Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 28599 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 28599 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a LIMBADI il 23/06/1967
avverso l’ordinanza del 29/01/2025 del TRIBUNALE di MONZA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME lettelbenlile le conclusioni del PG
Letta la requisitoria del dott. NOME COGNOME Sostituto Procuratore generale della Repubblic presso la Corte di cassazione, con cui è stato chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Monza in composizione monocratica, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza presentata nell’interesse di NOME COGNOME diretta ad ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato in executivis in relazione alle fattispecie di cui a cinque sentenze specificamente in essa indicate.
Avverso tale ordinanza propone ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, COGNOME deducendo vizio di motivazione per omessa valutazione del contenuto delle produzioni difensive allegate all’istanza originaria e alla memoria difensiva, nonché vizio di motivazione violazione di legge in relazione al mancato riconoscimento della continuazione in sede esecutiva.
Osserva che la valutazione della documentazione allegata – provvedimento del Tribunale misure di prevenzione di Monza, del 2012, e ordinanza di custodia cautelare del G.i.p. del Tribunale di Catanzaro, del 2010 – avrebbe consentito di unificare le condotte delittuose di cu alla richiesta, in quanto parte di un programma complessivo volto al perseguimento di uno scopo unitario, atteso che nel 1999 COGNOME si trasferiva dalla Calabria al Nord dell’Italia proprio c il fine di costituire un cartello criminale nel settore delle estorsioni, degli stupefacenti, del e delle armi.
Lamenta che il Tribunale di Monza si è soffermato esclusivamente sul dato temporale delle singole condotte e non ha considerato la possibilità di concedere il beneficio quantomeno per una parte delle condanne. Rileva, al riguardo, che le estorsioni commesse da COGNOME nel 1999, di cui alla sentenza del Tribunale di Lamezia, risultano perpetrate in concorso con NOME COGNOME come i delitti in materia di stupefacenti commessi nel 2000, di cui alla sentenza del G.u.p. d Tribunale di Monza.
Rileva che al coimputato dei medesimi fatti, COGNOME risultano essere state unificate dett condotte in sede esecutiva.
Si duole che il Giudice dell’esecuzione ometta di considerare come tutti i reati fosser animati dalla medesima finalità di lucro e che centrale nell’attività criminale di Mancuso fosse bar Sole di Giussano.
Il difensore insiste, alla luce di tali motivi, per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
1.1. Va, invero, premesso che:
il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non
diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spa temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitu programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fin valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comun frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074);
rilevano, ai fini della prova dell’esistenza del medesimo disegno criminoso l’unitarietà de contesto e della spinta a delinquere, la brevità del lasso temporale che separa i diversi episod l’identica natura dei reati, l’analogia del “modus operandi” e la costante compartecipazione de medesimi soggetti, non essendo necessaria la contemporanea ricorrenza di tutti i predetti indicatori, potendo l’unitarietà del disegno criminoso essere apprezzata anche al cospetto di soltanto alcuni di detti elementi, purché significativi (in questo senso cfr., tra le tante, Sez 8513 del 09/01/2013, Cardinale, Rv. 254809; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, COGNOME, Rv. 242098; Sez. 2, n. 10539 del 10/02/2023, Digilio, Rv. 284652);
in tema di esecuzione, grava sul condannato che invochi l’applicazione della disciplina del reato continuato l’onere di allegare elementi specifici e concreti a sostegno, non essendo sufficiente il mero riferimento alla contiguità cronologica degli addebiti ovvero all’ident analogia dei titoli di reato, in quanto indici sintomatici non di attuazione di un progetto crim unitario quanto di una abitualità criminosa e di scelte di vita ispirate alla sistemat contingente consumazione di illeciti (Sez. 5, n. 21326 del 06/05/2010, COGNOME, Rv. 247356; in senso conforme: Sez. 1 n. 35806 del 20/04/2016, Rv. 267580, e Sez. 3, n. 17738 del 14/12/2018, COGNOME, Rv. 275451);
l’accertamento degli indici rivelatori della medesimezza del disegno criminoso è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, quando convincimento di detto giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti.
1.2. L’ordinanza impugnata fa corretto uso dei principi sopra indicati e ne dà conto con argomentazioni assolutamente logiche e non contraddittorie.
Invero, nell’escludere l’unicità del disegno criminoso, evidenzia che nel caso in esame non sussiste alcun elemento per ritenere che, a far tempo dal 1999, momento in cui è stata commessa la prima violazione di legge tra quelle considerate (tentata estorsione) l’istante si s rappresentato, sia pure a grandi linee, le successive, commesse a distanza di un rilevantissimo arco temporale (1999, 2001, 2006 e 2011), essendo il tempo trascorso tra ciascuno dei fatti oggetto delle sentenze particolarmente consistente e incompatibile con qualsiasi accezione di continuità cronologica o contesto temporale unitario. Aggiunge che gli elementi addotti dalla difesa non consentono di superare la presunzione delineata dalla giurisprudenza con riferimento a fatti commessi a rilevante distanza di tempo gli uni dagli altri. Osserva che la difesa
diffusamente argomentato in merito alla pregnanza e capillarità del ruolo di COGNOME nella realizzazione di molteplici ed eterogenei delitti, evidenziando la centralità, a tal fine del bar di Giussano, luogo che l’istante in più occasioni utilizzava come riferimento per la commissione di vari reati; e che si tratta di argomentazioni che a ben vedere, lungi dal consentire di riten sussistente una originaria ideazione degli elementi essenziali di tutti i reati, già difficil compatibile con l’assenza di qualsivoglia contiguità cronologica e con la loro assoluta eterogeneità ( tentate estorsioni, delitti in materia di stupefacenti, usura, detenzione illega armi), delineano piuttosto un quadro caratterizzato da una spiccata abitualità a delinquere del condannato, la cui condotta di vita risulta evidentemente fondata sul delitto. Rileva, infine, l’identità del movente, secondo la giurisprudenza di legittimità, è insufficiente a configurar medesimezza del disegno criminoso.
A fronte di tali argomentazioni, scevre da vizi logici e giuridici anzi conformi alla consolid giurisprudenza di questa Corte (si vedano, quanto all’ultimo profilo evidenziato dall’ordinanza Sez. 1, n. 785 del 06/02/1996, De, Rv. 203987, secondo cui, ai fini deraccertamento della sussistenza della continuazione, non bisogna avere riguardo agli intenti perseguiti dall’autor delle diverse azioni delittuose, ma è invece necessario che le singole violazioni di legge sian tutte rapportabili ad un unico atto volitivo, ossia che tali violazioni siano state tutte prev deliberate come momenti di attuazione di un programma preventivamente ideato ed elaborato nelle sue linee essenziali e secondo cui l’identità del movente è insufficiente a configurare medesimezza del disegno criminoso, che non va confuso con il generico proposito di commettere reati o con la scelta di una condotta di vita fondata sul delitto; Sez. 1, n. 35639 del 02/07/20 COGNOME, Rv. 256307, secondo cui l’unicità del movente rileva ai fini della continuazione solo se proposito criminoso risulti connotato da specificità e concretezza: fattispecie in cui è stata escl rilevanza, ai fini del riconoscimento della continuazione fra più delitti di omicidio, alla gen ideazione dell’imputato di sopprimere i componenti delle famiglie avverse), che evidenziano i dati dissonanti rispetto alla prospettata unitarietà progettuale criminosa, quali la dista temporale dei fatti e l’eterogeneità tra le varie contestazioni, il ricorrente propone, reitera anche in questa sede e incorrendo nell’infondatezza, una nozione di continuazione in cui la programmazione dei futuri reati al momento della consumazione del primo è assolutamente evanescente – fondandosi sulla circostanza che COGNOME si trasferiva al Nord con l’intenzione di commettere molti reati (si parla di cartello criminale ma non è documentata alcuna contestazione di associazione per delinquere), che, al pari della medesima finalità di lucro su cui sempre si f leva, nulla prova circa il fatto, da provare come rimarcato dall’ordinanza in esame, che a momento della commissione della prima tentata estorsione nel 1999 aveva progettato la commissione degli altri reati di diversa natura negli anni successivi – e assume che l medesinnezza del disegno criminoso sarebbe documentata dai provvedimenti prodotti, della cui omessa valutazione, proprio per la nozione di continuazione prospettata non conforme ai criteri di cui sopra, non può dolersi. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
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2. Al rigetto dell’impugnazione consegue la condanna del ricorrente al pagamento d spese processuali, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 20 maggio 2025.