Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 43628 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 43628 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI COSENZA nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME NOME a COSENZA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 26/04/2024 del TRIBUNALE di COSENZA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG in persona del Sostituto Procuratore generale NOME
NOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio;
letta la memoria del difensore;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe emessa il 26 aprile 2024 il Tribunale di Cosenza, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha accolto l’istanza presentata nell’interesse di NOME COGNOME con la quale è stata chiesta l’applicazione della disciplina della continuazione in relazione alle seguenti sentenze emesse dal medesimo Tribunale:
30 settembre 2016, riformata dalla sentenza della Corte di appello di Catanzaro del 29 gennaio 2019, irrevocabile il 14 giugno 2019, per il reato di cui all’art. 76 d.lgs. n. 159 del 2011, commesso a Cosenza il 16 marzo 2015;
14 maggio 2018, irrevocabile il 6 ottobre 2018, per il reato di cui all’art. 75, comma 1, d.lgs. n. 159 del 2011, commesso a Cosenza il 7 marzo 2017;
18 settembre 2018, confermata dalla Corte di appello di Catanzaro con sentenza del 9 febbraio 2021, irrevocabile il 2 dicembre 2021 per il reato di cui all’art. 75, comma 1, d.lgs. n. 159 del 2011, anch’esso commesso a Cosenza il 7 marzo 2017, alle ore 21.05.
Il giudice dell’esecuzione ha evidenziato che, con ordinanza ex art. 671 cod. proc. pen. del 21 febbraio 2023, era stata già riconosciuta la continuazione tra le sentenze di cui ai nn. 1 e 2, con rideterminazione della pena nella misura di sette mesi di arresto.
L’istanza è stata accolta tenuto conto dell’omogeneità delle violazioni, delle modalità dell’azione, dell’arco di tempo in cui sono state commesse le violazioni (il fatto di cui alla terza sentenza è di solo un’ora successivo a quello di cui alla sentenza sub 2).
La pena complessiva è stata rideterminata in nove mesi di arresto.
Avverso il provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cosenza articolando un unico motivo con il quale ha eccepito la violazione dell’art. 82, comma secondo, cod. pen., nonché contraddittorietà e illogicità della motivazione.
Secondo il ricorrente, da alcun elemento il giudice avrebbe potuto affermare l’esistenza della previsione, sin dalla commissione del primo fatto (il 16 marzo 2015), che la serata del successivo 7 marzo 2017 il sottoposto alla misura di prevenzione avrebbe violato l’obbligo di rientro a casa.
Peraltro, nell’istanza di riconoscimento della continuazione, il condanNOME aveva descritto le plurime violazioni della misura di prevenzione come originate da comportamenti estemporanei.
Inoltre, il giudice dell’esecuzione avrebbe omesso di considerare che, nel caso di specie, si verte in tema di proclività a delinquere e non di unitarietà del
disegno criminoso.
Alcun vincolo avrebbe potuto desumersi dall’avvenuto riconoscimento della continuazione con la precedente ordinanza del 21 febbraio 2023, anche tenuto conto dell’esistenza di altre condanne a carico di COGNOME per ulteriori e successive violazioni della medesima misura di prevenzione.
Il Procuratore generale ha chiesto l’annullamento con rinvio. Il difensore ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
L’ordinanza impugnata risulta conforme ai principi costantemente affermati da questa Corte in punto di riconoscimento della continuazione in sede esecutiva.
Si sostiene, infatti, che «in tema di applicazione della continuazione, l’identità del disegno criminoso, caratterizzante l’istituto discipliNOME dall’art. 81, secondo comma, cod. pen., postula che l’agente si sia previamente rappresentato e abbia unitariamente deliberato una serie di condotte criminose e non si identifica con il programma di vita delinquenziale del reo, che esprime, invece, l’opzione dello stesso a favore della commissione di un numero non predetermiNOME di reati; essi, seppure dello stesso tipo, non sono identificabili a priori nelle loro principali coordinate, ma rivelano una generale propensione alla devianza che si concretizza, di volta in volta, in relazione alle varie occasioni ed opportunità esistenziali» (Sez. 1, n. 15955 del 08/01/2016, COGNOME, Rv. 266615, conforme Sez. 2, n. 10033 del 07/12/2022, dep. 2023, Mounir, Rv. 284420).
Inoltre, «il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spaziotemporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita. Per detto riconoscimento è richiesto, inoltre, che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati, se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea» (Sez. U., n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
Contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, pertanto, al fine di riconoscere la sussistenza dell’unicità del disegno criminoso non sarebbe stato necessario dimostrare la previsione, sin dall’epoca di commissione del primo reato, della consumazione del reato successivo a distanza di due anni.
In termini ineccepibili, invece, il giudice dell’esecuzione ha valorizzato l’omogeneità dei fatti sotto il profilo dell’oggettività giuridica e delle modalità dell’azione, risultando tutti connessi alla violazione delle disposizioni della medesima misura di prevenzione.
Peraltro, l’ultimo fatto posto in continuazione con quelli precedentemente unificati per effetto del pregresso riconoscimento del medesimo vincolo, è stato commesso lo stesso giorno di uno degli altri due e a distanza di circa un’ora.
La carenza del medesimo disegno criminoso viene parametrata, nel ricorso, pressoché esclusivamente, alla violazione del 16 marzo 2015, ma non si approfondisce il rapporto fra le due violazioni del 7 marzo 2017, come, invece, sarebbe stato necessario in quanto una delle due fa già parte del reato continuato.
A tale proposito, non può non rilevarsi come il precedente riconoscimento del vincolo non integri, in alcun modo, un fatto neutro o irrilevante atteso che «il giudice dell’esecuzione, investito da richiesta ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., non può trascurare, ai fini del riconoscimento del vincolo della continuazione, una precedente già operata in fase di esecuzione relativamente ad alcuni reati, potendo da essa prescindere solo previa dimostrazione dell’esistenza di specifiche e significative ragioni per cui i fatti oggetto di detta richiesta non possono essere ricondotti al delineato disegno» (Sez. 1, n. 4716 del 08/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258227).
Né, infine, può assumere rilievo l’eventualità, pure prospettata dal pubblico ministero, che si determini un effetto di trascinamento del provvedimento di riconoscimento della continuazione rispetto ad altre, successive, sentenze di condanna per fattispecie di reato omogenee, stante l’autonomia degli eventuali procedimenti esecutivi.
Da quanto esposto discende il rigetto del ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso il 13/09/2024