Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 25999 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 25999 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/04/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del 24/01/2025 della CORTE APPELLO di ROMA
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Con ordinanza in data 24/01/2025, la Corte di appello di Roma ha respinto l’istanza di riconoscimento del vincolo della continuazione, avanzata da NOME COGNOME tra i fatti giudicati con la sentenza del Tribunale di Tivoli in data 31/10/2022 (irrevocabile dall’01/12/2022) e la sentenza della Corte di appello di Roma in data 01/12/2023 (irrevocabile dal 12/06/2024).
Riteneva che le condotte, ascritte al condannato nelle due sentenze, erano state commesse in concorso con persone diverse e in luoghi completamente diversi (Roma e Guidonia Montecelio) e che non vi fossero altri elementi indicativi della preventiva unica deliberazione criminosa.
Il difensore di NOME COGNOME ha proposto ricorso, lamentando, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen., l’erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 81 cod. pen. e, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc. pen., la carenza di motivazione.
I reati oggetto delle due sentenze erano due furti in abitazione ed erano stati commessi rispettivamente il 30/10/2022, quello oggetto della sentenza del Tribunale di Tivoli in data 31/10/2022 (irrevocabile dall’01/12/2022), e l’11/11/2022, quello oggetto della sentenza della Corte di appello di Roma in data 01/12/2023 (irrevocabile dal 12/06/2024).
La distanza temporale di soli 12 giorni, le modalità analoghe seguite nell’esecuzione dei due delitti (in particolare previo appostamento e previa forzatura delle serrature delle porte), l’uso di analoghi strumenti idonei allo scasso, erano indicatori non valutati dal giudice dell’esecuzione.
Il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato.
– Relatore –
Sent. n. sez. 1341/2025
CC – 16/04/2025
PerchØ sussista reato continuato non Ł sufficiente che vi siano state piø violazioni della medesima disposizione di legge da parte dello stesso soggetto, occorrendo soprattutto che dette violazioni costituiscano altrettante azioni esecutive di uno stesso disegno criminoso, inteso – il disegno criminoso – non come un vago proposito di delinquere, sebbene come la ideazione di un progetto preventivo di commettere anche in luoghi e tempi diversi ripetute infrazioni della medesima disposizione di legge, per conseguire con mezzi identici uguali scopi. La continuazione deve quindi essere accertata con riferimento al momento ideativo piuttosto che a quello della esecuzione del reato.
L’ipotesi di cui all’art. 81, comma 2, cod. pen. ricorre quando il medesimo disegno criminoso sia originario e preceda la commissione dei fatti che vi sono avvinti. L’unicità di disegno, egualmente necessario per il riconoscimento della continuazione in fase di cognizione e in fase esecutiva, non si identifica «con il programma di vita delinquenziale del reo, che esprime, invece, l’opzione del reo a favore della commissione di un numero non predeterminato di reati, che, seppure dello stesso tipo, non sono identificabili a priori nelle loro principali coordinate, rivelando una generale propensione alla devianza, che si concretizza, di volta in volta, in relazione alle varie occasioni ed opportunità esistenziali» (Sez. 1, n. 15955 del 08/01/2016, Eloumari, Rv. 266615).
Occorre invece per il riconoscimento della continuazione «una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, í successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea » (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
Deve evincersi dagli elementi in atti una iniziale programmazione e deliberazione avente ad oggetto una pluralità di reati, che possono essere anche non dettagliatamente ab origine progettati e organizzati, purchØ risultino almeno in linea generale previsti, in funzione di “adattamento” alle eventualità del caso, come mezzo per il conseguimento di un unico fine, parimenti prefissato e sufficientemente specifico. Deve, invece, escludersi che una tale programmazione possa essere desunta sulla sola base dell’analogia dei singoli reati o del contesto in cui sono maturati, ovvero ancora della spinta a delinquere, tanto piø se genericamente economica, non potendo confondersi il fine specifico, ovverosia il moventescopo che individua una programmazione e deliberazione unitaria, con la tendenza stabilmente operante in un soggetto a risolvere i propri problemi esistenziali commettendo reati (cfr. Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010, COGNOME, Rv. 246838).
Infine, l’inciso «anche in tempi diversi» contenuto nell’art. 81, comma 2, cod. pen., non consente di negare ogni rilevanza all’aspetto del tempo di commissione dei reati: come la vicinanza temporale non costituisce di per sØ «indizio necessario» dell’esistenza del medesimo disegno criminoso, così la notevole distanza di tempo ben può essere, anche se non Ł inevitabile che lo sia, indizio negativo. Le difficoltà di programmazione e deliberazione a lunga scadenza e le crescenti probabilità di mutamenti che, con il passare del tempo, richiedono una nuova risoluzione anti-doverosa, comportano che le possibilità di ravvisare la sussistenza della continuazione normalmente si riducono fino ad annullarsi in proporzione inversa all’aumento del distacco temporale tra i singoli episodi criminosi.
Coerentemente con i principi sin qui esposti, il giudice dell’esecuzione ha rilevato l’assenza di indicatori da cui trarre l’esistenza di un unitario disegno criminoso ed ha
correttamente affermato l’insufficienza del richiamo all’identità o analogia dei fatti di reato o all’esistenza del fine unitario di commettere i reati predatori.
Invero, da tali elementi il giudice ha desunto, in assenza di ulteriori e diversi dati di fatto, la conclusione opposta di una tendenza a delinquere per scelte di volta in volta contingenti, tenuto conto, fra l’altro, degli indicatori di estemporaneità delle condotte, pur tra loro astrattamente omogenee.
Su questa premessa ha argomentato in modo logico e compiuto spiegando come non si possa evincere una programmazione ab origine dei delitti, attraverso l’analisi delle modalità di esecuzione dei fatti (i furti avvengono in luoghi diversi e in contesti territoriali differenti e sono organizzati con il contributo di soggetti diversi); con una valutazione di merito, non illogica, il giudice dell’esecuzione ha sottolineato l’assenza di dati estrinseci indicativi di una preordinazione nelle due iniziative illecite così manifestatesi.
Il ricorso, di contro, ha argomentato articolando piø diffusamente la tesi della riconducibilità di tutti i fatti ad unico e originario progetto criminoso senza, tuttavia, opporre alla chiara, lineare e congrua motivazione offerta dalla Corte di appello di Roma elementi capaci di infirmarne la tenuta logica o di evidenziare in essa significative carenze. Ha accompagnato la riproposizione dell’originaria prospettazione dando una lettura alternativa dei medesimi elementi, impingendo il merito delle questioni comunque congruamente esaminate dal giudice dell’esecuzione; i soli dati che fornisce a supporto delle critiche (i contorni generali delle modalità di effrazione, le analogie circa la distribuzione dei ruoli tra i concorrenti) non hanno alcuna decisiva valenza per prefigurare il necessario presupposto della preordinazione e mantengono connotati compatibili con la mera inclinazione a delinquere.
Il ricorso deve essere pertanto respinto e il ricorrente va condannato alle spese del giudizio.
P.Q.M
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così Ł deciso, 16/04/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME