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Reato di calunnia: inammissibile ricorso generico

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per il reato di calunnia. L’uomo aveva falsamente denunciato lo smarrimento di un titolo di credito del valore di diecimila euro, che in realtà aveva consegnato per saldare canoni di locazione scaduti. I giudici hanno ritenuto i motivi del ricorso generici e volti a una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità, confermando l’inverosimiglianza della tesi difensiva e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato di Calunnia: Quando la Denuncia di Smarrimento è Inverosimile

Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di reato di calunnia, confermando la condanna di un soggetto che aveva falsamente denunciato lo smarrimento di un titolo di credito di ingente valore. La decisione sottolinea come la genericità dei motivi di ricorso e l’inverosimiglianza della tesi difensiva portino a una declaratoria di inammissibilità, ribadendo i confini del giudizio di legittimità.

I Fatti del Caso: La Falsa Denuncia di Smarrimento

La vicenda processuale ha origine dalla denuncia di smarrimento di un titolo di credito, per un importo di diecimila euro, presentata dall’imputato. Tuttavia, le indagini hanno rivelato una realtà ben diversa: il titolo non era stato smarrito, bensì consegnato a un terzo soggetto come pagamento di canoni di locazione scaduti. L’imputato, quindi, accusava implicitamente il legittimo possessore del titolo di un reato (come l’appropriazione indebita o la ricettazione), pur sapendolo innocente. La Corte d’Appello di Genova, valutando le dichiarazioni rese dal ricevente del titolo e l’illogicità della tesi dello smarrimento data l’entità della somma, aveva già confermato la colpevolezza dell’imputato per il reato di calunnia.

Analisi della Decisione della Corte di Cassazione sul reato di calunnia

L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, contestando la valutazione delle prove operata dai giudici di merito. La Suprema Corte, tuttavia, ha dichiarato il ricorso inammissibile sulla base di due considerazioni principali.

La Genericità dei Motivi di Ricorso

In primo luogo, i giudici di legittimità hanno qualificato i motivi del ricorso come “generici” e “riproduttivi di censure” già esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio. L’imputato, infatti, non sollevava vizi di legge o di motivazione, ma chiedeva una “alternativa valutazione della prova”. Questo tipo di richiesta esula dalle competenze della Corte di Cassazione, il cui compito non è riesaminare i fatti, ma verificare la corretta applicazione delle norme e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata.

L’Inverosimiglianza della Tesi Difensiva

In secondo luogo, la Corte ha confermato la correttezza dell’argomentazione della Corte d’Appello. La denuncia di smarrimento di un titolo di diecimila euro è stata ritenuta “del tutto inverosimile” alla luce delle circostanze. La presenza delle dichiarazioni della persona che aveva ricevuto il titolo in pagamento rendeva la versione dell’imputato palesemente infondata e strumentale, configurando così pienamente l’elemento materiale e psicologico del reato di calunnia.

Le Motivazioni della Suprema Corte sul reato di calunnia

Le motivazioni della Corte si fondano sul principio consolidato per cui il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito. La ricostruzione dei fatti e la valutazione della credibilità delle prove sono prerogative esclusive dei giudici di primo e secondo grado. La Corte di Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse adeguatamente esaminato e logicamente argomentato le ragioni della condanna, evidenziando la palese illogicità della tesi dello smarrimento di un titolo di importo così rilevante, soprattutto a fronte di una testimonianza chiara e contraria. L’inammissibilità dell’impugnazione, pertanto, è la conseguenza diretta della natura del ricorso, volto a ottenere una nuova e non consentita valutazione dei fatti.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza ribadisce un importante principio in materia di reato di calunnia e di procedura penale. Chi denuncia falsamente lo smarrimento di un titolo di credito, sapendo di averlo utilizzato per un pagamento, non solo commette un reato, ma difficilmente potrà trovare accoglimento in Cassazione se i motivi di ricorso si limitano a contestare la valutazione dei fatti già operata dai giudici di merito. La decisione serve da monito: la denuncia all’autorità giudiziaria è uno strumento serio e il suo utilizzo distorto per accusare implicitamente persone innocenti viene sanzionato penalmente. Inoltre, comporta la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria in caso di ricorso inammissibile.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove del processo?
No, la Corte di Cassazione ha ribadito che non è sua competenza effettuare una ‘alternativa valutazione della prova’. Il suo ruolo è limitato a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, non a rivalutare i fatti.

Denunciare falsamente lo smarrimento di un assegno può configurare il reato di calunnia?
Sì. Secondo l’ordinanza, denunciare falsamente lo smarrimento di un titolo di credito, sapendo di averlo invece consegnato a qualcuno per saldare un debito, integra il reato di calunnia, poiché si accusa implicitamente il legittimo possessore del titolo di un reato come l’appropriazione indebita o la ricettazione.

Quali sono le conseguenze se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle Ammende, come stabilito nel provvedimento (in questo caso, tremila euro).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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