Reato Continuato: La Cassazione Spezza la Catena se Cambia la Condotta
Il concetto di reato continuato è fondamentale nel diritto penale, poiché consente di applicare una pena più mite a chi commette più violazioni della legge in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, i criteri per il suo riconoscimento sono rigorosi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 4142/2024) ha ribadito che una semplice somiglianza tra i reati non basta: è necessaria la prova di un’unica programmazione iniziale. Vediamo nel dettaglio il caso e le conclusioni dei giudici.
I Fatti del Caso
Un individuo, già condannato per una serie di reati uniti dal vincolo della continuazione, presentava ricorso alla Corte di Cassazione. L’oggetto del contendere era la decisione di un Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) che aveva rifiutato di estendere il beneficio del reato continuato a un ulteriore episodio criminoso. Secondo la difesa, anche quest’ultimo reato rientrava nel medesimo piano originario. Il GIP, tuttavia, aveva respinto la richiesta, rilevando una differenza sostanziale nelle modalità di esecuzione rispetto ai crimini precedenti.
I Criteri per il Riconoscimento del Reato Continuato secondo la Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicandolo manifestamente infondato. I giudici hanno richiamato un principio consolidato, espresso dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 28659 del 2017. Per riconoscere la continuazione, non basta considerare l’omogeneità del tipo di reato o la vicinanza nel tempo. È indispensabile una verifica approfondita che dimostri la sussistenza di una “volizione unitaria”.
Questo significa che, al momento della commissione del primo reato, i successivi dovevano essere già stati programmati, almeno nelle loro “linee essenziali”. La presenza di alcuni indicatori comuni (stesso tipo di reato, stesso bene protetto violato) non è sufficiente se emerge che i reati successivi sono frutto di una “determinazione estemporanea”, ovvero di una decisione presa al momento e non parte del piano iniziale.
La Decisione della Corte di Cassazione
Nel caso specifico, pur trattandosi sempre di violazioni dell’art. 642 del codice penale, la Corte ha ritenuto logica e corretta la valutazione del GIP. La differenza concreta nelle “modalità della condotta” tra il primo gruppo di reati e quello successivo è stata considerata un indice decisivo per escludere un’unica programmazione.
Le Motivazioni
La Corte ha spiegato che la differenza nel modo di agire è uno degli elementi chiave per valutare l’esistenza o meno di una programmazione unitaria. Se le modalità di esecuzione cambiano in modo significativo, è ragionevole presumere che il nuovo reato non fosse previsto nel piano originario, ma sia nato da una nuova e autonoma decisione criminale. Di conseguenza, la decisione del giudice dell’esecuzione di negare la continuazione non è illogica, ma anzi ben ancorata ai principi stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità. Il ricorso, pertanto, non aveva alcuna possibilità di essere accolto.
Le Conclusioni
Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale: il beneficio del reato continuato non è un automatismo. La giustizia richiede una prova concreta e rigorosa di un piano criminoso unitario, concepito sin dall’inizio. Una variazione nelle modalità di esecuzione può essere sufficiente a “spezzare” la catena della continuazione, portando a considerare i reati come episodi distinti e autonomi. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, ciò significa che l’analisi delle specifiche circostanze di ogni singolo fatto è cruciale per determinare il corretto trattamento sanzionatorio.
 
È sufficiente commettere più reati dello stesso tipo per ottenere il riconoscimento del reato continuato?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione ha chiarito che, oltre all’omogeneità del tipo di reato, è necessaria una “volizione unitaria”, cioè la prova che i reati successivi fossero stati programmati, almeno nelle linee essenziali, già al momento della commissione del primo.
Una differenza nelle modalità di esecuzione dei reati può impedire il riconoscimento della continuazione?
Sì. Secondo la sentenza, una concreta differenza nelle modalità della condotta tra i reati è un indice importante che può portare il giudice a escludere la sussistenza di un’unica programmazione criminosa, ritenendo i reati successivi frutto di una decisione estemporanea.
Cosa si intende per “programmazione almeno nelle linee essenziali” per il reato continuato?
Significa che al momento del primo reato, l’agente deve aver già concepito un piano che prevedeva la commissione dei reati successivi, anche se i dettagli non erano ancora stati definiti. Non basta una generica inclinazione a delinquere, ma è necessaria una deliberazione iniziale che abbracci l’intera sequenza criminosa.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4142 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 4142  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a TORINO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 30/07/2023 del GIP TRIBUNALE di MILANO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
`1.
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione;
Ritenuto che gli argomenti dedotti nell’unico motivo di ricorso siano manifestamente infondati, in quanto in contrasto con la consolidata giurisprudenza della Corte di legittimità in punto di individuazione dei criteri da cui si può desumere l’esistenza di una volizione unitaria (cfr., per tutte, Sez. U, Sentenza n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074: Il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, l contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati s successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea), atteso che, pur nella identità del titolo di reato (art. 642 cod. pen.), la differenza in concret modalità di condotta tra i reati appartenenti al primo gruppo, già posti in continuazione tra loro, e quello oggetto della sentenza successiva è effettivamente uno degli indici di valutazione della esistenza o meno di una volizione unitaria riportati nella pronuncia delle Sezioni Unite sopra citata, ed, in presenza di tale differenza in concreto di condotta, non è illogica la decisione del giudice dell’esecuzione che ha ritenuto che al momento di commissione del primo reato del primo gruppo quello oggetto della seconda sentenza non potesse essere stato programmato “almeno nelle sue linee essenziali”;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 11 gennaio 2024.