Reato Continuato: La Cassazione Chiarisce i Requisiti Fondamentali
L’istituto del reato continuato, previsto dall’articolo 81 del codice penale, rappresenta uno strumento fondamentale per garantire un trattamento sanzionatorio più equo a chi commette più reati in esecuzione di un medesimo piano. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede la presenza di requisiti specifici e rigorosi. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a fare luce sul presupposto essenziale del “medesimo disegno criminoso”, chiarendo come la distanza temporale e geografica tra le condotte possa escluderne l’esistenza.
I Fatti del Caso
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un soggetto che aveva chiesto al Giudice dell’esecuzione di unificare, sotto il vincolo della continuazione, due distinte condanne definitive.
La prima sentenza, emessa dalla Corte di Appello di Palermo, riguardava un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 D.P.R. 309/1990) e diversi episodi di spaccio (art. 73 D.P.R. 309/1990), commessi tra la Sicilia e la Campania nell’arco temporale aprile-ottobre 2013.
La seconda sentenza, pronunciata dalla Corte di Appello di Bari, si riferiva invece a un singolo episodio di spaccio di droga commesso in Puglia nel giugno del 2015, quasi due anni dopo la conclusione delle condotte oggetto della prima condanna.
Il ricorrente sosteneva che i reati, essendo della stessa natura, dovessero essere considerati come parte di un unico progetto criminale, chiedendo quindi l’applicazione del più favorevole regime del reato continuato.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del giudice dell’esecuzione. Gli Ermellini hanno ritenuto la richiesta manifestamente infondata, poiché mancava la prova del requisito cardine per l’applicazione dell’istituto: l’identità del disegno criminoso.
Le Motivazioni: L’Importanza del Medesimo Disegno Criminoso
Il cuore della decisione risiede nella corretta interpretazione del concetto di “medesimo disegno criminoso”. La Corte ha ribadito un principio consolidato in giurisprudenza: affinché si possa parlare di reato continuato, non è sufficiente una generica inclinazione a delinquere o la semplice ripetizione di reati dello stesso tipo. È invece necessario che l’autore abbia concepito, prima ancora di commettere il primo reato, un piano unitario e preordinato che abbracci tutte le condotte successive.
Nel caso di specie, la Corte ha evidenziato come la condotta associativa si fosse esaurita nell’ottobre del 2013 tra Sicilia e Campania. Il reato commesso a Bari, ben due anni dopo e in un contesto geografico completamente diverso, non poteva essere ragionevolmente considerato come parte di quel piano originario. La significativa distanza temporale e spaziale tra i fatti ha interrotto il nesso logico e programmatico, facendo apparire il secondo reato come un’iniziativa autonoma e successiva, non come l’attuazione di un progetto iniziale.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa pronuncia rafforza un importante principio di diritto: per ottenere il riconoscimento del reato continuato, l’onere della prova grava su chi lo richiede. È necessario fornire elementi concreti da cui desumere che tutti i reati, anche se commessi in tempi e luoghi diversi, siano stati il frutto di una deliberazione unitaria e preventiva. Una notevole distanza cronologica e geografica tra le condotte costituisce un forte indizio contrario, rendendo estremamente difficile dimostrare l’esistenza di un unico disegno criminoso e, di conseguenza, ottenere il beneficio di una pena unificata.
È sufficiente che più reati siano dello stesso tipo per considerarli in ‘reato continuato’?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la sola omogeneità dei reati non è sufficiente. È necessario dimostrare che tutti i reati sono stati commessi in esecuzione di un ‘medesimo disegno criminoso’ preordinato sin dall’inizio.
Qual è il ruolo del tempo e del luogo nella valutazione del ‘reato continuato’?
Il tempo e il luogo sono elementi cruciali. Una notevole distanza temporale (in questo caso, due anni) e geografica (tra Sicilia/Campania e Puglia) tra i reati rende molto difficile sostenere l’esistenza di un unico piano criminoso, come stabilito nel provvedimento.
Cosa si intende per ‘medesimo disegno criminoso’?
Si intende un piano unitario e deliberato, concepito prima della commissione del primo reato, che lega tutte le successive azioni criminali come parti di un unico progetto. Non può essere una generica inclinazione a delinquere, ma deve essere un programma specifico.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21692 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21692 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 28/11/2023 del GIP TRIBUNALE di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
Rilevato che il GIP del Tribunale di Palermo, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di COGNOME NOME di applicare la disciplina di cui all’art. 81 cod. pen. tra i reati oggetto dei seguenti provvedimenti:
-sentenza pronunciata dalla Corte di Appello di Palermo il 27/5/2020, irrevocabile il 20/1/2022, per il reato di cui all’art. 74 D.P.R. 309 del 1990 commesso a Palermo, Napoli e altre località campane da aprile a ottobre 2013 e in relazione a tre condotte di cui all’art. 73 D.P.r. 309 del 1990 accertate il 13/6/2013, il 4/9/2013 e il 23/10/2013;
-sentenza pronunciata dalla Corte di Appello di Bari il 6/12/2016, irrevocabile il 5/10/2017, per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. 309/1990 a Bari – torre a Mare il 26/6/2015;
Rilevato che con il ricorso e con le conclusioni pervenute il 19/3/2024 si denunciano la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’art. 81 cod. pen. evidenziando che la conclusione sarebbe errata in quanto la Corte territoriale non avrebbe adeguatamente tenuto conto della contiguità cronologica e dell’omogeneità dei reati commessi;
Rilevato che le doglianze oggetto del ricorso sono manifestamente infondate in quanto il provvedimento impugnato ha adeguatamente motivato in ordine alla necessità che l’identità del disegno criminoso debba essere rintracciabile sin dalla commissione del primo reato e come questo non sia desumibile nel caso di specie nel quale la condotta associativa oggetto della prima sentenza è circoscritta al periodo compreso tra aprile e ottobre 2013 e si svolta tra la Sicilia e la Campania mentre il reato oggetto della seconda pronuncia è stato commesso ben due anni dopo e in località diversa (cfr. Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01; Sez. 1, n. 13971 del 30/3/2021, COGNOME, n.m.; Sez. 1, n. 39222 del 26/02/2014, B, Rv. 260896 – 01);
Ritenuto pertanto che il ricorso è inammissibile in quanto le doglianze sono manifestamente infondate e in parte tese a sollecitare una diversa e alternativa lettura che non è consentita in questa sede (cfr. Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv 280601);
Considerato che alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento della
somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso 18/4/2024
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