico del reato, non sono fondate su mere congetture o intuizioni soggettive, ma hanno fatto coerente applicazione dei principi di questa Corte secondo i quali la prova dell’elemento soggettivo del reato di calunnia può desumersi dalle concrete circostanze e modalità esecutive dell’azione criminosa, attraverso le quali, con processo logico-deduttivo, è possibile risalire alla sfera intellettiva e volitiva de soggetto, in modo da evidenziarne la cosciente volontà di un’accusa mendace nell’ambito di una piena rappresentazione del fatto attribuito all’incolpato (Sez. 6, n. 10289 del 22/01/2014, COGNOME, Rv. 259336).
3.In relazione alla dedotta prescrizione del reato mette conto rilevare che il computo della prescrizione svolto con il ricorso – secondo cui il reato si sarebbe
prescritto nelle more del deposito della sentenza impugnata – e le coordinate in diritto che ne sono a fondamento sono manifestamente infondati.
Il processo in esame subiva un primo rinvio, con sospensione del termine di prescrizione, all’udienza del 31 marzo 2020, fissata in periodo di sospensione RAGIONE_SOCIALE (sospensione per giorni 64) e un secondo rinvio disposto all’udienza del 10 giugno 2022 a seguito di rinvio richiesto dal difensore (rinvio all’udienza del 27 settembre 2022, per complessivi mesi tre e giorni diciassette).
Le difese dife e di parte civileVrel ricorrente hanno offerto una diversa ricostruzione delle ragioni del rinvio del 22 febbraio 2024 dell’udienza in appello, sulla base di prospettazioni che, tuttavia, si rivelano manifestamente infondate alla stregua del contenuto del verbale di udienza del 22 febbraio 2024 e delle coordinate che, in diritto, regolano la materia.
Dal verbale risulta, infatti, che il rinvio veniva chiesto dal difensore di parte civile ed è verbalizzato, altresì, che “il difensore dell’imputato si associa alla richiesta del difensore di parte civile e chiede breve rinvio con sospensione dei termini di prescrizione”.
Veniva, pertanto, disposto rinvio all’udienza del 27 giugno 2024.
I termini della verbalizzazione (non impugnata di falso) denotano che vi è stata una esplicita adesione del difensore dell’imputato alla richiesta di rinvio formulata dal difensore di parte civile, il che comporta la sospensione del corso della prescrizione per l’intero periodo di slittamento dell’udienza stabilito dal giudice (cfr. Sez. 5, n. 1392 del 15/12/2022, Feligioni, Rv. 284045). Consegue l’ulteriore sospensione del corso della prescrizione per mesi quattro e giorni cinque/.
Rileva il Collegio che al termine ordinario di sospensione (anni sette e mesi sei, con decorrenza dal 12 marzo 2017) vanno pertanto aggiunti complessivi mesi nove e giorni ventisei di sospensione con conseguente decorrenza del termine di prescrizione massima all’8 luglio 2025, e, quindi, in data successiva sia alla sentenza impugnata che all’odierna decisione.
4.Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che, in ragione della natura delle questioni dedotte, si stima equo quantificare nella misura indicata in dispositivo nonché la condanna alla rifusione delle spese in favore della parte civile che si liquidano, tenuto conto dei criteri di cui al d.m. 55 del 2014 e successive modifiche, in euro 3.686,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle
ammende. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente grado dalla parte civile Rocco
NOMECOGNOME che liquida in complessivi euro 3.686,00, oltre accessori di legge.
Così deciso il 25 febbraio 2025
La Consigliera relatrice
Il Presidente