Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 18079 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 18079 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a CAPUA il 16/03/1971
avverso l’ordinanza del 19/11/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 19 novembre 2024, la Corte di appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza proposta nell’interesse di NOME COGNOME per ottenere, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., l’applicazione della disciplina della continuazione tra due reati di tentato furto in abitazione entrambi aggravati ex artt. 625, n. 5), e 61, n. 5), cod. pen., commessi, rispettivamente, I’ll marzo 2016 in Liberi (CE) e il 5 aprile 2016 in Ailano (CE), giudicati dalla stessa Corte territoriale con sentenza del 15 maggio 2019, irrevocabile I’ll ottobre 2019, e con sentenza del 5 giugno 2017, definitiva 11 17 dicembre 2018.
Pur tenendo conto dell’omogeneità delle violazioni e dell’analogia del modus operandi (la SPADA entrava, con altre complici – alcune delle quali non identificate – con uno stratagemma, in casa di anziane, cercando di impossessarsi di beni ivi custoditi), il giudice dell’esecuzione, in assenza di elementi indicativi dell’esistenza di una determinazione iniziale a commettere reati predatori in danno di persone anziane, in concorso con altri, valutava le azioni delittuose quali frutto di autonome ed estemporanee risoluzioni criminose, discendenti dalla necessità contingente della condannata di procurarsi somme di denaro ovvero altri beni, da soddisfare scegliendo facili prede.
A riprova della inclinazione della SPADA a commettere reati contro il patrimonio al di fuori della cornice di un’unica matrice deliberativa, il giudice d merito sottolineava l’esistenza, a carico della donna, di tre precedenti condanne, distanziate nel tempo, per reati di furto aggravato commessi il 15 marzo 1997, il 30 dicembre 2003 e il 16 novembre 2004.
Ha proposto ricorso per cassazione l’interessata, per il tramite del suo difensore, deducendo, con un unico motivo, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen.
Ad avviso del difensore della ricorrente, la Corte di appello di Napoli, pur riconoscendo l’omogeneità della tipologia dei reati e delle modalità attuative, avrebbe erroneamente attribuito rilevanza decisiva alla diversità soggettiva dei concorrenti nei reati, omettendo, invece, la valutazione degli ulteriori indicatori di un disegno criminoso unitario, ben dettagliati nell’istanza (contiguità spaziotemporale, comune causale).
Il Procuratore generale di questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
Occorre, preliminarmente, ricordare, in sintonia con quanto affermato dalle Sezioni Unite, che il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati s successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/5/2017, COGNOME, Rv. 270074).
Tuttavia, gli indicatori appena elencati, seppure sintomatici di una particolare attitudine del soggetto a commettere azioni criminose della stessa indole, non consentono, se singolarmente considerati, di ritenere che i reati siano frutto di determinazioni volitive risalenti ad un’unica deliberazione di fondo, che, come noto, non va identificata con una generale propensione alla devianza, che si manifesta, di volta in volta, in relazione alle varie occasioni ed opportunità esistenziali (Sez. 2, n. 10033 del 07/12/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284420 01; Sez. 1, n. 15955 del 08/01/2016, Eloumari, Rv. 266615 – 01); d’altro canto, è innegabile che ciascuno dei suddetti fattori, aggiunto ad un altro, incrementi la possibilità dell’accertamento dell’esistenza di un medesimo disegno criminoso, in proporzione logica corrispondente all’aumento delle circostanze indiziarie favorevoli (Sez. 3, n. 3111 del 20/11/2013, dep. 2014, P., Rv. 259094 – 01; Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010, COGNOME, Rv. 246838 – 01).
In sostanza, l’identità del disegno criminoso deve essere negata qualora, malgrado il nesso funzionale tra le diverse fattispecie incriminatrici, la successione degli episodi sia tale da escludere la preventiva programmazione dei reati ed emerga, invece, l’occasionalità di quelli compiuti successivamente rispetto a quello cronologicamente anteriore (Sez. 3, n. 896 del 17/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266179 – 01; Sez. 1, n. 35639 del 02/07/2013, COGNOME, Rv. 256308 – 01; Sez. 6, n. 44214 del 24/10/2012, COGNOME e altro, Rv. 254793 – 01).
La valutazione, poi, circa la sussistenza dell’unicità del disegno criminoso costituisce questione di fatto rimessa all’apprezzamento del giudice di merito: essa è, quindi, sindacabile in sede di legittimità solo ove non sia sorretta da adeguata motivazione (Sez. 6, n. 49969 del 21/09/2012, COGNOME, Rv. 254006 – 01; Sez. 4, n. 25094 del 13/06/2007, COGNOME, Rv. 237014 – 01).
Tanto premesso, rileva il Collegio che il giudice dell’esecuzione abbia fatto buon governo dei principi richiamati, escludendo, con motivazione adeguata ed
immune da vizi logici, che, nel caso di specie, ricorressero i presupposti per riconoscere l’unicità del disegno criminoso.
Ha, in particolare, osservato che l’omogeneità delle condotte e delle modalità attuative non rappresentavano elementi di per sé dimostrativi di una medesima matrice deliberativa, in assenza di ulteriori, più incisivi elementi di raccordo che consentissero di dimostrare che, al momento in cui la COGNOME, in concorso con NOME COGNOME – poi assolta – e altre due donne rimaste identificate, tentò di perpetrare il furto in appartamento in danno di NOME COGNOME I’ll marzo 2016 in Liveri (CE), avesse già in mente di commettere l’analogo reato posto in essere, sempre nella forma del tentativo, il 5 aprile 2016 (circa un mese dopo il primo), in altro paese (Ailano, sempre nella provincia di Caserta), in danno di NOME COGNOME in concorso con le congiunte NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Inquadrando i due reati de quibus nel più ampio contesto temporale della sua biografia criminale, connotata da altre tre precedenti condanne irrevocabili per furto aggravato, la Corte di merito ha conclusivamente affermato, in modo logico e in conformità a giurisprudenza consolidata, che l’identità del movente (economico) è insufficiente a configurare la medesimezza del disegno criminoso, che non va confuso con il generico proposito di commettere reati o con la scelta di una condotta di vita fondata sul delitto (Sez. 1, n. 785 del 06/02/1996, COGNOME, Rv. 203987 – 01).
A fronte del solido costrutto argomentativo ora sintetizzato, il ricorso oppone rilievi assertivi e infondati, con particolare riguardo alla eccepita valorizzazione nell’ordinanza impugnata, della diversità dei concorrenti nei due reati.
Tale indicatore, infatti, non risulta minimamente apprezzato dal giudice dell’esecuzione, né avrebbe potuto esserlo, per la semplice ragione che nel reato dell’Il marzo 2016, commesso a Liveri, le due complici che attendevano in auto la COGNOME non vennero identificate (fu identificata solo NOME COGNOME che venne peraltro assolta).
Né il difensore si è confrontato con un’osservazione della Corte di appello, relativa all’episodio del 5 aprile 2016, a proposito dell’approccio iniziale all persona offesa in termini di richiesta di elemosina da parte delle malviventi, descritto a ulteriore riprova dell’estemporaneità della condotta attuata nell’occasione.
4. In ragione di quanto esposto, deve concludersi per il rigetto del ricorso, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2025
Il Consigliere estensore