Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 13845 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA
Penale Sent. Sez. 5 Num. 13845 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/03/2025
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da:
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
Presidente –
NOME COGNOME
Relatore –
Sent. n. sez. 449/2025
CC – 27/03/2025
R.G.N. 100/2025
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a CERIGNOLA il 14/02/1971
avverso l’ordinanza del 29/11/2024 del TRIBUNALE di FOGGIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG che ha concluso per la inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
NOME tramite difensore abilitato, ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione del Tribunale di Foggia che, decidendo in sede di rinvio per effetto di annullamento della Prima sezione della Corte di Cassazione del 6 settembre 2024, n. 33982, ha rigettato l’istanza di applicazione della disciplina del reato continuato, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen.
1.1. Più precisamente, la Prima sezione di questa Corte aveva annullato l’ordinanza con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Foggia, in funzione di
giudice dell’esecuzione, aveva rigettato l’istanza proposta ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen. dalla Lupo di unificazione sotto il vincolo della continuazione dei reati oggetto delle sentenze di condanna emesse dalla Corte di appello di Lecce -sezione distaccata di Taranto -il 6 novembre 2019, dalla Corte di appello di Ancona il 1° marzo 2022 e dalla Corte di appello di Bari il 17 marzo 2023.
La Corte Suprema aveva tuttavia rilevato come il giudice dell’esecuzione, pur riconoscendo che all’origine delle violazioni omogenee vi fosse un’unica deliberazione di massima, ha escluso, tuttavia, che le condotte reiterate siano state poste in essere dall’imputata in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, proprio sulla base della inesatta indicazione della loro commissione lungo l’arco di quattro anni, laddove invece i reati risultano commessi in un intervallo temporale di poco meno di un anno e dieci mesi.
La ricorrente ha proposto un solo motivo di ricorso deducendo la nullità della ordinanza ex art. 606, comma 1, lett. b, c ed e, cod. proc. pen. per travisamento, omissione, illogicità e contraddittorietà della motivazione.
In particolare, la ricorrente evidenziava come la medesimezza delle modalità delle condotte illecite, la tipologia dei reati, la causale delle violazioni, nonché la omogeneità delle condotte e del bene giuridico protetto erano indici rivelatori di un identico proposito criminoso.
Con requisitoria scritta del 24 febbraio 2025, il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, dott. NOME COGNOME chiede dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il motivo di ricorso riferito al mancato riconoscimento della continuazione è inammissibile in quanto meramente confutativo.
Ritiene il collegio che il giudice dell’esecuzione, con l’ordinanza pronunciata in esito al rinvio, si sia uniformato al dictum della sentenza di annullamento della Corte di cassazione ed abbia colmato le lacune motivazionali da essa registrate con un tessuto espositivo sufficientemente razionale, appagante e non illogico, sottratto alle censure di stretta pertinenza del sindacato di legittimità, perché, come è doveroso rimarcare, l’accertamento del requisito dell’unicità del disegno criminoso rappresenta giudizio di fatto, di competenza del giudice di merito o del giudice dell’esecuzione (Sez. 1, n. 12936 del 03/12/2018, COGNOME, Rv. 275222; Sez. 6, n. 49969 del 21/09/2012, COGNOME, Rv. 254006).
2.1. Mette conto rammentare che, sul tema dell’applicazione della disciplina del reato continuato nella fase esecutiva (art. 671 cod. proc. pen.), le Sezioni Unite di questa Corte sono intervenute ribadendo un principio già consolidato nella giurisprudenza di legittimità, secondo il quale il riconoscimento della continuazione in executivis (non diversamente che nel processo di cognizione), deve necessariamente passare attraverso la rigorosa, approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori – quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita – del fatto che, al momento della commissione del primo reato della serie, i successivi fossero stati realmente già programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici di cui sopra se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea, di situazioni occasionali, di complicità imprevedibili, ovvero di bisogni e necessità di ordine contingente, o ancora della tendenza a porre in essere reati della stessa specie o indole in virtù di una scelta delinquenziale compatibile con plurime deliberazioni (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
2.2. L’unicità del programma criminoso, di contro, non può mai essere assimilata a una concezione esistenziale fondata sulla serialità delle attività illecite del condannato, perché in tal caso “la reiterazione della condotta criminosa è espressione di un programma di vita improntato al crimine e che dal crimine intende trarre sostentamento e, pertanto, penalizzata da istituti quali la recidiva, l’abitualità, la professionalità nel reato e la tendenza a delinquere, secondo un diverso ed opposto parametro rispetto a quello sotteso all’istituto della continuazione, preordinato al favor rei ” ( ex multis , Sez. 5, n. 10917 del 12/01/2012, Abbassi, Rv. 252950).
Deve essere richiamato il principio per cui “in tema di applicazione della continuazione, l’identità del disegno criminoso, caratterizzante l’istituto disciplinato dall’art. 81, secondo comma, cod. pen., postula che l’agente si sia previamente rappresentato e abbia unitariamente deliberato una serie di condotte criminose e non si identifica con il programma di vita delinquenziale del reo, che esprime, invece, l’opzione dello stesso a favore della commissione di un numero non predeterminato di reati; essi, seppure dello stesso tipo, non sono identificabili a priori nelle loro principali coordinate, ma rivelano una generale propensione alla devianza che si concretizza, di volta in volta, in relazione alle varie occasioni ed opportunità esistenziali” (Sez. 1, n. 15955 del 08/01/2016, Eloumari, Rv. 266615, conforme Sez. 2, n. 10033 del 07/12/2022, dep. 2023, Mounir, Rv. 284420).
2.3. D’altro canto, l’onere della allegazione dell’esistenza del “medesimo disegno criminoso”, in conformità alle regole generali, grava su chi la afferma, e quindi, in definitiva, sull’interessato, quando questi è l’istante che ha determinato l’apertura dell’incidente di esecuzione (Sez. 1, n. 35806 del 20/04/2016, COGNOME: Rv. 267580: in tema di esecuzione, grava sul condannato che invochi l’applicazione della disciplina del reato continuato l’onere di allegare elementi specifici e concreti a sostegno, non essendo sufficiente il mero riferimento alla contiguità cronologica degli addebiti ovvero all’identità dei titoli di reato, in quanto indici sintomatici non di attuazione di un progetto criminoso unitario quanto di un’abitualità criminosa e di scelte di vita ispirate alla sistematica e contingente consumazione degli illeciti; e ancora, Sez. 7, ord. n. 5305 del 16/12/2008, COGNOME, Rv. 242476; Sez, 5, n. 21326 del 06/05/2010, COGNOME, Rv. 247356; Sez. I3, n. 17738 del 14/12/2018, COGNOME, Rv. 275451).
Il Tribunale ha ritenuto non sussistente un unico disegno criminoso, formulato sin dalla commissione del primo reato, nonostante l’omogeneità dei titoli di reato, tenuto conto: -a ) della realizzazione dei reati in regioni differenti (provincia di Taranto, Ascoli Piceno e provincia di Barletta); -b ) della distanza temporale tra i tre delitti (oltre un anno e nove mesi); -c ) dell’eterogeneità dei reati sotto il profilo soggettivo, avendo la ricorrente agito in concorso (fatti giudicati dalla Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto) ovvero da sola (le altre due ipotesi delittuose); -d ) dell’assenza, emergente dalle sentenze di condanna, di collegamenti tra i diversi reati giudicati, tale da far ipotizzare l’appartenenza delle banconote spese ad una partita comune di banconote contraffatte.
A ciò deve aggiungersi la mancanza di elementi concreti di riscontro di tale unicità, in quanto non indicati dall’istante stessa.
In conclusione, il giudice dell’esecuzione si è attenuto ai riportati principi che governano la materia.
A fronte di tali elementi, la ricorrente ha riproposto i medesimi argomenti già spesi nell’istanza originaria e, dunque, presi in esame dal giudice dell’esecuzione.
La censura si rivela, pertanto, generica e aspecifica, risolvendosi nella mera istanza di rivalutazione di elementi fattuali già presi in considerazione.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13 giugno 2000), alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue anche quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 27/03/2025
Il Consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME