Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 23264 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
PRIMA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 1 Num. 23264 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/03/2025
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Saronno il 13/12/1983
avverso l’ordinanza del 27/11/2024 del Tribunale di Torino udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME COGNOME lette le conclusioni del Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
1.Il Tribunale di Torino, quale giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 27 novembre 2024, ha respinto l’istanza proposta nell’interesse di NOME COGNOME di applicare la disciplina di cui all’art. 81 cod. pen. tra i reati oggetto dei seguenti provvedimenti:
-sentenza emessa dal Tribunale di Torino il 21 settembre 2022, irrevocabile il 21 settembre 2023, relativa alla condanna per i reati di tentata estorsione e lesioni personali commessi nel novembre 2018;
-sentenza dalla Corte di Appello di Torino il 16 marzo 2023, irrevocabile il 20 febbraio 2024, relativa alla condanna per il reato di ricettazione di due assegni commesso nel settembre 2019.
Avverso il provvedimento ha proposto ricorso l’interessato che, a mezzo del difensore, ha dedotto il seguente motivo.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 81 cod. pen. e 125 e 671 cod. proc. pen. quanto alla mancata effettiva considerazione delle effettive modalità di commissione dei reati e, nello specifico, al fatto che i reati sono stati commessi in concorso con la stessa persona e che anche il secondo episodio si riferiva a una estorsione.
In data 20 febbraio 2025 Ł pervenuta in cancelleria la requisitoria scritta con la quale il Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME chiede l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato.
La difesa in un unico motivo di ricorso deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione agli artt. 81 cod. pen. e 125 e 671 cod. proc. pen. evidenziando che i reati oggetto della richiesta, diversamente da quanto erroneamente indicato dal giudice dell’esecuzione, farebbero parte del medesimo disegno criminoso in quanto la ricettazione si inserirebbe in ogni caso in un contesto estorsivo.
La doglianza Ł infondata.
2.1. Al fine di verificare la possibilità di applicare la disciplina del reato continuato, ai sensi dell’art. art. 81 comma secondo cod. pen. il giudice di merito Ł tenuto – attraverso un concreto esame dei tempi e delle modalità di realizzazione delle diverse violazioni commesse e giudicate – a individuare l’esistenza di elementi dai quali desumere la sostanziale unicità del disegno criminoso tra le condotte poste in essere.
In una corretta prospettiva sistematica, infatti, il trattamento piø mite rispetto al cumulo materiale Ł giustificato dall’esistenza di una rappresentazione unitaria sin dal momento ideativo delle diverse condotte violatrici – almeno nelle loro linee essenziali – da parte del soggetto agente così da potersi escludere una successione di autonome risoluzioni criminose.
Ciò perchØ la ricaduta nel reato e l’abitualità a delinquere non integrano di per sØ il caratteristico elemento intellettivo (unità di ideazione che abbraccia i diversi reati commessi) che caratterizza il reato continuato nØ, evidentemente, consentono l’applicazione di un trattamento sanzionatorio piø mite (Sez. 2, n. 10033 del 07/12/2022, dep. 2023. COGNOME, Rv. 284420 – 01; Sez.
1, n. 39222 del 26/02/2014, B., Rv. 260896 – 01; Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, Marigliano, Rv. 248862 – 01).
La giurisprudenza di legittimità nel corso del tempo ha indicato quali possibili ‘indici rivelatori’ della effettiva preordinazione unitaria: a) la ridotta distanza cronologica tra i diversi fatti; b) le concrete modalità della condotta;c) l’omogeneità del bene tutelato dalle previsioni incriminatrici; d) l’apprezzamento della causale e delle condizioni di tempo e luogo delle singole violazioni, aggiungendo che risulta possibile valorizzare anche soltanto alcuni di detti elementi purchØ significativi (cfr. Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01; Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266413 – 01; Sez. 1, n. 8513 del 09/01/2013, Cardinale, Rv. 254809 – 01; Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 255156 – 01; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, COGNOME, Rv. 242098 – 01).
L’unicità del disegno criminoso, in altre parole, non può identificarsi con una scelta di vita che implica la reiterazione di determinate condotte criminose o comunque con una generale tendenza a commettere dei reati (cfr. ancora Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01 e giurisprudenza in precedenza indicata).
La nozione di continuazione, d’altro canto, non può neanche ridursi all’ipotesi che tutti i singoli reati siano stati dettagliatamente progettati e previsti, in relazione al loro graduale svolgimento, nelle occasioni, nei tempi, nelle modalità delle condotte, in quanto tale definizione di dettaglio, oltre a non apparire conforme al dettato normativo, che parla soltanto di “disegno”, porrebbe l’istituto fuori dalla realtà concreta, data la variabilità delle situazioni di fatto e la loro prevedibilità, quindi e normalmente, solo in via approssimativa.
Quello che occorre, invece, Ł che si abbia una visibile programmazione e deliberazione iniziale di una pluralità di condotte in vista di un unico fine, concreto e specifico, che può essere ab origine anche di massima, purchØ i reati da compiere risultino previsti almeno in linea generale -seppure con una riserva di ‘adattamento’ alle eventualità del caso- come mezzo per il conseguimento di un unico scopo o intento prefissato (in tal senso di nuovo Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 3111 del 20/11/2013, dep. 2014, Rv. 259094 – 01; Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010, P., Rv. 246838 – 01
La difficoltà di applicazione pratica dell’istituto deriva dalla natura indiziaria di tale tipologia di accertamento che impone di risalire dai fatti commessi (evidenza obiettiva) a un aspetto di tipo eminentemente psichico (che si pone come antecedente ideologico), rappresentato dalla unitaria programmazione nell’ambito di una finalità ben individuata e circoscritta.
In questa prospettiva, ad esempio, le decisioni che riconoscono una particolare valenza all’indicatore logico della ‘non eccessiva distanza temporale’ tra le violazioni realizzano, pertanto, una opportuna autolimitazione della discrezionalità affidandosi ad una massima di esperienza che può essere ritenuta ragionevole (cfr. Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015, dep. 2016, Esposti, Rv. 266413 – 01; Sez. 2, n. 7555 del 22/01/2014, COGNOME, Rv. 258543 – 01
Ciò perchØ l’elemento teleologico richiesto dal legislatore non può coincidere con un finalismo del tutto generico -come in ipotesi l’obiettivo dell’agente di realizzare profitti illeciti attraverso una tendenziale dedizione al crimine sì da soddisfare in tal modo, per un tempo consistente, i propri bisogni di vita- posto che ciò finirebbe con il contraddire la natura stessa dell’istituto quale norma di favore, tesa a mitigare il rigore del cumulo materiale nei confronti dell’agente che abbia mostrato una ridotta capacità criminale.
Da ciò deriva che un consistente intervallo temporale tra un episodio e quello successivo, salve le ipotesi in cui si rinvenga una chiara ragione giustificatrice di una attuazione temporalmente frazionata di un fine specifico, Ł indicatore logico di una successione di azioni sorrette da ideazione autonome o comunque orientate a realizzare piø che una finalità circoscritta (come richiesto dalla norma) una tendenza soggettiva indeterminata ed ampia.
2.2. Nel caso di specie il giudice dell’esecuzione si Ł conformato ai principi indicati.
La motivazione del provvedimento impugnato, infatti, facendo riferimento alle modalità esecutive dei due episodi, commessi con il medesimo concorrente ma, quelli del 2018, in modo ben piø articolato e anche in concorso con altre persone, ha dato conto di essersi confrontato con gli elementi contenuti nelle sentenze di cognizione e, pure considerato il certificato penale dell’interessato, ha coerentemente valorizzato la distanza temporale e ha così reso una motivazione coerente e logica che non Ł pertanto sindacabile in questa sede.
Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 27/03/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME