Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 1649 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 1649 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nata a Milano il 06/10/1966
avverso la sentenza del 18/09/2023 della Corte di appello di Brescia visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il rigetto del ricorso; udito l’avvocato NOME COGNOME difensore dell’imputata, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 13/01/2023 il Tribunale di Bergamo ha condannato NOME COGNOME per il reato di calunnia per avere accusato, sapendolo innocente, l’amministratore di condominio NOME COGNOME di aver violato il suo domicilio, introducendosi nel sottotetto di sua esclusiva proprietà.
La Corte di appello di Brescia ha confermato tale sentenza, concedendo all’imputata del beneficio della non menzione della condanna.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputata denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce il vizio di violazione di legge in relazione agli artt. 43 e 368 cod. pen., per insussistenza della consapevolezza dell’innocenza dell’amministratore di condominio.
Deduce il difensore che, al momento della presentazione della querela per violazione di domicilio, non era intervenuto alcun accertamento giudiziale in ordine alla proprietà del sottotetto sovrastante l’appartamento della ricorrente, la quale era convinta trattarsi di una parte dell’immobile di sua proprietà, come espressamente sostenuto in sede di assemblea condominiale. Tale convinzione era corroborata dal contratto di affitto da lei stipulato, prima dell’acquisto, contratt che comprendeva anche il sottotetto. Inoltre, si sottolinea come la consulenza tecnica della difesa, in riferimento al documento catastale citato nel contratto di acquisto dell’immobile, indichi che la superficie del sottotetto è “graffata” a quella del piano sottostante, cosa che deve portare ragionevolmente a ritenere che su di esse insista lo stesso diritto reale. Da ultimo, la buona fede della ricorrente è ricavabile dalla richiesta di espletamento di CTU per l’accertamento della titolarità del sottotetto nell’ambito del procedimento civile instaurato dal condominio. Né il fatto che tale giudizio l’abbia vista soccombente può giustificare una responsabilità per il delitto di calunnia, in quanto tale procedimento si è concluso dopo la proposizione della querela.
2.2 Con il secondo motivo di ricorso si deduce il vizio di difetto di motivazione in riferimento alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, in quanto la sentenza omette di argomentare sugli specifici motivi dedotti con l’atto di appello a sostegno della buonafede della ricorrente.
2.3 Con il terzo motivo di ricorso si deduce la manifesta illogicità della motivazione in relazione all’elemento soggettivo, in quanto la sentenza si basa su elementi in sé non dirimenti se non addirittura inverosimili e riporta in maniera incompleta l’esito della consulenza tecnica, non precisando che nel documento catastale originario, cui il rogito rimanda, il sottotetto risulta “graffato” all’ul piano.
2.4 Con il quarto motivo di ricorso si deduce il vizio di difetto di motivazione con riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Dalla sentenza impugnata emerge che, con querela sporta nel dicembre 2017, l’imputata ha denunciato per violazione di domicilio l’amministratore di condominio, il quale aveva fatto sfondare il muro da lei realizzato nel sottotetto di sua proprietà esclusiva, facendo introdurre in tale area degli operai.
La difesa contesta la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, sotto plurimi profili.
Sul punto va rilevato che è necessario, perché si realizzi il dolo di calunnia, che colui che falsamente accusa un’altra persona di un reato abbia la certezza dell’innocenza dell’incolpato, in quanto l’erronea convinzione della colpevolezza della persona accusata esclude l’elemento soggettivo, da ritenere integrato solo nel caso in cui sussista una esatta corrispondenza tra il momento rappresentativo (ossia la sicura conoscenza della non colpevolezza dell’accusato) ed il momento volitivo (ossia la intenzionalità dell’incolpazione).
Si è, inoltre, precisato che la piena consapevolezza, da parte del denunciante, dell’innocenza della persona accusata è esclusa quando la supposta illiceità del fatto denunciato sia ragionevolmente fondata su elementi oggettivi, connotati da un riconoscibile margine di serietà e tali da ingenerare concretamente la presenza di condivisibili dubbi da parte di una persona di normale cultura e capacità di discernimento, che si trovi nella medesima situazione di conoscenza (Sez. 6, n. 29117 del 15/06/2012, dep. 18/07/2012, Rv. 253254).
La sentenza impugnata rileva che è pacifico che il sottotetto non fosse di proprietà esclusiva dell’imputata, in quanto il condominio, a seguito di azione civile, è stato reintegrato nel suo possesso. Tale accertamento, tuttavia, è successivo alla presentazione della querela e non è rilevante ai fini della prova del dolo di calunnia, la cui sussistenza viene dedotta, in primo luogo, dal fatto che nel sottotetto erano collocati alcuni impianti condominiali, dove il personale esterno faceva regolare accesso per la manutenzione, e, inoltre, dalla esistenza di una delibera condominiale del 2016 con cui veniva disposta l’esecuzione di alcuni lavori al suo interno.
La sentenza, però, non esamina dettagliatamente il contenuto della querela, al fine di verificare se da essa, o dai documenti allegati, emergano le ragioni per le quali l’imputata aveva la ragionevole convinzione di essere proprietaria del sottotetto.
Se tale doverosa verifica avesse esito positivo, infatti, in applicazione dei criteri sopra indicati, dovrebbe essere escluso il dolo di calunnia.
Poiché l’esame del contenuto della querela implica un accertamento di fatto, esso deve essere demandato al giudice di merito.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Brescia. Così deciso il 28/11/2024.