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Reato continuato: quando si applica? La Cassazione

Un soggetto, condannato con due sentenze distinte per reati di droga commessi a distanza di due anni, ha richiesto l’applicazione del reato continuato per unificare la pena. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, specificando che per configurare il reato continuato è indispensabile che l’unico disegno criminoso sia preesistente alla commissione del primo reato. La notevole distanza temporale e geografica tra i fatti ha reso impossibile provare tale presupposto.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Continuato: La Cassazione Chiarisce i Requisiti Fondamentali

L’istituto del reato continuato, previsto dall’articolo 81 del codice penale, rappresenta uno strumento fondamentale per garantire un trattamento sanzionatorio più equo a chi commette più reati in esecuzione di un medesimo piano. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede la presenza di requisiti specifici e rigorosi. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a fare luce sul presupposto essenziale del “medesimo disegno criminoso”, chiarendo come la distanza temporale e geografica tra le condotte possa escluderne l’esistenza.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un soggetto che aveva chiesto al Giudice dell’esecuzione di unificare, sotto il vincolo della continuazione, due distinte condanne definitive.

La prima sentenza, emessa dalla Corte di Appello di Palermo, riguardava un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 D.P.R. 309/1990) e diversi episodi di spaccio (art. 73 D.P.R. 309/1990), commessi tra la Sicilia e la Campania nell’arco temporale aprile-ottobre 2013.

La seconda sentenza, pronunciata dalla Corte di Appello di Bari, si riferiva invece a un singolo episodio di spaccio di droga commesso in Puglia nel giugno del 2015, quasi due anni dopo la conclusione delle condotte oggetto della prima condanna.

Il ricorrente sosteneva che i reati, essendo della stessa natura, dovessero essere considerati come parte di un unico progetto criminale, chiedendo quindi l’applicazione del più favorevole regime del reato continuato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del giudice dell’esecuzione. Gli Ermellini hanno ritenuto la richiesta manifestamente infondata, poiché mancava la prova del requisito cardine per l’applicazione dell’istituto: l’identità del disegno criminoso.

Le Motivazioni: L’Importanza del Medesimo Disegno Criminoso

Il cuore della decisione risiede nella corretta interpretazione del concetto di “medesimo disegno criminoso”. La Corte ha ribadito un principio consolidato in giurisprudenza: affinché si possa parlare di reato continuato, non è sufficiente una generica inclinazione a delinquere o la semplice ripetizione di reati dello stesso tipo. È invece necessario che l’autore abbia concepito, prima ancora di commettere il primo reato, un piano unitario e preordinato che abbracci tutte le condotte successive.

Nel caso di specie, la Corte ha evidenziato come la condotta associativa si fosse esaurita nell’ottobre del 2013 tra Sicilia e Campania. Il reato commesso a Bari, ben due anni dopo e in un contesto geografico completamente diverso, non poteva essere ragionevolmente considerato come parte di quel piano originario. La significativa distanza temporale e spaziale tra i fatti ha interrotto il nesso logico e programmatico, facendo apparire il secondo reato come un’iniziativa autonoma e successiva, non come l’attuazione di un progetto iniziale.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa pronuncia rafforza un importante principio di diritto: per ottenere il riconoscimento del reato continuato, l’onere della prova grava su chi lo richiede. È necessario fornire elementi concreti da cui desumere che tutti i reati, anche se commessi in tempi e luoghi diversi, siano stati il frutto di una deliberazione unitaria e preventiva. Una notevole distanza cronologica e geografica tra le condotte costituisce un forte indizio contrario, rendendo estremamente difficile dimostrare l’esistenza di un unico disegno criminoso e, di conseguenza, ottenere il beneficio di una pena unificata.

È sufficiente che più reati siano dello stesso tipo per considerarli in ‘reato continuato’?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la sola omogeneità dei reati non è sufficiente. È necessario dimostrare che tutti i reati sono stati commessi in esecuzione di un ‘medesimo disegno criminoso’ preordinato sin dall’inizio.

Qual è il ruolo del tempo e del luogo nella valutazione del ‘reato continuato’?
Il tempo e il luogo sono elementi cruciali. Una notevole distanza temporale (in questo caso, due anni) e geografica (tra Sicilia/Campania e Puglia) tra i reati rende molto difficile sostenere l’esistenza di un unico piano criminoso, come stabilito nel provvedimento.

Cosa si intende per ‘medesimo disegno criminoso’?
Si intende un piano unitario e deliberato, concepito prima della commissione del primo reato, che lega tutte le successive azioni criminali come parti di un unico progetto. Non può essere una generica inclinazione a delinquere, ma deve essere un programma specifico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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