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Reato continuato: quando si esclude il disegno unico

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva il riconoscimento del reato continuato per due condanne per spaccio. La Corte ha stabilito che la diversità nelle modalità di esecuzione dei reati (uno in concorso, l’altro da solo; diversa preparazione della sostanza) e un significativo lasso di tempo sono sufficienti a escludere un unico disegno criminoso, rendendo non decisivo il solo periodo di detenzione sofferto tra i due episodi.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Continuato: La Cassazione Chiarisce i Criteri per l’Unico Disegno Criminoso

L’istituto del reato continuato rappresenta un pilastro del diritto penale sostanziale, consentendo di mitigare il trattamento sanzionatorio per chi commette più reati in esecuzione di un medesimo piano. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una valutazione attenta da parte del giudice. Con la sentenza n. 13634 del 2024, la Corte di Cassazione torna a precisare quali elementi sono decisivi per escludere l’unicità del disegno criminoso, andando oltre la semplice valutazione del tempo trascorso o di un’eventuale detenzione intermedia.

I Fatti del Caso: Due Reati e una Richiesta

Il caso in esame riguarda un individuo condannato con due sentenze separate per reati legati agli stupefacenti, commessi a distanza di quasi un anno l’uno dall’altro (aprile 2015 e marzo 2016). L’interessato aveva chiesto al Giudice dell’esecuzione di riconoscere il vincolo della continuazione tra i due episodi, al fine di ottenere una pena complessiva più favorevole. Tra i due reati, l’uomo era stato sottoposto a custodia cautelare per oltre tre mesi.

Inizialmente, la sua richiesta era stata respinta proprio sulla base di questa detenzione, considerata una ‘cesura’ capace di interrompere il disegno criminoso. Dopo un primo annullamento con rinvio da parte della Cassazione, che aveva censurato tale automatismo, il giudice di merito aveva nuovamente rigettato l’istanza, questa volta con una motivazione più articolata, che è stata oggetto del nuovo ricorso.

La Decisione della Cassazione sul Reato Continuato

La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del giudice dell’esecuzione. La Corte ha ritenuto che il provvedimento impugnato fosse ben motivato e in linea con i principi giurisprudenziali consolidati. Secondo i giudici di legittimità, non è sufficiente che i reati siano della stessa specie per affermare l’esistenza di un reato continuato; è necessario un esame approfondito delle circostanze concrete.

Le Motivazioni

La Corte ha chiarito che il giudice del rinvio ha correttamente superato l’argomento, di per sé insufficiente, della custodia cautelare. La decisione di rigetto si è fondata, invece, su una valutazione complessiva degli indici sintomatici, evidenziando significative differenze tra i due episodi criminosi. In particolare, sono state rilevate le seguenti discordanze:

* Modalità di commissione: il primo reato era stato commesso in concorso con un’altra persona, mentre il secondo era stato perpetrato in solitudine.
* Modalità di confezionamento della sostanza: nel primo caso, lo stupefacente era confezionato in panetti, mentre nel secondo era custodito in ovuli.
* Lasso temporale: il periodo di quasi un anno tra i due fatti non è stato ritenuto ‘particolarmente breve’ e, unito agli altri elementi, ha contribuito a indebolire l’ipotesi di un piano unitario.

La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: l’omogeneità delle violazioni e la mera contiguità temporale, pur essendo indizi, non bastano da sole a dimostrare che i reati siano frutto di ‘un’unica deliberazione di fondo’. La detenzione subita è stata considerata solo un elemento aggiuntivo, non il fulcro della decisione, che invece poggiava sulle concrete e differenti modalità di esecuzione dei reati.

Le Conclusioni

Questa sentenza offre un’importante lezione pratica sui criteri di valutazione del reato continuato. La decisione insegna che, per ottenere il riconoscimento dell’unicità del disegno criminoso, non basta appellarsi alla natura simile dei reati commessi. È indispensabile che emerga una coerenza complessiva nel progetto criminale, che va provata attraverso l’analisi di tutti gli elementi fattuali. Differenze sostanziali nel modus operandi, come agire da soli o in concorso e le specifiche modalità di preparazione del reato, possono essere determinanti per convincere il giudice dell’assenza di un piano unitario, precludendo così l’applicazione del più favorevole regime sanzionatorio previsto per la continuazione.

Un periodo di detenzione tra due reati esclude automaticamente il reato continuato?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la sola detenzione in carcere o altra misura limitativa della libertà personale non è di per sé sufficiente a escludere l’unitarietà del disegno criminoso, ma deve essere valutata insieme a tutti gli altri elementi del caso.

Quali elementi valuta il giudice per escludere l’esistenza di un unico disegno criminoso?
Il giudice valuta una serie di indicatori, tra cui il lasso di tempo tra i reati, le modalità concrete di esecuzione (es. agire da soli o in concorso), la tipologia di reato, il contesto e le modalità di preparazione e consumazione. Differenze significative in questi elementi possono portare a escludere il disegno criminoso unitario.

Commettere reati dello stesso tipo è sufficiente per ottenere il riconoscimento del reato continuato?
No. La sentenza chiarisce che la sola ‘omogeneità delle violazioni’ non è sufficiente a dimostrare che i reati siano frutto di un’unica deliberazione. È necessario che vi sia una coerenza complessiva nel piano criminale, che non può essere presunta solo dalla somiglianza dei crimini.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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