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Reato di calunnia: inammissibile il ricorso ripetitivo

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per il reato di calunnia. La Corte ha stabilito che il ricorso era meramente riproduttivo di censure già adeguatamente valutate e respinte in appello, confermando la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato di Calunnia: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi e sulla configurazione del reato di calunnia. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, confermando la condanna e ribadendo principi fondamentali sia in materia sostanziale che processuale. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le motivazioni della decisione.

I Fatti del Caso: L’Accusa di Calunnia

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato previsto dall’art. 368 del codice penale. L’imputato aveva accusato alcuni Carabinieri di aver tenuto condotte illecite nei suoi confronti, pur essendo pienamente consapevole della loro innocenza. La sua difesa, sia in primo grado che in appello, non aveva avuto successo. La Corte d’Appello, in particolare, aveva confermato la sentenza di condanna, ritenendo con una motivazione corretta ed esaustiva che l’elemento soggettivo del reato, ovvero la volontà di accusare qualcuno sapendolo innocente, fosse pienamente integrato.

La Decisione della Corte di Cassazione e il reato di calunnia

Giunto dinanzi alla Corte di Cassazione, il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha osservato che i motivi presentati non erano altro che una riproposizione delle stesse censure già esaminate e rigettate dalla Corte d’Appello. Questo approccio rende il ricorso privo di quella specificità richiesta dalla legge per poter essere esaminato nel merito.

Di conseguenza, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, ponendo fine al procedimento.

Le Motivazioni: Perché il Ricorso è Stato Dichiarato Inammissibile

Le motivazioni della Suprema Corte si concentrano su due aspetti principali: la natura del ricorso e la corretta valutazione del reato di calunnia da parte dei giudici di merito.

La Ripetitività delle Censure

Il primo punto chiave è la natura ‘riproduttiva’ del motivo di ricorso. La Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Se un ricorso si limita a ripetere le stesse argomentazioni già presentate e disattese nei gradi precedenti, senza individuare vizi specifici nella decisione d’appello, viene considerato inammissibile. Nel caso di specie, la difesa non ha sollevato nuove questioni di diritto o vizi logici, ma ha semplicemente riproposto la propria versione dei fatti.

La Conferma dell’Elemento Soggettivo del Reato di Calunnia

La Corte ha inoltre confermato la correttezza della valutazione operata dalla Corte d’Appello riguardo all’elemento soggettivo del reato di calunnia. I giudici di merito avevano accertato che il ricorrente, consapevole dell’innocenza dei militari, li aveva incolpati di specifiche condotte. È stato ritenuto irrilevante che i militari non fossero stati indicati nominativamente, poiché il contesto della vicenda permetteva di attribuire con certezza le accuse a loro. Questo conferma un principio importante: per la calunnia non è necessaria l’indicazione del nome e cognome della vittima, ma è sufficiente che essa sia identificabile in modo inequivocabile.

Conclusioni: L’Importanza della Specificità dei Motivi di Ricorso

La decisione in esame ribadisce un principio fondamentale del diritto processuale penale: un ricorso per cassazione deve essere specifico e critico nei confronti della sentenza impugnata, non una mera ripetizione di difese già svolte. Sotto il profilo sostanziale, l’ordinanza consolida l’interpretazione del reato di calunnia, sottolineando che la consapevolezza dell’innocenza dell’accusato è l’elemento centrale e che l’identificabilità della persona offesa, anche se non nominata, è sufficiente per integrare il delitto. Per i cittadini, questa pronuncia serve come monito sulla gravità delle false accuse e sulle conseguenze processuali di impugnazioni presentate senza validi motivi di diritto.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché era meramente riproduttivo di una censura già adeguatamente esaminata e respinta con corretti argomenti giuridici dalla Corte d’Appello.

È necessario indicare nominativamente una persona per commettere il reato di calunnia?
No, secondo quanto emerge dalla decisione, il reato di calunnia sussiste anche se le persone accusate non sono indicate nominativamente, a condizione che il contesto della vicenda consenta di attribuire loro le accuse in modo certo.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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