Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 27227 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 27227 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/04/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
NOME COGNOME ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del 26/06/2024 della Corte d’appello di Messina lette le conclusioni del Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME per il rigetto del ricorso.
La Corte di Appello di Messina, quale giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 26 giugno 2024, ha respinto l’istanza proposta nell’interesse di COGNOME di applicare la disciplina di cui all’art. 81 cod. pen. tra reati oggetto dei seguenti provvedimenti:
-sentenza n. 22/2017 emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Messina, riformata quod poenam dalla sentenza n. 10/17 emessa dalla Corte di Assise di Appello di Messina in data 7 novembre 2017, divenuta definitiva il 30 gennaio 2019 relativa alla condanna ad anni venti di reclusione per i reati di cui agli artt. 575 cod. pen. e 2, 4 e 7 l.895 del 1967 aggravati ai sensi dell’art. 7 l. n 203 del 1991, ora art. 416bis .1 cod. pen., e 99 comma quarto cod. pen. commessi a Messina in data 9 aprile 2016;
-sentenza n. 980/21 emessa dalla Corte di appello di Messina in data 17 giugno 2021, irrevocabile il 19 aprile 2022, in riforma della sentenza n. 1911/2019 emessa il 1° ottobre 2019 dal Tribunale di Messina, relativa alla condanna alla pena di anni dieci di reclusione per il reato di cui all’art. 416bis cod. pen. commesso a Messina dal 1997 con condotta perdurante.
Avverso il provvedimento ha proposto ricorso l’interessato che, a mezzo del difensore, in un unico motivo ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione agli artt. 81 comma 2, 575, 416bis cod. pen., e 2, 4 e 7 l. 895 del 1967 e 7 l. 203 del 1991 evidenziando che il giudice non avrebbe applicato correttamente i principi enucleati dalla giurisprudenza di legittimità in quanto dalla lettura delle sentenze, diversamente come indicato nel provvedimento impugnato, emergerebbe che i fatti si riferiscono al medesimo contesto associativo e rientrano, per il modus operandi e il luogo di commissione del reato, tra le condotte che caratterizzano il reato associativo.
In data 31 marzo 2025 sono pervenute in cancelleria le conclusioni con le quali il Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME chiede il rigetto del ricorso.
Sent. n. sez. 1458/2025 CC – 23/04/2025 R.G.N. 8841/2025
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł infondato.
In un unico motivo di ricorso la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione evidenziando che il giudice non avrebbe applicato correttamente i principi enucleati dalla giurisprudenza di legittimità in quanto dalla lettura delle sentenze emergerebbe che i fatti si riferiscono al medesimo contesto associativo e rientrano tra le condotte che caratterizzano il reato associativo.
La doglianza Ł infondata.
2.1. Al fine di verificare la possibilità di applicare la disciplina del reato continuato, ai sensi dell’art. art. 81 comma secondo cod. pen. il giudice di merito Ł tenuto ad effettuare una valutazione alla luce di specifici indicatori, tra cui rientrano medesimo modus operandi e contiguità spazio-temporale tra le condotte poste in essere.
In una corretta prospettiva sistematica, infatti, il medesimo disegno criminoso si sostanzia, in aderenza alla concezione intellettiva e volitiva, rispettivamente in una rappresentazione e deliberazione unitaria dell’iter criminis nelle linee essenziali, sintomatica di una minore riprovevolezza, per cui viene comminato un trattamento sanzionatorio piø attenuato cedendo il soggetto una sola volta ai motivi a delinquere.
2.2. La ricaduta nel reato e l’abitualità a delinquere non integrano di per sØ il caratteristico elemento intellettivo (unità di ideazione che a braccia i diversi reati commessi) che caratterizza il reato continuato nØ, evidentemente, consentono l’applicazione di un trattamento sanzionatorio piø mite (Sez. 2, n. 10033 del 07/12/2022, dep. 2023. COGNOME, Rv. 284420 – 01; Sez. 1, n. 39222 del 26/02/2014, B., Rv. 260896 – 01; Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, Marigliano, Rv. 248862 – 01).
La giurisprudenza di legittimità nel corso del tempo ha indicato quali possibili “indici rivelatori” della effettiva preordinazione unitaria: a) la ridotta distanza cronologica tra i diversi fatti; b) le concrete modalità della condotta; c) l’omogeneità del bene tutelato dalle previsioni incriminatrici; d) l’apprezzamento della causale e delle condizioni di tempo e luogo delle singole violazioni, aggiungendo che risulta possibile valorizzare anche soltanto alcuni di detti elementi purchØ significativi (cfr. Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 01; Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266413 – 01; Sez. 1, n. 8513 del 09/01/2013, Cardinale, Rv. 254809 – 01; Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, dep. 2013, Daniele, Rv. 255156 – 01; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, COGNOME, Rv. 242098 – 01).
L’unicità del disegno criminoso, in altre parole, non può identificarsi con una scelta di vita che implica la reiterazione di determinate condotte criminose o comunque con una generale tendenza a commettere dei reati (cfr ancora Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01).
Occorre che si abbia una visibile programmazione e deliberazione iniziale di una pluralità di condotte in vista di un unico fine, concreto e specifico, che può essere ab origine anche di massima, purchØ i reati da compiere risultino previsti almeno in linea generale seppure con una riserva di ‘adattamento’ alle eventualità del caso- come mezzo per il conseguimento di un unico scopo o intento prefissato (in tal senso di nuovo Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 3111 del t 20/11/2013, dep. 2014, Rv. 259094 – 01; Sez. 1, n. 12905 del Rv. 246838 – 01 7/03/2010, P., Rv. 246838 01).
In adesione alla concezione teleologica, la rappresentazione e deliberazione unitaria devono essere finalizzate all’attuazione di un programma ben delineato nelle sue linee
essenziali, e dunque, non generico.
Le decisioni che riconoscono una particolare valenza all’indicatore logico della ‘non eccessiva distanza temporale’ tra le violazioni realizzano, pertanto, una opportuna autolimitazione della discrezionalità affidandosi ad una massima di esperienza che può essere ritenuta ragionevole (cfr. Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266413 – 01; Sez. 2, n. 7555 del 22/01/2014, COGNOME, Rv. 258543 – 01).
Da ciò deriva che un considerevole lasso temporale tra un reato e quello successivo Ł sintomatico di una sequenza di condotte autonome che denotano una generale inclinazione a delinquere del soggetto.
2.3. Nel caso in cui la richiesta riguardi l’applicazione dell’istituto in questione tra reato associativo e reato fine, il principio che occorre tenere in considerazione Ł il divieto di automatismo applicativo della continuazione, dovendosi verificare caso per caso i presupposti di legge in base ai quali applicare la continuazione e permettere al condannato di beneficiare di un trattamento sanzionatorio piø mite.
Nello specifico occorre verificare se il soggetto, già nel momento in cui ha fatto ingresso nel sodalizio, abbia programmato e ideato la commissione dei singoli reati-scopo.
Seppur non Ł da escludere che possa sussistere un vincolo di continuazione tra reato associativo e reato fine, infatti, occorre valutare, alla luce di indici stabiliti dalla giurisprudenza e suindicati, che il soggetto abbia programmato ab origine la commissione degli illeciti attesa la incompatibilità logico-strutturale tra reato associativo e reato continuato: il primo si caratterizza per la genericità e indeterminatezza del programma criminoso, viceversa il medesimo disegno criminoso si caratterizza per la determinatezza dell’iter criminis.
Anche in tale ipotesi, quindi, ciò che rileva Ł che il soggetto agente abbia avuto una rappresentazione unitaria delle diverse condotte violatrici sin dal momento ideativo della prima cioŁ, quanto meno, dal momento in cui lo stesso si Ł determinato a fare ingresso nel sodalizio.
Ragione questa per cui, senza che abbia alcun autonomo rilievo il fatto che i reati siano comunque collegati ovvero inseriti nel medesimo contesto criminale, si deve ribadire che «Ł configurabile la continuazione tra il reato di partecipazione ad associazione mafiosa e i reati-fine nel caso in cui questi ultimi siano stati programmati al momento in cui il partecipe si Ł determinato a fare ingresso nel sodalizio, non essendo necessario che tale programmazione sia avvenuta al momento della costituzione dello stesso» (Sez. 1, n. 39858 del 28/04/2023, COGNOME, Rv. 285369 – 01; Sez. 6, n. 4680 del 20/01/2021, COGNOME, Rv. 280595 – 01; nel senso che la verifica della sussistenza del medesimo disegno criminoso deve fare riferimento all’atto della costituzione del sodalizio Sez. 1, n. 1613 del 18/09/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 277914 – 01; Sez. 5, n. 54509 del 08/10/2018, COGNOME, Rv. 275334 02; Sez. 6, n. 13085 del 03/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259481 – 01; Sez. 1, n. 40318 del 04/07/2013, Corigliano, Rv. 257253; Sez. 1, n. 8451 del 21/01/2009, Vitale, Rv. 243199).
2.4. Nel caso di specie il giudice dell’esecuzione ha adeguatamente valutato tutti gli elementi fornendo una motivazione congrua e logica e facendo buon governo dei principi di legittimità indicati.
Nell’ordinanza impugnata, infatti, si mette in evidenza che non si rinvengono elementi da cui possa desumersi che l’omicidio del COGNOME fosse stato già programmato all’ingresso del condannato nel sodalizio in quanto, osserva il Collegio, si tratta di reato dettato da situazioni contingenti e personali (vendetta), per cui non appare ipotizzabile che il ricorrente avesse già nel 1997 ideato l’evento specifico e ipotizzato di
commettere gli ulteriori reati a questo collegati, tutti commessi il 9 aprile 2016.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così Ł deciso, 23/04/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME