Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 44769 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 44769 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a AVELLINO il 04/02/1979
avverso l’ordinanza del 05/07/2024 del TRIBUNALE di GROSSETO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato il Tribunale di Grosseto, in funzione di giudice dell’esecuzione, per quanto di rilievo, ha rigettato l’istanza presentata nell’interesse di NOME COGNOME diretta ad ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato in relazione GLYPH a undici condanne, per reati riguardanti la sicurezza sul lavoro, con condotte commesse dal 2003 al 2014.
A ragione, il G.E. osservava come dall’esame delle pronunce non emergessero elementi da cui desumere, in relazione alle concrete modalità oggettive e soggettive di commissione dei reati, la sussistenza di uno stesso momento genetico- ideativo tale da accumunare i vari reati. Secondo la valutazione del Tribunale, la circostanza che, in sede di cognizione, fosse stato riconosciuto il vincolo della continuazione tra due delle sentenze oggetto dell’odierna istanza (e precisamente quella rubricata sub a) Tribunale Avellino del 08/02/2007, e quella rubricata sub b)- Tribunale Avellino del 02/07/2007) avvalorava la conclusione raggiunta, dal momento che nei casi in questione si trattava del medesimo reato commesso dal COGNOME in qualità di titolare della ditta RAGIONE_SOCIALE, in periodi temporali diversi ma ravvicinati.
Avverso il provvedimento ricorre NOME COGNOME per mezzo del difensore Avv. NOME COGNOME denunciando violazione di legge in relazione agli artt. 81 comma 2 cod. pen. e 671 cod. proc. pen., e vizio della motivazione con riferimento all’omesso conoscimento del vincolo della continuazione.
2.1. Il ricorrente censura l’errata valutazione del giudice dell’esecuzione il quale ha escluso il vincolo della continuazione tra i reati di cui alle sentenze indicate nell’istanza, attribuendo rilevo esclusivo all’arco temporale (di circa 10 anni) in cui sono stati commessi i reati, senza considerare la possibilità di riconoscere la continuazione per gruppi di sentenze.
Appare poi contraddittoria la motivazione del provvedimento laddove da un lato rimarca come in relazione alle sentenze sub a) e b) sia stato riconosciuta, in sede di cognizione, la continuazione, dall’altro esclude il riconoscimento della continuazione tra reati omogenei e accunnunati da contiguità spazio temporale: in particolare i reati di cui alle sentenze sub d), e), g) h), n) e o), risultano tutti commessi da Giarletta nella qualità di legale rappresentante della ditta RAGIONE_SOCIALE, in un periodo intercorrente tra il dicembre 2010 ed il maggio 2014; i reati di cui alle sentenze sub i) e p) risultano commessi dal ricorrente quale rappresentate legale della società RAGIONE_SOCIALE Giarletta Donato RAGIONE_SOCIALE, tra novembre 2012 e settembre 2014.
Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, dott. NOME COGNOME ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. In tema di riconoscimento della continuazione il giudice di merito, attraverso un concreto esame dei tempi e delle modalità di realizzazione delle diverse violazioni commesse, deve apprezzare l’esistenza o meno di indici rivelatori tali da consentire, ove rinvenuti, la qualificazione delle condotte in termini di unicità del disegno criminoso.
Per tale va intesa la rappresentazione unitaria sin dal momento ideativo delle diverse condotte violatrici – almeno nelle loro linee essenziali – da parte del soggetto agente, sì da potersi escludere una successione di autonome risoluzioni criminose ed in tal modo giustificandosi la valutazione di ridotta pericolosità sociale che giustifica il trattamento sanzionatorio più mite rispetto al cumulo materiale (Sez. I n. 40123 del 22.10.2010, rv 248862).
Ciò perché la ricaduta nel reato e l’abitualità a delinquere non integrano di per sé il caratteristico elemento intellettivo (unità di ideazione che abbraccia i diversi reati commessi) che caratterizza il reato continuato.
La ricostruzione del processo ideativo di una serie di episodi è per natura indiziaria, atteso che trattandosi di accertamento relativo ad atteggiamento psicologico lo stesso può alimentarsi esclusivamente dall’apprezzamento di nessi esteriori tra le diverse condotte poste in essere, che non siano però espressivi di una indefinita adesione ad un sistema di vita.
Va riaffermato dunque che la unicità di disegno criminoso, richiesta dall’art. 81 c.p., comma 2, non può identificarsi con una scelta di vita che implica la reiterazione di determinate condotte criminose o comunque con una generale tendenza a porre in essere determinati reati. Al contempo la nozione di continuazione neppure può ridursi all’ipotesi che tutti i singoli reati siano stati dettagliatamente progettati e previsti, i relazione al loro graduale svolgimento, nelle occasioni, nei tempi, nelle modalità delle condotte, giacché siffatta definizione di dettaglio oltre a non apparire conforme al dettato normativo, che parla soltanto di “disegno” porrebbe l’istituto fuori dalla realtà concreta, data la variabilità delle situazioni di fatto e la loro prevedibilità, quindi e normalmente, solo in via approssimativa. Quello che occorre, invece, è che si abbia una visibile programmazione e deliberazione iniziale di una pluralità di condotte in vista di un unico fine. La programmazione può essere perciò ab origine anche di massima, purché i reati da compiere risultino previsti almeno in linea generale, con riserva di ‘adattamento’ alle eventualità del caso, come mezzo per il conseguimento di un unico
scopo o intento, prefissato e sufficientemente specifico (in tal senso Sez. I n. 12905 del 17.3.2010, Rv. 246838).
Tali principi sono stati ribaditi, con specifico riferimento ai contenuti della valutazione da compiersi in sede esecutiva, da Sez. Un. n. 28659 del 18.5.2017, Rv. 270074, che ha affermato che il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate dì vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea.
Nel caso in esame il giudice dell’esecuzione ha fatto buon governo dei principi sopra richiamati.
Ed invero, il Tribunale di Grosseto ha correttamente argomentato sull’impossibilità di ritenere i reati avvinti dal vincolo della continuazione, evidenziando come, dall’esame dele sentenze prodotte in atti, non fosse dato rinvenire alcun dato specifico Vio n fi ) sintomatico di una preventiva programmazione unitaria; ha in particolareTcome tutti reati giudicati con dette sentenze fossero stati commessi ad apprezzabile distanza gli uni dagli altri, con la sola eccezione delle sentenze emesse dal Tribunale di Avellino, di cui alle lett. a) e b) dell’elenco, già uniti dal vincolo della continuazione in sede di cognizione; in quest’ultimo caso, aggiungeva il G.E., si trattava inoltre del medesimo titolo di reato, con fatti commessi dal COGNOME nella medesima qualità di titolare di una ditta, la RAGIONE_SOCIALE Quanto agli ulteriori fatti, proseguiva nella sua analisi il G.E., non erano ravvisabili elementi dimostrativi di una preventiva ed univoca ideazione, essendo gli stessi anzi rivelatori di uno stile di vita improntato alla commissione di delitti, ovvero di una scelta di vita e di una consuetudine nel reato irrilevante ai fini del riconoscimento del vincolo della continuazione.
Il ricorso, di contro, ha reiterato la generica richiesta di unificazione dei fatti, senza, tuttavia, opporre alla logica e congrua motivazione offerta dal giudice dell’esecuzione nuovi elementi capaci di infirmarne la tenuta logica o di evidenziare in essa significative carenze.
Invero, il ricorrente si è limitato a sollecitare, in maniera del tutto generica, una valutazione alternativa degli argomenti posti alla base della decisione impugnata, omettendo peraltro di muovere nei confronti degli stessi una specifica censura.
A tale riguardo appare opportuno rammentare che questa Corte – a più riprese – ha affermato che l’accertamento degli indici rilevatori dell’unicità del disegno
criminoso «è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti» (Sez. 7, n. 25908 del 10/03/2022).
Alla luce delle considerazioni che precedono, l’impugnazione deve essere rigettata. Il rigetto del ricorso postula la condanna al pagamento delle spese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 17 ottobre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente