Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19823 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19823 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nata a Taranto il 22.12.1970
avverso l’ordinanza del 16/12/2024 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che con l’ordinanza impugnata, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce, in funzione di Giudice dell ‘ esecuzione, ha rigettato l ‘ istanza diretta ad ottenere, nell ‘ interesse di NOME COGNOME il riconoscimento della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen. tra reati giudicati con tre sentenze divenute definitive, due relative alla contestazione di reati di cui all ‘ art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, la terza, a reati di usura ed estorsione.
Rilevato che l’unico motivo di ricorso proposto dalla difesa, avv. NOME COGNOME ( inosservanza degli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen. e vizio di motivazione) è inammissibile, in quanto costituito da doglianze versate in fatto e, comunque, manifestamente infondate in quanto si lamenta asserita illogicità o contraddittorietà della motivazione che non emerge dal provvedimento impugnato (v. p. 3 e ss.).
Considerato , infatti, che il riconoscimento del vincolo della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, di un’approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene pro tetto, la contiguità spazio─temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati, se i successivi reati risultino, comunque, frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074) e che grava sul condannato che invochi l’applicazione della disciplina del reato continuato l’onere di allegare elementi specifici e concreti a sostegno, non essendo sufficiente il riferimento alla contiguità cronologica degli addebiti e all’identità dei titoli di reato, in quanto indici in sé sintomatici, non di attuazione di un progetto criminoso unitario, quanto di un’abitualità criminosa e di scelte di vita ispirate alla sistematica e contingente consumazione degli illeciti (tra le altre, Sez. 1, n. 35806 del 20/04/2016, COGNOME, Rv. 267580).
Rilevato che, peraltro, la giurisprudenza di questa Corte si è espressa nel senso che le valutazioni esposte in ordine alla sussistenza del vincolo della continuazione, nel giudizio di cognizione o esecuzione, assumono una rilevanza indicativa da cui il giudice dell’esecuzione, successivamente adito, può anche prescindere, sempre che indichi specifiche e significative ragioni per cui tali ultimi fatti, soprattutto quelli omogenei rispetto a quelli tra cui il vincolo è stato già riconosciuto, nonché commessi in un contesto di prossimità temporale e di medesimezza spaziale, non possono essere ricondotti, a differenza degli altri, al delineato disegno (tra le altre, Sez. 1, n. 2867 del 08/11/2023, dep. 2024, Rv. 285809 – 01 ; Sez. 1, n. 20471 del 15/03/2001, Rv. 219529 -01).
Evidenziato che la prova del medesimo disegno criminoso è stata esclusa con motivazione non manifestamente illogica, immune da violazione di legge, esauriente e coerente con i principi giurisprudenziali indicati, segnalando che i reati di cui all ‘ art. 73 Tu Stup. sono stati commessi a distanza di anni tra loro (circa due anni), circostanza reputata dirimente rispetto all ‘ identità del locus commissi delicti e alla presenza di un medesimo complice (coniuge della condannata) e che quelli di usura ed estorsione, di cui alla terza sentenza, sono disomogenei rispetto ai primi, nonché posti in essere in un diverso contesto rispetto a quello in cui si collocano i reati di cessione illecita di stupefacenti.
Considerato che deriva, da quanto sin qui rilevato, l’inammissibilità del ricorso, cui segue la condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 3 aprile 2025