Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 27156 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 27156 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 31/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SAN BONIFACIO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/03/2024 del TRIBUNALE di FERRARA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, dottAVV_NOTAIO, la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Ferrara, in funzione di giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 12 marzo 2024 rigettava l’istanza presentata da COGNOME NOME volta ad ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione fra due sentenze di condanna, l’una emessa dalla Corte di Appello di Venezia del 12/2/20 e la seconda dalla Corte di Appello di Bologna il 15/5/23.
Secondo il Tribunale di Ferrara non era possibile riconoscere fra i fatti oggetto delle indicate decisioni una originaria unicità di disegno criminoso, poiché la omogeneità degli illeciti non poteva essere ritenuta di per sè sufficiente a dimostrare che i singoli episodi fossero stati previsti, programmati e deliberati almeno nei loro tratti essenziali fin dalla commissione del primo reato.
Avverso detta ordinanza proponeva ricorso COGNOME NOME a mezzo del difensore, lamentando violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’art. 671 cod. proc. pen.
Nel ricorso riportava ampi stralci delle sentenze di condanna, rimarcando come fossero presenti tutti gli elementi indicatori della unicità del medesimo disegno criminoso che il Tribunale di Ferrara non avrebbe correttamente interpretato.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, il Sostituto Procuratore generale concludeva per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
1.1 Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità, infatti, il riconoscimento del vincolo della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, di un’approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale dei fatti per i quali si invoca il riconoscimento del vincolo, le singole causali, l modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati, se i successivi reati risultino, comunque, frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074).
Grava, poi, sul condannato che invochi l’applicazione della disciplina del reato continuato l’onere di allegare elementi specifici e concreti a sostegno, non essendo sufficiente il mero riferimento alla contiguità cronologica degli addebiti e all’identità
dei titoli di reato, in quanto indici sintomatici non di attuazione di un progetto criminoso unitario quanto di un’abitualità criminosa e di scelte di vita ispirate alla sistematica e contingente consumazione degli illeciti (tra le altre, Sez. 1, n. 35806 del 20/04/2016, COGNOME, Rv. 267580).
Il Tribunale di Ferrara con una motivazione completa, logica e priva di contraddizioni, attenendosi ai principi sopra indicati, ha escluso che fossero rinvenibili nelle modalità connmissive, nella cronologia e nella collocazione geografica dei fatti di cui alle indicate sentenze, indicatori certi di una identità disegno criminoso, intesa non già come completa pianificazione ab initio, bensì come programmazione di massima degli illeciti.
1.1. Sebbene il ricorrente lamenti la errata applicazione dell’art. 671 cod. proc. pen. e la illogicità della motivazione, di fatto sottolinea l’erroneità del conclusione cui è giunto il giudice dell’esecuzione, che avrebbe valutato in maniera errata gli elementi contenuti nelle sentenze e indicati dal difensore a sostegno della istanza volta ad ottenere il riconoscimento della continuazione.
L’operazione che il ricorrente sollecita questa Corte a compiere, dunque, non è il rilievo di un vizio in iudicando, che non sussiste, bensì la rivalutazione di quegli stessi indici già vagliati dal giudice dell’esecuzione che imporrebbe una inammissibile incursione in questioni di fatto, precluse nel giudizio di legittimità.
Il ricorso è dunque infondato e deve essere rigettato con condanna del ricorrente ex art. 616 cod. proc. pen. al pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
esidente
Così deciso il 31 maggio 2024
Il Consigliere estensore