Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 6228 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 6228 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a LAMEZIA TERME il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/01/2023 del GIP TRIBUNALE di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, AVV_NOTAIO, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
letti i motivi aggiunti e le conclusioni del difensore, AVV_NOTAIO, co quali ha insistito per raccoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, resa in data 19 gennaio 2023, il Tribunale di Catanzaro, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza presentata nell’interesse di NOME COGNOME di riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati di cui alle seguenti sentenze emesse:
dalla Corte d’appello di Catanzaro, in data 22 gennaio 2015, divenuta irrevocabile il 19 aprile 2017, di condanna per il reato di cui all’art. 416-bis cod pen. accertato in Lamezia Terme dal 2004, con condotta perdurante;
dalla Corte d’assise d’àppello di Bologna, in data 21 ottobre 2004, divenuta irrevocabile il 16 giugno 2005, di condanna per il reato di cui agli artt. 110, 575 cod. pen., commesso in Forlimpopoli il 27 ottobre 1991;
dalla Corte d’assise d’appello di Catanzaro, in data 23 febbraio 2009, divenuta irrevocabile il 3 marzo 2010, di condanna per il reato di cui agli artt. 110, 575 cod. pen., commesso in Lamezia Terme il DATA_NASCITA;
dal Tribunale di Lamezia Terme, in data 23 ottobre 2019, divenuta irrevocabile il 7 marzo 2020, di condanna per il reato di cui all’art. 31, comma 4, d.lgs. 159 del 2011, commesso in Lamezia Terme nel settembre 2014 con condotta perdurante;
dal COGNOME per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, in data 7 novembre 2019, divenuta irrevocabile il 20 marzo 2021, di condanna per il reato di cui agli artt. 56, 81, 110, 575 cod. pen., commesso in Lamezia Terme 1’8 luglio 2022.
Il decidente ha posto l’accento sulla distanza temporale intercorrente tra gli omicidi commessi nel 1991 e nel 1992 e i reati di associazione a delinquere e di omicidio tentato, commessi, rispettivamente, nel 2004 e nel 2002.
Non risultano sussumibili, per il COGNOME dell’esecuzione, nell’ambito di un medesimo disegno criminoso neppure i due fatti di sangue commessi negli anni ’90, atteso che il duplice omicidio, di cui alla sentenza sub c), è stato perpetrato nell’ambito di una strategia sovversiva eccezionale rispetto a quella concernente l’imposizione del servizio di guardiania – di cui si nutre ordinariamente la ‘ndrangheta ambito in cui è maturato il delitto di cui alla sentenza sub b).
Ne consegue che i due omicidi, anche se riconducibili alla medesima RAGIONE_SOCIALE, sono stati considerati, dal COGNOME dell’esecuzione, frutto di valutazioni e deliberazioni diverse.
Per quanto concerne il reato di associazione mafiosa e il delitto di tentato omicidio, il decidente ha ritenuto decisivo, al fine di escluderne una programmazione unitaria, il considerevole iato temporale tra ì fatti.
Infine, in ordine al reato di cui alla sentenza sub d), il provvedimento
impugnato ha rilevato l’assoluta l’eterogeneità dello stesso rispetto alle condotte oggetto degli altri provvedimenti.
NOME, con atto di impugnazione del suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo vizio di motivazione ed erronea applicazione dell’art. 81 cod. pen.
Invero, il COGNOME dell’esecuzione, secondo il ricorrente, avrebbe illegittimamente respinto la richiesta di applicazione della disciplina del reato continuato nonostante la sussistenza di molteplici indici rivelatori del medesimo disegno criminoso.
Gli omicidi di cui alle sentenze sub b) e c), tutti aggravati ai sensi dell’art. Legge n. 203 del 1992, sono stati commessi a distanza di soli tre mesi l’uno dall’altro, nel medesimo contesto criminale e al fine di consolidare l’egemonia della RAGIONE_SOCIALE.
Peraltro, in entrambi i delitti, l’esecutore materiale è stato NOME COGNOME, killer assoldato da NOME COGNOME.
Alle medesime conclusioni deve giungersi con riferimento al tentato omicidio ai danni di NOME COGNOME, posto in essere per vendicare, con modalità tipiche di stampo mafioso, l’uccisione del fratello del capo RAGIONE_SOCIALE.
Il Sostituto Procuratore generale, AVV_NOTAIO, intervenuto con requisitoria scritta, ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Con il deposito tempestivo di motivi nuovi, il ricorrente insiste per l’accoglimento del ricorso e deduce, con un unico motivo, l’erroneità . e l’inosservanza degli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione.
Si deduce, in particolare, che il ricorrente aveva indicato nell’istanza plurimi indici rivelatori dell’identità del disegno criminoso iniziale.
Si fa riferimento all’omogeneità in ordine ai reati commessi (omicidio premeditato e tentativo di omicidio), al riconoscimento, in tutti gli episodi, della circostanza aggravante dell’art. 7 della legge n. 203 del 1991, in entrambe le forme e, comunque, per avvantaggiare la RAGIONE_SOCIALE, alla ritenuta circostanza aggravante della premeditazione, all’esistenza di un’unica causale dei fatti omicidiari, in quanto maturati nello stesso contesto associativo facente capo al RAGIONE_SOCIALE, all’identità nelle condotte antecedenti e successive ai fatti criminosi, ovvero alle complessive modalità di esecuzione dei delitti commessi, all’esistenza di un medesimo esecutore materiale quanto agli omicidi di cui ai n. 14 e 18, nonché alla distanza temporale non estesa (di pochi mesi tra gli omicidi
14 e 18 del casellario giudiziale, nonché alla distanza temporale non estesa (di pochi mesi tra gli omicidi di cui ai n. 14 e 18), in ogni caso di per sé non ostativa (n. 20 e 24), tenuto conto della personalità degli imputati, i quali sistematicamente compivano reati utili all’associazione, tanto da prefigurare la commissione di innumerevoli reati.
Si richiama giurisprudenza di legittimità secondo la quale il programma unitario iniziale può essere anche di massima, purché i reati da compiere risultino previsti almeno in linea generale, con riserva di ‘adattamento’ alle eventualità del caso, come mezzo per il conseguimento di un unico scopo o intento, prefissato e sufficientemente specifico (in tal senso, Sez. 1, n. 12905 del 2010, Rv. 246838).
Si ribadisce che Il momento ideativo del disegno criminoso non richiede l’individuazione di una dettagliata pianificazione dei reati, dei mezzi e delle modalità della condotta, ma è sufficiente l’originaria programmazione e deliberazione unitaria, anche se generica, al fine di compiere una pluralità di reati, in vista del conseguimento di un unico fine prefissato, che sia individuabile, sulla base di tutti gli elementi rappresentati, nelle condotte oggetto delle sentenze di cui si chiedeva l’applicazione del vincolo della continuazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’impugnazione non appare fondata e va, quindi, rigettata.
Questa Corte ha costantemente affermato, in tema di reato continuato, che l’unicità del disegno criminoso presuppone l’anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già presenti nella mente del reo nella loro specificità, e che la prova di tale congiunta previsione deve essere ricavata, di regola, da indici esteriori che siano significativi, alla luce dell’esperienza, del dat progettuale sottostante alle condotte poste in essere (tra le altre, Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep. 2009, COGNOME, Rv. 243632).
Il COGNOME dell’esecuzione, nel valutare l’unicità del disegno criminoso, non può attribuire rilievo ad un programma di attività delinquenziale che sia meramente generico, essendo, invece, necessaria l’individuazione, fin dalla commissione del primo episodio, di tutti i successivi, almeno nelle loro connotazioni fondamentali, con deliberazione, dunque, di carattere non generico, ma generale (tra le altre, Sez. 1, n. 37555 del 13/11/2015, dep. 2016, Bottari, Rv. 267596).
È noto, poi, che l’esistenza di un medesimo disegno criminoso va desunta da elementi indizianti quali l’unitarietà del contesto e della spinta a delinquere, la brevità del lasso temporale che separa i diversi episodi, l’identica natura dei
reati, l’analogia del modus operandi e la costante compartecipazione dei medesimi soggetti (Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015, dep. 2016, Esposti, Rv. 266413)
Tuttavia, l’identità del disegno criminoso deve essere negata qualora, malgrado la contiguità spazio-temporale ed il nesso funzionale tra le diverse fattispecie incriminatrici, la successione degli episodi sia tale da escludere la preventiva programmazione dei reati ed emerga, invece, l’occasionalità di quelli compiuti successivamente rispetto a quello cronologicamente anteriori (tra le altre, Sez. 6, n. 44214 del 24/10/2012, Natali, Rv. 254793).
La giurisprudenza di legittimità, poi, ha affermato che la ricaduta nel reato e l’abitualità a delinquere non integrano, di per sé, il caratteristico elemento intellettivo (unità di ideazione che abbraccia i diversi reati commessi) che caratterizza il reato continuato (Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, Marigliano, Rv. 248862).
Anche le Sezioni Unite di questa Corte hanno ribadito che il riconoscimento della continuazione necessita, in sede di esecuzione non diversamente che nel processo di cognizione, di approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
Con specifico riferimento al rapporto tra il delitto associativo e i reati fine questa Corte, applicando i principi fin qui enunciati, ha ritenuto ipotizzabile la continuazione tra gli stessi, ma a condizione che il giudice verifichi, puntualmente, che questi ultimi siano stati programmati al momento in cui il partecipe si è determinato a fare ingresso nel sodalizio (tra le molte altre, Sez. 1, n. 23818 del 22/06/2020, Toscano, · Rv. 279430; Sez. 1, n. 1534 del 09/11/2017, dep. 2018, Rv. 271984).
Occorre, quindi, ribadire che non sussiste necessariamente la continuazione tra il delitto associativo e i reati fine commessi dall’associato successivamente all’adesione all’associazione: occorre, appunto, che tali reati, al momento dell’adesione, siano programmati nei limiti e con le caratteristiche sin qui delineate.
Ciò premesso, osserva il Collegio che il COGNOME dell’esecuzione ha
ragionevolmente argomentato sull’impossibilità di ritenere avvinti da un medesimo disegno criminoso i due omicidi in quanto frutto di valutazioni, giustificazioni e finalità diverse; in ordine, poi, al tentato omicidio legittimamente posto l’accento sulla distanza temporale che lo separa sia dai fatti degli anni ’90, sia dal reato di associazione a delinquere, accertato soltanto due anni dopo.
Ciò è stato sufficiente per escludere, con ragionamento non manifestamente illogico, nonché ineccepibile la programmazione ab origine dei delitti, non assumendo alcun rilievo che i fatti criminosi siano stati commessi al fine di garantire il controllo sul territorio alla RAGIONE_SOCIALE di appartenenza che, appare, invero, connotarsi quale finalità della condotta non anche elemento da cui evincere la sussistenza certa dell’identità del disegno criminoso.
In ogni caso, le censure mosse dal ricorrente, anche con i motivi aggiunti, non sono idonee a scalfire l’ineccepibile ragionamento logico-giuridico posto alla base del provvedimento impugnato.
Infatti, anche ammesso che tanto gli omicidi quanto il tentato omicidio siano stati preordinati, in vista della finalità sopra descritte, il ricorrente omette allegare elementi dai quali desumere che la suddetta preordinazione fosse avvenuta sin dall’uccisione di COGNOME o dalla propria adesione all’associazione mafiosa (peraltro accertata soltanto a far data dal 2004).
Alcuna censura specifica, poi, risulta formulata rispetto all’esclusione del vincolo, in ordine al reato giudicato con la sentenza sub d) di cui al punto n. 23 del casellario, indicata dal COGNOME dell’esecuzione come relativa a reato non omogeneo rispetto alle condotte giudicate con gli altri provvedimenti irrevocabili.
Le repliche del ricorrente non sono fondate posto che trascurano la circostanza secondo la quale ove i fatti gravitino attorno alla compagine associativa, ciò non comporta affatto che tutte le azioni compiute siano legate dal nesso della continuazione.
Su tale punto va, invece, richiamato l’indirizzo interpretativo di questa Corte di legittimità secondo il quale (Sez. 6, n. 4680 del 20/01/2021, COGNOME, Rv. 280595; Sez. 5, n. 54509 del 08/10/2018, COGNOME, Rv. 275334; 6, n. 13085 del 03/10/2013, dep. 2014, Amato, Rv. 259481) non è configurabile la continuazione tra il reato associativo e quei reati fine che, pur rientrando nell’ambito delle attività del sodalizio criminoso ed essendo finalizzati al suo rafforzamento, non erano programnnabili perché legati a circostanze ed eventi contingenti e occasionali.
4. L’impugnazione va, pertanto, rigettata.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
delle spese Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento processuali.
Così deciso il 13 ottobre 2023 Il Consigliere estensore
Il Presidente