Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 3406 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 3406 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 02/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a GELA il 07/07/1979
avverso l’ordinanza del 04/06/2024 della CORTE ASSISE APPELLO di CALTANISSETTA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del dott. NOME COGNOME Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, che ha concluso chiedendo la rimessione alle Sezioni Unite penali della questione riguardante l’individuazione di un limite temporale rispondente al buonsenso e alla logica, oltre il quale deve escludersi di norma la ricorrenza dell’elemento soggettivo del reato continuato; in subordine, dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con atto rivolto alla Corte di assise di appello di Caltanissetta, in funzione di giudice dell’esecuzione, veniva richiesta, nell’interesse di NOME COGNOME l’applicazione della disciplina della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in ordine ai reati per i quali il predetto risultava condannato in forza dell sentenze divenute irrevocabili emesse il 26 febbraio 2002, il 24 febbraio 2006, il 23 luglio 2004, il 14 giugno 2005, il 13 gennaio 2010 dalla suddetta Corte e il 16 luglio 2002 dalla Corte di appello di Ancona.
Con ordinanza del 4 giugno 2024, l’adito giudice dell’esecuzione rigettava l’istanza.
La difesa dell’interessato ha proposto ricorso per cassazione, con atto articolato in due motivi volti ad ottenere l’annullamento della menzionata ordinanza. Nel ricorso si deducono, richiamando l’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) , cod. proc. pen., violazioni degli artt. 81 cod. pen., 125 e 671 cod. proc. pen. e vizi di motivazione in ordine al rigetto dell’istanza. La difesa afferma che i giudice dell’esecuzione non ha applicato in modo corretto la disciplina della continuazione ma, in violazione dei principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità in materia ha omesso di valutare gli elementi rivelatori della sussistenza di un medesimo disegno criminoso fra tutti i reati indicati nell’istanza, così rendendo una ordinanza viziata nella motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Le censure sono tutte infondate.
1.1. L’esame dell’ordinanza dimostra che sono stati rispettati i consolidati e condivisibili principi di diritto in materia, nel compimento delle vaiutazion finalizzate a verificare, in base a taluni indicatori – quali l’omogeneità dell violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le
modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita – se l’istante si fosse rappresentato e avesse unitariamente deliberato, almeno nelle loro linee essenziali, i reati per i quali è stato condannato con distinte sentenze (Sez. U., n. 28659 del 18/05/2017, Rv. 270074-01; Sez. 1, n. 15955 del 08/01/2016, Rv. 266615-01; Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, dep. 2013, Rv. 255156-01).
1.2. Nel caso ora in valutazione, il giudice dell’esecuzione non è incorso in alcun errore di diritto e ha reso adeguata motivazione nel giustificare la negazione di un vincolo unitario della continuazione, totale fra i reati giudicati da tutte citate sentenze o parziale fra i reati giudicati da alcuna delle citate sentenze e quelli giudicati da altra fra tali sentenze. L’ordinanza, che pure dimostra di aver tenuto conto delle caratteristiche dei reati commessi, pone in evidenza, in modo adeguato e non illogico, gli elementi in base ai quali ha ritenuto che non sussistano elementi per affermare che i reati siano stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, più ampio rispetto a quelli parziali già precedentemente riconosciuti.
1.3. Il giudice dell’esecuzione, quindi, ha posto in luce nell’ordinanza le ragioni che l’hanno condotto al rigetto dell’istanza. Il provvedimento supera il vaglio di legittimità demandato a questa Corte, il cui sindacato deve arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai canoni legali che presiedono all’apprezzamento delle circostanze fattuali.
1.4. Non si ravvisano le condizioni previste dall’art. 618 cod. proc. pen. per la rimessione del ricorso alle Sezioni Unite penali, richiesta dal Pubblico Ministero.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta ii ricorso e condanna I ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, 2 ottobre 2024.
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