Reato Continuato: Quando la Diversità di Moventi Esclude l’Unificazione della Pena?
Il concetto di reato continuato rappresenta un pilastro del nostro sistema sanzionatorio, permettendo di mitigare la pena per chi commette più crimini in esecuzione di un medesimo disegno. Ma cosa succede se i reati, seppur simili, sono originati da motivazioni e contesti completamente diversi? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo aspetto, stabilendo che l’eterogeneità delle causali esclude in radice il vincolo della continuazione. Analizziamo insieme la vicenda e i principi di diritto affermati.
Il Caso in Esame: Due Condanne per Fatti Gravi
Il caso sottoposto alla Suprema Corte riguardava un soggetto condannato con due sentenze definitive per reati molto gravi, tra cui omicidi tentati e consumati, porto e detenzione di armi. La peculiarità della vicenda risiedeva nel contesto in cui i crimini erano maturati:
1. Prima condanna: I reati erano stati commessi nell’ambito di una violenta contrapposizione tra due clan criminali. L’imputato aveva agito all’interno delle strategie di uno dei sodalizi per colpire il gruppo rivale.
2. Seconda condanna: I fatti delittuosi, seppur simili nella tipologia, erano scaturiti da ragioni di natura strettamente personale dei mandanti, i quali intendevano vendicare la morte di un loro congiunto. Si trattava, quindi, di una vicenda slegata dalle dinamiche di mafia della prima condanna.
La Richiesta di Unificazione delle Pene
Di fronte a queste due condanne, la difesa del condannato aveva richiesto al Giudice dell’esecuzione di unificarle sotto il vincolo della continuazione. La tesi difensiva sosteneva che, al di là dei diversi contesti, l’imputato aveva sempre agito nel medesimo ruolo, quello di sicario, e che quindi vi fosse un unico impulso criminoso alla base di tutte le sue azioni. Il Giudice dell’esecuzione, tuttavia, aveva respinto la richiesta, spingendo la difesa a ricorrere in Cassazione.
Le Motivazioni: Perché il Reato Continuato è Stato Escluso?
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del giudice di merito con argomentazioni chiare e logicamente ineccepibili. Il fulcro della motivazione risiede nella totale eterogeneità delle causali che hanno originato i due distinti filoni di reati.
I giudici hanno evidenziato come il “medesimo disegno criminoso”, requisito essenziale per il reato continuato, non possa consistere in una generica propensione a delinquere o nell’assunzione di un “ruolo” criminale. Esso richiede, al contrario, un’unica deliberazione programmatica iniziale che abbracci tutti gli episodi delittuosi successivi.
Nel caso specifico, era evidente l’assenza di tale unicità:
– I reati legati alla faida tra clan rispondevano a una logica di affermazione territoriale e di potere di un’organizzazione criminale.
– I reati legati alla vendetta personale rispondevano a un impulso diverso, commissionato da altri soggetti per ragioni private e contingenti.
La diversità dei mandanti e, soprattutto, la diversità degli scopi perseguiti hanno reso impossibile ricondurre i fatti a un unico progetto criminoso. Pertanto, la Corte ha concluso che la decisione del Giudice dell’esecuzione era corretta e ben motivata.
Le Conclusioni: L’Importanza del “Medesimo Disegno Criminoso”
Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale in materia di reato continuato: l’identità del disegno criminoso non può essere presunta, ma deve essere provata concretamente. Non basta che i reati siano simili per tipologia o commessi a breve distanza di tempo. È indispensabile che essi rappresentino l’attuazione di un unico piano, concepito sin dall’inizio nelle sue linee essenziali.
L’implicazione pratica è di notevole importanza: in assenza di questo vincolo, le pene per i diversi reati si cumulano materialmente (con alcuni correttivi), portando a un trattamento sanzionatorio decisamente più severo. La decisione sottolinea, quindi, la necessità di un’analisi rigorosa e fattuale delle motivazioni sottostanti a ogni condotta criminale prima di poter applicare un istituto di favore come quello del reato continuato.
È possibile ottenere l’unificazione delle pene per reato continuato se i crimini sono stati commessi per mandanti diversi e con scopi differenti?
No. Secondo la Corte di Cassazione, se i crimini scaturiscono da causali eterogenee (ad esempio, una guerra tra clan e una vendetta personale commissionata da altri), manca il requisito del “medesimo disegno criminoso”, indispensabile per riconoscere il reato continuato.
Cosa si intende per “medesimo disegno criminoso”?
Si intende un’unica deliberazione iniziale che comprende programmaticamente tutti i reati che verranno poi commessi come parte di un unico piano. La semplice somiglianza dei reati o il fatto che siano stati commessi dalla stessa persona non è sufficiente se le motivazioni di fondo sono distinte e non riconducibili a quel piano originario.
Quali sono le conseguenze se il ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che la Corte non esamini il merito della questione. Inoltre, come previsto dalla legge e confermato in questa ordinanza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in denaro alla Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5799 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5799 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 25/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 16/10/2023 del TRIBUNALE di VITERBO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; ,
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Viterbo – quale G dell’esecuzione – ha rigettato la richiesta presentata nell’interesse di Vas volta alla unificazione sotto il vincolo della continuazione delle condanne a inflitte mediante:
la sentenza della Corte di assise di appello di COGNOMEaro del 07/07/2015 (pa in giudicato il 13/09/2016), in riforma della sentenza del Giudice dell’u preliminare del Tribunale di COGNOMEaro del 17/03/2014 e relativa ai re omicidio aggravato tentato e consumato, nonché ricettazione, porto e detenzi di armi, commessi nell’anno 2012;
sentenza della Corte di assise di appello di Reggio Calabria del 28/05/ (passata in giudicato il 10/01/2017), in riforma della sentenza del 24/03/20 Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Palmi e relativa ai reati di omicidio aggravato, porto e detenzione di armi, commessi negli anni dal 201 2013.
Ricorre per cassazione COGNOMECOGNOME a mezzo dell’AVV_NOTAIO, deducendo vizio rilevante ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b e) cod. proc. pen., per violazione di legge in relazione al mancato riconosci della continuazione. Nella motivazione del provvedimento impugnato – in ipot difensiva – non risulta adeguatamente valutato come i fatti omicidiari sian posti in essere su ordine della famiglia COGNOME, alla quale COGNOME si era al in qualità di aderente al clan di ndrangheta, bensì nella veste di sicario.
Il ricorso va dichiarato inammissibile, a causa della manifesta infond dei motivi addotti. Trattasi, in primo luogo, di motivi versati in fatto, che sostanziano in doglianze non consentite in sede di legittimità. Dette censure altresì, riproduttive di profili di critica già adeguatamente vagliati e mediante l’utilizzo di corretti argomenti giuridici, dal Giudice dell’esecuz provvedimento impugnato. In esso, invero, si evidenzia come i soli fatti p fondamento della condanna emessa dalla Corte di assise di appello di COGNOME siano risultati commessi, ad opera di COGNOMECOGNOME nell’ambito dei programmi crim del clan RAGIONE_SOCIALE, nella fase della contrapposizione di questo all’avverso so dei RAGIONE_SOCIALE. I fatti sussunti nella ulteriore sentenza, invece, han scaturigine da ragioni di tipo personale dei mandanti COGNOME, i quali intenzionati a vendicare la morte di un congiunto. La eterogeneità stessa causali, pertanto, esclude in radice la invocata unificazione, sotto il vinc continuazione, dei diversi fatti delittuosi. Trattasi di ineccepibile applicaz
legge penale, sorretta da apparato motivazionale lineare e coerente, privo de minimo spunto di contraddittorietà e, pertanto, destinato a rimanere immune qualsivoglia stigma in sede di legittimità.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve es dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagament delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di esonero – al versamen una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sens dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa d ammende.
Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2024.