Reato Continuato: La Cassazione Nega il Beneficio in Assenza di un Progetto Unitario
L’istituto del reato continuato, previsto dall’articolo 81 del codice penale, rappresenta un importante strumento di favore per chi commette più violazioni della legge penale in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una rigorosa verifica dei presupposti. Con l’ordinanza n. 12082/2024, la Corte di Cassazione ha ribadito quali sono gli elementi che ostacolano il riconoscimento di tale beneficio, confermando una decisione di merito che negava l’esistenza di un piano unitario alla base di più delitti.
Il Caso in Esame: Ricorso contro il Diniego del GIP
La vicenda trae origine dal ricorso presentato da un soggetto avverso un’ordinanza del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Arezzo. Il GIP aveva respinto la richiesta di applicazione della disciplina del reato continuato a una serie di illeciti commessi dal ricorrente. L’interessato, ritenendo errata la decisione, si è rivolto alla Corte di Cassazione per ottenerne l’annullamento, sostenendo la sussistenza di un unico progetto criminoso che legava i diversi episodi.
I Requisiti del Reato Continuato secondo la Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Gli Ermellini hanno evidenziato come il provvedimento impugnato avesse correttamente applicato i principi consolidati in materia, negando il riconoscimento della continuazione sulla base di elementi oggettivi e decisivi.
Elementi Ostativi al Riconoscimento
Secondo la Corte, l’assenza di un programma criminoso unitario, deliberato sin dalla commissione del primo reato, emergeva chiaramente da una serie di fattori:
* Eterogeneità dei reati: I delitti commessi erano di natura diversa tra loro.
* Distanza temporale: Un lasso di tempo significativo separava i vari episodi.
* Difformità del bene tutelato: Le norme violate proteggevano interessi giuridici differenti.
* Diversi luoghi di commissione: I reati erano stati perpetrati in località diverse.
Questi aspetti, considerati nel loro insieme, hanno portato i giudici a concludere che i reati fossero riconducibili a risoluzioni criminose autonome e non a un unico piano prestabilito.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione sottolineando che i reati commessi apparivano, plausibilmente, come l’espressione di una “pervicace volontà criminale” e non di un progetto unitario meritevole dell’applicazione di istituti di favore. Le censure sollevate dal ricorrente sono state inoltre giudicate generiche, poiché si limitavano a proporre una lettura alternativa degli atti, senza evidenziare vizi logici o giuridici nella decisione del giudice di merito. L’analisi della Corte si è quindi concentrata sulla correttezza del ragionamento del provvedimento impugnato, senza entrare nel merito di una nuova valutazione dei fatti, compito che non spetta al giudice di legittimità.
Le Conclusioni: Inammissibilità e Condanna alle Spese
In conclusione, il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Tale esito ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, in assenza di elementi che potessero escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, è stata disposta la condanna al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza rafforza l’orientamento giurisprudenziale che richiede una prova concreta e non meramente presunta del medesimo disegno criminoso per l’applicazione del reato continuato.
Quando può essere escluso il riconoscimento del reato continuato?
Il riconoscimento del reato continuato può essere escluso quando manca la prova di un medesimo disegno criminoso iniziale. Elementi come l’eterogeneità dei reati, una significativa distanza temporale tra le condotte, la diversità dei beni giuridici tutelati e dei luoghi di commissione sono considerati ostativi alla sua applicazione.
Cosa significa che i reati sono espressione di ‘autonome risoluzioni criminose’?
Significa che ogni reato è stato il frutto di una decisione indipendente e non parte di un piano unitario programmato in anticipo. La Corte ha ritenuto che le azioni dell’imputato derivassero da una volontà criminale persistente ma estemporanea, piuttosto che da un unico progetto criminoso.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, come nel caso di specie, al versamento di una sanzione pecuniaria (tremila euro) in favore della Cassa delle ammende, qualora non emergano elementi che giustifichino la proposizione del ricorso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12082 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12082 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 28/11/2023 del GIP TRIBUNALE di AREZZO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e la ordinanza impugnata.
Ritenuto che il ricorso è manifestamente infondato;
Considerato, infatti, che il provvedimento impugnato, in puntuale applicazione dei principi in materia di continuazione come declinati dalla giurisprudenza di legittimità, ha ineccepibilmente osservato che osta al riconoscimento della continuazione tra i reati indicati nell’istanza, con rilievo decisivo, l’assenza circostanze da cui desumere che NOME , sin dalla consumazione del primo reato avesse programmato, sia pure nelle linee generali richieste dall’art. 81, secondo comma, cod. pen., anche quelli successivi, tenuto conto della eterogeneità degli stessi, della distanza temporale tra essi, della difformità del bene tutelato, dei differenti luoghi di commissione e della parziale diversa natura degli stessi. In tale contesto i reati commessi sembrano, plausibilmente, riconducibili ad autonome risoluzioni criminose ed espressione di una pervicace volontà criminale non meritevole dell’applicazione di istituti di favore;
Rilevato, altresì, che le censure del ricorrente, oltre ad essere generiche, sollecitano una lettura alternativa del compendio probatorio tratto dalle sentenze in esecuzione da sovrapporre a quella, non manifestamente illogica, del giudice di merito;
Ritenuto che deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 7 marzo 2024.