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Reato continuato: quando si esclude in esecuzione?

La Cassazione ha rigettato il ricorso di un condannato che chiedeva il riconoscimento del reato continuato tra appropriazione indebita e truffa. La radiazione dall’albo professionale è stata considerata una cesura nel piano criminoso, impedendo l’applicazione del beneficio. Respinta anche la richiesta di cumulo per una pena già espiata.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato continuato: la radiazione dall’albo professionale interrompe il piano criminoso

L’istituto del reato continuato rappresenta un pilastro del nostro sistema sanzionatorio, consentendo di mitigare la pena per chi commette più reati in esecuzione di un unico disegno criminoso. Ma cosa accade quando un evento esterno, come la perdita di una qualifica professionale, modifica radicalmente le circostanze? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 38225 del 2024, offre un’importante chiave di lettura, stabilendo che un tale cambiamento può costituire una cesura netta, tale da escludere la continuazione.

I fatti del processo

Il caso riguarda un soggetto condannato per diversi reati. In fase esecutiva, egli aveva avanzato due richieste principali alla Corte d’Appello:
1. Il riconoscimento del reato continuato tra precedenti episodi di appropriazione indebita e successivi reati di truffa. I primi erano stati commessi sfruttando la sua qualifica di consulente finanziario; i secondi, invece, dopo essere stato radiato dall’albo professionale.
2. L’inserimento nel cumulo giuridico delle pene di una condanna già interamente espiata, precedente alla commissione di uno dei reati più recenti.

La Corte d’Appello aveva rigettato entrambe le istanze, spingendo il condannato a ricorrere in Cassazione.

La decisione della Corte sul reato continuato

La Suprema Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, rigettando il primo motivo di ricorso. Il punto cruciale della decisione risiede nella valutazione della radiazione del ricorrente dall’albo dei consulenti finanziari. Questo evento non è stato considerato una mera circostanza, ma un vero e proprio “momento di svolta” nell’azione illecita.

Secondo la Corte, la qualifica professionale era l’elemento che connotava i primi reati di appropriazione indebita. Una volta persa tale qualifica, l’agente è stato costretto a modificare il proprio modus operandi, passando dal millantare una posizione che non aveva più per commettere le truffe. Questa modifica sostanziale ha introdotto un elemento di novità così rilevante nella progettualità criminosa da escludere che i reati successivi potessero essere considerati parte del programma originario. Si è verificata, in sostanza, una cesura che ha interrotto il legame del reato continuato.

Il cumulo di pene e le sanzioni già espiate

Anche il secondo motivo di ricorso è stato respinto. La Corte ha ribadito la corretta applicazione dell’art. 657, comma 4, del codice di procedura penale. Tale norma mira a garantire che la commissione di un reato avvenga sempre prima dell’espiazione della pena. Nel caso di specie, il ricorrente aveva terminato di scontare una pena prima di commettere un altro dei reati inclusi nel provvedimento di esecuzione. Di conseguenza, quella pena già espiata non poteva essere inclusa nel cumulo successivo, poiché ciò creerebbe una situazione anomala in cui si riconoscono “crediti di pena” a chi delinque nuovamente.

La Corte ha anche respinto l’argomentazione secondo cui l’inclusione della pena sarebbe stata necessaria per accedere a rimedi compensativi per detenzione inumana (ex art. 35-ter L. 354/1975), chiarendo che tali rimedi sono strettamente legati al periodo di detenzione in cui si è subito il pregiudizio e non possono essere “trasferiti” su pene relative a titoli esecutivi diversi e successivi.

Le motivazioni

La sentenza si fonda su un principio consolidato: il riconoscimento del reato continuato richiede una verifica approfondita di un’unitaria e originaria programmazione criminosa. Non è sufficiente una generica inclinazione a delinquere o una semplice contiguità temporale. Gli indicatori da valutare includono l’omogeneità delle violazioni, le modalità della condotta e la sistematicità.

Nel caso specifico, la radiazione dall’albo ha agito come un fattore di rottura. Ha costretto l’agente a ideare un nuovo piano, basato su presupposti diversi (la millanteria anziché l’abuso di una qualifica reale). Questa discontinuità è stata ritenuta decisiva per negare l’unicità del disegno criminoso. Per quanto riguarda il cumulo, la motivazione è prettamente normativa: il principio di legalità, sancito dall’art. 657 c.p.p., impone un rigido ordine cronologico tra espiazione di una pena e commissione di un nuovo reato, impedendo inclusioni retroattive.

Le conclusioni

La pronuncia della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, ribadisce che l’analisi del reato continuato in sede esecutiva non può essere superficiale, ma deve basarsi su elementi concreti che dimostrino un’ideazione unitaria sin dal primo reato. In secondo luogo, chiarisce che eventi esterni capaci di alterare significativamente il modus operandi del reo possono interrompere la continuità, anche se i reati successivi perseguono finalità simili. Infine, consolida l’interpretazione restrittiva sulle regole del cumulo di pene, escludendo la possibilità di includere pene già interamente scontate se, nel frattempo, il condannato ha commesso nuovi reati.

Quando si può escludere il reato continuato in fase esecutiva?
Il reato continuato può essere escluso quando emerge un elemento di rottura nel programma criminoso. Nella sentenza in esame, la radiazione del condannato da un albo professionale è stata considerata una ‘cesura’ che ha costretto a un cambiamento del modus operandi, interrompendo così l’unicità del disegno criminoso.

Una pena già interamente scontata può essere inserita in un cumulo successivo?
No, ai sensi dell’art. 657, comma 4, cod. proc. pen., una sanzione già interamente espiata non può essere inserita nel cumulo di pene se, dopo la sua espiazione, è stato commesso un altro reato per il quale si deve determinare la pena da eseguire. La commissione del nuovo reato deve essere sempre precedente all’espiazione della pena.

La radiazione da un albo professionale può interrompere il vincolo della continuazione tra reati?
Sì. Secondo la Corte, se la qualifica professionale era un presupposto fondamentale per la commissione dei primi reati, la sua perdita rappresenta un momento di svolta che costringe l’agente a ideare una nuova strategia criminale. Questo introduce un elemento di discontinuità tale da interrompere il vincolo della continuazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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