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Reato continuato tra reati fine e associativo: i limiti

La Corte di Cassazione, con un’ordinanza del luglio 2025, ha dichiarato inammissibile un ricorso che chiedeva il riconoscimento del reato continuato tra la partecipazione a un’associazione criminale e i singoli reati di spaccio. La Corte ha ribadito che non esiste alcun automatismo, sottolineando che la continuazione deve essere provata e non presunta. Inoltre, ha confermato che una significativa distanza temporale tra i reati può legittimamente escludere l’esistenza di un unico disegno criminoso.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Continuato: Nessun Automatismo tra Crimine Associativo e Reati Fine

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito importanti chiarimenti sul rapporto tra reato associativo e reato continuato. La decisione nega l’esistenza di un automatismo tra la partecipazione a un’associazione a delinquere e i singoli reati commessi nell’ambito del programma criminale. Questo principio è cruciale per determinare il trattamento sanzionatorio e richiede una valutazione attenta da parte del giudice, caso per caso.

Il Caso in Esame

Il caso trae origine dal ricorso di un soggetto condannato, il quale chiedeva l’applicazione dell’istituto del reato continuato tra il delitto di associazione a delinquere e diversi episodi di spaccio di stupefacenti. Il ricorrente sosteneva l’esistenza di un ‘medesimo disegno criminoso’ che legava la sua appartenenza al gruppo criminale con la commissione dei reati specifici. Il Tribunale di Roma aveva respinto la sua richiesta, e la questione è quindi giunta all’esame della Suprema Corte.

L’Ordinanza della Cassazione e l’analisi del reato continuato

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la linea della giurisprudenza consolidata e offrendo due spunti di riflessione fondamentali.

La Distinzione tra Reato Associativo e Reati Fine

Il punto centrale della decisione è il rifiuto di considerare la continuazione come una conseguenza automatica del vincolo associativo. Secondo i giudici, accettare una tale tesi significherebbe creare un ‘automatismo nel riconoscimento della continuazione e del conseguente beneficio sanzionatorio’. In altre parole, non si può presumere che tutti i reati commessi da un membro di un’associazione siano legati da un unico disegno criminoso solo in virtù della sua partecipazione. Il reato associativo (come quello previsto dall’art. 416-bis c.p.) è autonomo rispetto ai singoli delitti che l’associazione si prefigge di commettere (i cosiddetti ‘reati fine’).

Il Criterio della Distanza Temporale

Per quanto riguarda i reati in materia di stupefacenti, la Corte ha ritenuto ‘non illogico’ il ragionamento del tribunale di merito. Quest’ultimo aveva evidenziato la notevole distanza temporale tra i vari episodi di spaccio come un elemento ostativo al riconoscimento di un disegno unitario. La prossimità temporale, pur non essendo l’unico criterio, è un indice importante per valutare se le diverse azioni criminali siano effettivamente frutto di un’unica programmazione iniziale.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Cassazione si fonda su un principio di rigore giuridico volto a evitare indebiti vantaggi sanzionatori. La giurisprudenza citata (Cass. n. 23818/2020 e n. 40318/2013) ha costantemente affermato che la continuazione va provata e non può derivare implicitamente dalla natura associativa del contesto criminale. Ogni reato deve essere analizzato per verificare se rientri in un progetto criminoso unitario deliberato ‘ab origine’ o se sia frutto di decisioni estemporanee e autonome. La Corte ha quindi considerato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza rafforza un importante principio di diritto penale: l’istituto del reato continuato non è un beneficio scontato per chi delinque all’interno di un sodalizio criminale. La difesa dovrà sempre fornire prove concrete dell’esistenza di un medesimo disegno criminoso che abbracci sia la partecipazione all’associazione sia la commissione dei singoli reati. Per i giudici, d’altra parte, si conferma la necessità di un’analisi fattuale approfondita, che tenga conto di tutti gli elementi, inclusa la distanza temporale tra i fatti, per evitare di applicare in modo automatico e indiscriminato una disciplina di favore.

La partecipazione a un’associazione a delinquere comporta automaticamente il riconoscimento del reato continuato per i singoli delitti commessi?
No. Secondo l’ordinanza, non esiste alcun automatismo. Riconoscere la continuazione tra il reato associativo e i reati fine è una valutazione che il giudice deve fare caso per caso, non un beneficio automatico.

La distanza temporale tra più reati può impedire il riconoscimento della continuazione?
Sì. La Corte di Cassazione ha ritenuto logico il ragionamento del tribunale che ha usato la distanza temporale tra gli episodi contestati come un ostacolo alla possibilità di individuare un unico disegno criminoso.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione e quali sono state le conseguenze per il ricorrente?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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